
le poesie di michelstaedter ci fanno sentire, in un`altra forma, la stessa vibrazione estrema di la persuasione e la rettorica. composte fra il 1900 e il 1910, risentono solo superficialmente del clima letterario italiano di quegli anni. mentre subito vi affiorano quei temi ultimi a cui michelstaedter dedico` la sua riflessione filosofica: i temi di chi e` mosso da un`invincibile vocazione a spingersi al di la` del bordo della vita,

gli de`i non sono frutto di invenzioni, elucubrazioni o rappresentazioni, ma possono soltanto essere sperimentati>. tale era la prospettiva di walter f. otto, ribadita in questo libro, che si puo` considerare il suo lascito: muovendo da una critica serrata alle

e un`europa che sonnecchia sotto la neve, ma

a helgoland, spoglia isola nel mare del nord, luogo adatto alle idee estreme, nel giugno 1925 il ventitreenne werner heisenberg ha avviato quella che, secondo non pochi, e` stata la piu` radicale rivoluzione scientifica di ogni tempo: la fisica quantistica. a distanza di quasi un secolo da quei giorni, la teoria dei quanti si e` rivelata sempre piu` gremita di idee sconcertanti e inquietanti (fantasmatiche onde di probabilita`, oggetti lontani che sembrano magicamente connessi fra loro, ecc.), ma al tempo stesso capace di innumerevoli conferme sperimentali, che hanno portato a ogni sorta di applicazioni tecnologiche. si puo` dire che oggi la nostra comprensione del mondo si regga su tale teoria, tuttora profondamente misteriosa. in questo libro non solo si ricostruisce l`avventurosa e controversa crescita della teoria dei quanti, rendendo evidenti, anche per chi la ignora, i suoi passaggi cruciali, ma la si inserisce in una nuova visione, dove a un mondo fatto di sostanze si sostituisce un mondo fatto di relazioni, che si rispondono fra loro in un inesauribile gioco di specchi. visione che induce a esplorare, in una prospettiva stupefacente, questioni fondamentali ancora irrisolte, dalla costituzione della natura a quella di noi stessi, che della natura siamo parte.

quando una sera di settembre arriva in uno sperduto borgo della dordogna non lontano da lascaux - mentre torbide piogge sferzano le finestre e la gran de beune scorre melmosa giu`, alla base della falesia -, il narratore, giovane maestro fresco di nomina, subito sa di aver varcato una misteriosa linea di demarcazione, e che per lui e` iniziato un viaggio nel tempo, in


Col suo tocco elusivo, la prosa scabra di Han Kang sfiora ancora una volta l'orrore senza spiegarlo e ci lascia, attoniti, a contemplare la disturbante malìa del rifiuto di sé.



marina cvetaeva conobbe l`attrice sof`ja (sonecka) gollidej - il suo

fra i grandi cantori del male, di ogni epoca e lingua, un piccolo posto spetterebbe di diritto a t. f. powys. nessuno scrittore del novecento e` infatti riuscito a mostrare con la stessa infernale precisione dove il male si annidi, per quali vie insospettabili agisca e quale effetto possa avere sugli uomini, cosi spesso ignari di perpetrarlo. come sempre powys non ha bisogno di nominare il diavolo per farci avvertire la sua presenza: gli basta un dialogo smozzicato, un boccale di birra, l`odore del fieno. ma forse mai come in questo breve romanzo degli anni venti la sua arte di narratore ha sfiorato la perfezione - con le sue accelerazioni improvvise, con i suoi giganteschi understatement e il suo humour di pece; con la sua capacita` di muovere implacabilmente, e senza mai cedere al pathos, una ragnatela di personaggi nello spazio so di un piccolo villaggio fuori dal tempo. e ancora oggi nella terribile concretezza di queste storie riconosciamo uno dei rari scrittori metafisici del novecento.

nel presentare

una cenerentola che ama servire e farsi battere dalle sorelle; il principe che all`improvviso s`innamora della matrigna di biancaneve, la quale pero` gli preferisce il ben piu` prestante cacciatore (

non e` amabilmente consolatore, il mondo di landolfo, ne` amichevole, ne` tantomeno compiacente. estraneo, piuttosto, luminosamente torbido e degradato. e, come in questa raccolta di racconti del 1975 - l`ultima sua -, piu` che mai urtante, percorso com`e` da un eros luttuoso e sogghignante, da orride agnizioni, da avvilenti confessioni, da personaggi oltraggiati dalla vita, feriti dall`

attribuita a un antonino liberale di cui non si ha alcuna notizia e allestita con ogni probabilita` tra il ii e il iii secolo, questa silloge di racconti di metamorfosi ci e` stata tramandata da un codice di heidelberg, il palatinus graecus 398. il ricchissimo commento di sonia macri` e tommaso braccini ricostruisce con sapienza tutta la complessa rete mitografica, folklorica e antropologica che le fa da sfondo.

fra il seicento e la fine del settecento, nasce e si sviluppa in francia un genere che subito raggiunge picchi mai eguagliati in seguito: il ritratto. in poche righe vengono disegnati profili non meno memorabili di quelli di certi personaggi di romanzo. ma qui si tratta, molto spesso, di persone illustri. di questi scritti cioran era un conoscitore portentoso: nessuno dunque meglio di lui avrebbe potuto, attingendo al vasto giacimento dei me`moires, allestire una galleria al tempo stesso cosi` personale e cosi` essenziale: dall`ineguagliabile saint-simon,

quello a cui walser ci invita nelle prose qui raccolte - dove la sua

come le "sette brevi lezioni di fisica", che ha raggiunto un pubblico immenso in ogni parte del mondo, questo libro tratta di qualcosa della fisica che parla a chiunque e lo coinvolge, semplicemente perche` e` un mistero di cui ciascuno ha esperienza in ogni istante: il tempo. e un mistero non solo per ogni profano, ma anche per i fisici, che hanno visto il tempo trasformarsi in modo radicale, da newton a einstein, alla meccanica quantistica, infine alle teorie sulla gravita` a loop, di cui rovelli stesso e` uno dei principali teorici. nelle equazioni di newton era sempre presente, ma oggi nelle equazioni fondamentali della fisica il tempo sparisce. passato e futuro non si oppongono piu` come a lungo si e` pensato. e a dileguarsi per la fisica e` proprio cio` che chiunque crede sia l`unico elemento sicuro: il presente. sono tre esempi degli incontri straordinari su cui si concentra questo libro, che e` uno sguardo su cio` che la fisica e` stata e insieme ci introduce nell`officina dove oggi la fisica si sta facendo.

immaginate che un uomo dalla ferrea logica, dopo aver pianificato il delitto perfetto - quello

di nessun altro uomo vissuto prima di petrarca abbiamo una cosi` vasta messe di informazioni biografiche, diceva ernest h. wilkins. ma precisava che tali informazioni si fondano per lo piu` su lettere e altri scritti petrarcheschi. bisognera` allora chiedersi: che cosa sappiamo di lui con certezza? la verita` e` che ogni scrittore mira a diventare, per usare le parole di ortegay gasset, "romanziere di se stesso, originale o plagiario". e, come dimostra l`affascinante indagine di francisco rico, petrarca non sfugge alla regola: anzi, la incarna in sommo grado. il che significa non solo che l`autoritratto che egli va componendo nel tempo e` ispirato a exempla illustri, ma che nulla di quanto ci dice e` letterale e innocente. dietro ogni data, dietro la semplice menzione di un giorno della settimana (il venerdi`, ad esempio, giorno marcato per eccellenza), si cela una fitta rete di rispondenze, una raffinata simbologia e un audace disegno: trasformare i momenti vissuti o immaginati in frammenti di un racconto unitario capace di sottrarli alla corrosione del tempo. ma petrarca si spinge ancora piu` in la` nella costruzione di un`esistenza ideale: grazie a rico, lo vediamo infatti applicare la `dispositio` persino alla vita non scritta, modellarla come un testo, mettendo in atto cio` che non scrive - o, se vogliamo, facendo letteratura con le proprie azioni.

i quattro scritti qui raccolti sono la lettera di congedo che oliver sacks ha voluto indirizzare ai suoi lettori, dapprima rendendoli partecipi delle proprie sensazioni di fronte alla soglia degli ottant`anni, e piu` tardi informandoli, con perfetta sobrieta`, di essere affetto da un male incurabile. ma non ci si inganni: sono pagine vibranti di contagiosa vitalita` quelle che sacks ci regala, dove piu` che mai si respirano freschezza, passione, urgenza espressiva. come quando, riflettendo sulla vecchiaia, rivela di percepire "non una riduzione ma un ampliamento della vita mentale e della prospettiva"; o quando si ripromette, nel breve tempo che gli resta, di "vivere nel modo piu` ricco, piu` intenso e piu` produttivo possibile"; o quando racconta di aver visitato, fra una terapia e l`altra, il centro di ricerca sui lemuri della duke university: "... mi piace pensare che, cinquanta milioni di anni fa, uno dei miei antenati fosse una piccola creatura arboricola non troppo dissimile dai lemuri odierni"; o quando, pochi giorni prima della morte, contemplando la sua vita dall`alto "quasi che fosse una sorta di paesaggio", ne rievoca i momenti essenziali: del tutto simile, in questo, a un filosofo da lui molto amato, david hume, il quale, appreso di avere una malattia mortale, scriveva nella sua breve autobiografia: "e difficile essere piu` distaccati dalla vita di quanto lo sia io adesso".

chi nasce oggi in una grande citta` - o anche in campagna - non ha molte occasioni per vedere animali, se non gli antichi testimoni della vita domestica: cani e gatti. ma gli animali continuano a visitarci, per lo meno nei sogni. e ci ricordano un`altra vita - ormai remota e lunghissima - in cui gli uomini erano stati una specie mescolata a molte altre. anche in cielo, le costellazioni dello zodiaco - il cui nome stesso significa luogo degli animali - disegnano la mappa di una zoologia che non cessa di manifestarsi. piu` di ogni altro fra coloro che hanno preso le mosse da jung, james hillman ha saputo interrogarsi su queste "presenze" e inchinarsi davanti al loro potere, come mostra questo libro, che e` una guida per chi voglia riconoscere che cosa sono gli animali in noi.

piu` volte nei suoi interventi pubblici anna maria ortese ha denunciato i delitti dell`uomo "contro la terra", la sua "cultura d`arroganza", la sua attitudine di padrone e torturatore "di ogni anima della vita". e lo ha fatto pur nella consapevolezza che il suo grido d`allarme sarebbe stato accolto con impaziente condiscendenza da chi sembra ignorare che cio` che rende l`uomo degno di sopravvivere e` la sua "struttura morale: intendendo per morale ogni invisibile suo rapporto, ma buon rapporto, con la vita universale". quel che ignoravamo e` che tali interventi, che additavano nello sfruttamento e nel massacro degli animali, nella natura offesa e distrutta il nostro piu` grande peccato, non erano isolate e volenterose prese di posizione, bensi` la punta emergente di un iceberg. un iceberg rappresentato da decine e decine di scritti inediti, nei quali la ortese e` andata con toccante tenacia depositando quel che le dettava la sua "coscienza profonda", vale a dire la memoria, riservata a pochi e supremamente impopolare, "delle "prime cose" preesistenti l`universo" - in altre parole, la visione che la abitava. scritti di cui qui si offre una calibrata selezione e che nel loro insieme si configurano come un vero e proprio trattato sull`unica religione cui la ortese sia stata caparbiamente fedele: la religione della fraternita` con la natura.

a sei donne incontrate fra il 1932 e il 1935, quasi tutte sue amanti occasionali, sono indirizzate queste lettere di ce`line, dove sempre risuona la petite musique del suo stile. sei donne che ce`line continua a seguire e proteggere: e, se si guarda bene dal parlare d`amore, non lesina consigli su come usare gli uomini nel modo migliore, cioe` "per il piacere e per i soldi". ma soprattutto, lettera dopo lettera, con una generosita` che rende lacerante la violenza autodenigratoria ("gia` vecchio, depravato, non ricco, malmesso insomma. tutt`altro che un buon partito. battona e malfido"), non cessa di illuminare per barbagli, a loro beneficio, il mondo. in fondo, scrive a evelyne pollet, "crepare dopo essersi liberato, e` almeno questa l`impresa d`un uomo! aver sputato ogni finzione...".

gadda e parise cominciano a frequentarsi nel 1961, allorche` parise acquista una casa a monte mario, non lontano dall`appartamento di via blumenstihl 19 dove gadda e` approdato dopo lunghe peregrinazioni e innumerevoli camere d`affitto. gadda ha quasi settant`anni, e` sopraffatto da una gloria tardiva, atterrito dai "fucili puntati" di garzanti e einaudi e dalle "onoranze" che gli vengono tributate, oppresso dai ricordi, straziato da un`"orrenda solitudine". parise ha poco piu` di trent`anni, cinque romanzi - fra cui un bestseller, "il prete bello" - al suo attivo e una mgb rossa; e` scettico, gia` annoiato dal successo, forse persino sazio del suo talento, ma capace di ammirare; capisce al volo le persone e ama metterle a nudo sottoponendole a scherzi atroci. inaspettatamente, i due diventano amici. gadda vede nel giovane parise "un surreale d`impeto": gli fa leggere darwin, cerca maldestramente di proteggerlo, si offre addirittura di prefare la ristampa di "il ragazzo morto e le comete" e "la grande vacanza", ma soprattutto non cessa di testimoniargli un affetto e una premura che sorprendono chi conosca la compassata cerimoniosita` dell`ingegnere. parise scarrozza gadda incurante del suo terrore di essere visto, e criticato, a bordo di una rombante biposto, lo sfotte con un`irriverenza che cela una "profonda, alta ammirazione", gli dedica quattro memorabili scritti che, insieme alle lettere che si scambiarono, documentano una fra le piu` imprevedibili amicizie del novecento.

nel 1952 a ivan bunin, ormai confinato in un letto a causa delle pessime condizioni di salute, capitano tra le mani i volumi dell`epistolario di a.p. cechov, che si andava allora pubblicando in urss. e quella lettura e` per lui come una scossa improvvisa perche` gli fa rivivere i momenti di una intensa amicizia - nata nel 1895 e interrotta soltanto dalla morte di anton pavlovic nel 1904 -, in cui il vincolo affettivo si fondeva con la venerazione per il talento del maestro. turbato, commosso, bunin scopre ora con quale fervida considerazione cechov parlasse di lui nelle lettere agli amici, e decide di contraccambiare il calore di quei sentimenti scrivendo o dettando alla moglie i suoi ricordi. l`amico e` evocato soprattutto nella dimensione quotidiana, alle prese con la malattia, nel rapporto con i suoi cari, assorbito da un ideale artistico assoluto, intento a riflettere sui princi`pi etici che devono governare la vita. la sua indole complessa e schiva, eppure sempre benevola, si manifesta attraverso conversazioni, giudizi, impressioni fuggevoli, battute, frammenti di lettere. ma bunin si imbatte anche in un`altra sorprendente rivelazione: le memorie della scrittrice lidija avilova, pubblicate postume nello stesso periodo, fanno riemergere l`amore impossibile, e gelosamente custodito fino alla tomba, che lego` il destino di anton pavlovic a quello di lei.

tre anziane, eccentriche signore, una cadente dimora di campagna, e il problema di metterla a reddito. come? una soluzione: far intervenire l`onnipresente national trust, se non fosse che il suo emissario si e` rivelato un po` troppo entusiasta di certi vecchi pitali e del loro utilizzo da parte di alcune, antiche, celebrita`. molto meglio, per il momento, andare sul sicuro, cioe` accettare l`offerta di un produttore, che in cambio di parecchio denaro chiede soltanto di rimanere in un angolo, mentre la sua troupe sistema il set del film che si accinge a girare: un porno, naturalmente. l`ultimo bennett come il lettore sta imparando a conoscerlo: piu` esplicito, piu` feroce e piu` comico di quanto non sia mai stato.

"ci sono frontiere, dove stiamo imparando, e brucia il nostro desiderio di sapere. sono nelle profondita` piu` minute del tessuto dello spazio, nelle origini del cosmo, nella natura del tempo, nel fato dei buchi neri, e nel funzionamento del nostro stesso pensiero. qui, sul bordo di quello che sappiamo, a contatto con l`oceano di quanto non sappiamo, brillano il mistero del mondo, la bellezza del mondo, e ci lasciano senza fiato". tale e` il presupposto di queste "brevi lezioni", che ci guidano, con ammirevole trasparenza, attraverso alcune tappe inevitabili della rivoluzione che ha scosso la fisica nel secolo xx e la scuote tuttora: a partire dalla teoria della relativita` generale di einstein e della meccanica quantistica fino alle questioni aperte sulla architettura del cosmo, sulle particelle elementari, sulla gravita` quantistica, sulla natura del tempo e della mente.

ognuno ha un suo classico, ha detto garboli, cioe` "un compagno di veglia, un segreto e inseparabile interlocutore". il suo, non c`e` dubbio, e` stato molie`re, cui ha dedicato, nel corso di oltre un trentennio, memorabili saggi e rivoluzionarie traduzioni, sino a diventarne "interprete accanito e quasi maniacale". sempre, occorrera` aggiungere, in un`ottica acutamente teatrale. non a caso, radunando nel 1976 cinque testi molieriani, garboli sottolineava di voler offrire "cinque copioni al teatro italiano di oggi, nella presunzione che il teatro di molie`re sia portatore di un sistema di idee, di un messaggio che ci e` oggettivamente contemporaneo". epicentro di quel sistema di idee e` per lui tartufo, oltraggiosa figura di servo che - infrangendo "l`antica, dura legge teatrale che fa dell`intelligenza dei servi un privilegio infruttuoso" si cimenta nell`impossibile impresa di farsi padrone, e che dalla servitu` si libera "con l`esercizio salutare, rassicurante, medico della politica": sicche` la pie`ce altro non e` se non la "diagnosi comica e disperata della struttura politica della realta`, mascherata di valori intoccabili che si autolegittimano grazie alla santita` di una causa e si presentano come la guarigione di un male". con un saggio di carlo ginzburg.

i lettori italiani sanno fare i loro conti, e conoscono bene la quantita` di risate che alan bennett riesce a scatenare quando maneggia uno spunto anche elementare (la sgradita visita di topi d`appartamento, ad esempio), o ritrae personaggi familiari in situazioni incongrue (un`anziana regnante cui capita in mano, per la prima volta o quasi, un libro). per calcolare quanto rideranno qui, bastera` dunque fare la somma fra un compito apparentemente banale (correggere un libretto d`opera) e i due eccentrici, litigiosi e, com`e` ovvio, spiritosissimi mostri sacri chiamati a svolgerlo, nel corso di un lungo battibecco immaginario ma tremendamente verosimile: w.h. auden, nientemeno, e benjamin britten.

quattro pensionati - un giudice, un avvocato, un pubblico ministero e un boia - ammazzano il tempo inscenando i grandi processi della storia: a socrate, gesu`, dreyfus. ma certo e` piu` divertente quando alla sbarra finisce un imputato in carne e ossa: come alfredo traps, rappresentante di commercio, che il fato conduce un giorno alla villetta degli ex uomini di legge. la sua automobile ha avuto una panne li` vicino, ma lui non se ne rammarica, anzi: pregusta gia` il lato piccante della situazione. si ritrova invece fra i quattro vegliardi, che gli illustrano il loro passatempo. l`ospite e` spiacente: non ha commesso, ahime`, nessun delitto. come aiutarli? niente paura, lo rassicurano: "un crimine si finisce sempre per trovarlo". e se la colpa non viene alla luce, la si confeziona su misura: "bisogna confessare, che lo si voglia o no, c`e` sempre qualcosa da confessare". tra grandi abbuffate e abbondanti libagioni, il gioco si fa sempre piu` pericoloso, finche` il piazzista si avvede d`essere non gia` un tipo banale, mosso solo da meschine aspirazioni di carriera e sesso, bensi` un delinquente machiavellico, capace di usare la sua amante come un`arma infallibile contro il superiore cardiopatico.

anche per chi abbia familiarita` col suo universo visivo - disseminato di figure, paesaggi, oggetti, e disegni dentro disegni dentro disegni - lo sguardo di tullio pericoli non e` facile da ricostruire. almeno fino a quando non si coglie un dato essenziale e singolarissimo, e cioe` che a guidare quello sguardo non e` soltanto l`occhio, ma un organo piu` irrequieto e nervoso, che si lascia dirigere solo fino a un certo punto, e da li` in poi asseconda, prima di tutto, i propri imprevedibili talenti: la mano. in questa conversazione con domenico rosa, pericoli ne parla per la prima volta apertamente, con il gusto e spesso la sorpresa di scoprire via via, insieme a chi ascolta e poi a chi legge, i meccanismi e gli incantesimi del proprio lavoro: sciogliendone vari enigmi, e avvicinandoci, nel modo piu` attraente, a quella singolare "sapienza" che e` nella mano.

"questo libro e` il distillato di quanto ho da dire, in tarda eta`, sulla musica, sui musicisti e su questioni relative al mio mestiere" dichiara alfred brendel, che, scegliendo la forma dell`abbecedario musicale - da "accento" a "zarzuela" -, rivela ancora una volta la sua duplice natura di musicista e acuto saggista, oltre a confermare la sua predilezione per l`aforisma e il frammento. chi lo conosce sa che nei suoi scritti profonde riflessioni sui problemi dell`interpretazione musicale si alternano ad aneddoti, considerazioni sulla tecnica pianistica a sapide testimonianze sui rapporti ora idilliaci ora burrascosi con direttori d`orchestra e cantanti: e questo vademecum lo conferma. qui tutto ruota intorno al pianoforte, "mobile dai denti bianchi e neri" che sotto le mani dell`interprete diviene "luogo di metamorfosi", unico strumento che consenta di "evocare la voce umana nel canto, il timbro di altri strumenti, l`orchestra, l`arcobaleno o l`armonia delle sfere". gli appassionati troveranno dunque risposte originali agli interrogativi che il testo musicale pone all`interprete, e suggerimenti anche inconsueti sulla costruzione del repertorio e sul significato della fedelta` esecutiva. nonche` illuminanti ritratti dei compositori che hanno accompagnato la vita di brendel: da bach a liszt, passando per scarlatti, mozart, beethoven, chopin, schubert, schumann e brahms.

in tutti e tre i racconti che compongono questa raccolta muriel spark ci proietta in uno scenario molto diverso da quelli altamente anglici a cui ci ha abituati: l`africa, dove si trasferi`, giovane sposa, nel 1937, rimanendovi suo malgrado, a causa della guerra, fino al 1944. l`africa nera di un`asfittica colonia inglese popolata di piantatori con velleita` letterarie e mogli brille e incarognite che dormono sempre con la pistola sul comodino, "posto feroce" che "tira fuori il lato piu` crudele" di ciascuno, e dove avvengono quei continui omicidi fra bianchi che tanto incuriosiscono chi, in patria, ne legge placidamente le cronache sul giornale bevendo il te` del mattino. qui incontriamo la giovane sybil che, catapultata nell`altro emisfero, vi trova proprio la compagna di scuola che detestava di piu`; o daphne, ossessionata dal grido funereo e premonitore dell`uccello va`-via: giovani donne che guardano con spietato disincanto il malevolo consorzio umano che le circonda.

giorgio pasquali, maestro della filologia classica italiana, arriva in germania guidato dall`amore per l`antichita`; lo stesso sentimento spinge ludwig curtius, il grande archeologo tedesco, verso l`italia. le due vicende si intrecciano per qualche attimo appena - ma per sempre i due spiriti rimarranno affini. in questo libro pasquali ripercorre la vita di curtius attraverso la filigrana dei ricordi dell`archeologo, cui affianca costantemente i propri. ne nasce una biografia a specchio che pone a confronto l`esperienza umana e intellettuale di due protagonisti dell`antichistica europea, tratteggiando la storia culturale dei rispettivi paesi a cavallo di due secoli. le avventurose esperienze di curtius - in oriente e in occidente, tra le cantine bavaresi e sul fronte balcanico - offrono lo spaccato di un`europa colta che danza sull`orlo del vulcano e al tempo stesso consentono a pasquali di far emergere i propri giudizi, le proprie impressioni, le proprie valutazioni autonome. al disfacimento degli ambienti intellettuali e universitari nella germania di weimar, e alla crisi dell`intero mondo tedesco, si legano cosi` le sofferte meditazioni su questioni sociali e sui problemi della cultura italiana. le osservazioni critiche, le digressioni, i ritratti di grandi studiosi che costellano la narrazione rendono il libro un`opera in cui i toni vivaci corrispondono alle sfumature dell`entusiasmo che pasquali prova per un campione della humanitas. con uno scritto di eduard fraenkel.

ripamonti, chi era costui? un nome che alle orecchie dei piu` non dice granche`; o forse risveglia una vaga eco, persa nella nebbia dei ricordi scolastici: una delle fonti dei promessi sposi - in verita`, come scopriremo, la prima e la piu` importante. incuriosito da quella che gli appariva quasi una damnatio memoriae, franzosini ha cominciato a indagare sui reali motivi per i quali, dopo essere stato un prote`ge` di federico borromeo - che lo nomino` dottore dell`ambrosiana e lo accolse nel palazzo arcivescovile -, il presbitero-storico abbia subito, proprio da parte del cardinale, una "fiera persecuzione", costata quattro anni di carcere duro. scavando negli archivi, spulciando fra i testi, rileggendo ogni sorta di documenti, franzosini ci svela a poco a poco una verita` diversa da quella delle carte processuali, che parlano di magia e stregoneria, libri proibiti e insubordinazione (e accennano persino al "peccato nefando" di sodomia): che all`origine di tutto ci sia (come scrive dal carcere lo stesso ripamonti) un "fatto mirabile, incredibile", o piuttosto "orribil e atroce", il fatto cioe` che esistano signori i quali "aspirano a guadagnarsi fama immortale con lavori faticati da mani che non sono le loro, ed ai quali appongono il proprio nome". anche se si tratta di un nome santo come quello dello stesso federico borromeo.

composti nel ix secolo, "gli aforismi di siva" (sivasutra) sono una delle opere basilari del cosiddetto sivaismo del kashmir, o trika, "triade". riscoperti solo nel novecento, gli insegnamenti delle scuole trika - che rientrano nell`ambito piu` vasto del tantrismo e sono improntati a un non-dualismo radicale (parama`dvaita, "supremo non-dualismo") - si sono andati rivelando i piu` alti raggiungimenti della speculazione e della spiritualita` indiana di ogni tempo, e hanno attratto un numero crescente di studiosi e di ricercatori, dall`india all`europa agli stati uniti. secondo l`insegnamento essenziale del tantrismo, il progresso spirituale deve essere visto non gia` come un cammino di negazione e di rinuncia, ma come una coltivazione e intensificazione di tutte le linee di energia che animano l`esistenza ordinaria e, in primo luogo, l`individuo nella sua fisicita` e nelle sue pulsioni, compresa quella sessuale. il mondo non appare quale un fosco e incerto sogno da cui risvegliarsi al piu` presto, ma come la spontanea espressione del divino, che per suo tramite si manifesta liberamente. in miracoloso equilibrio, il tantrismo kashmiro si muove tra spiritualita`, epistemologia e una avanzatissima speculazione che apre l`esperienza religiosa e filosofica alla contemplazione estetica - ed e` proprio negli ambienti tantrici sivaiti che il pensiero estetico si definisce nella sua forma piu` compiuta, elegante ed estrema.

nella "seconda lettera ai tessalonicesi", che la tradizione attribuiva a san paolo, compare l`enigmatica figura di una potenza: il katechon, qualcosa o qualcuno che trattiene e contiene, arrestando o frenando l`assalto dell`anticristo, ma che dovra` togliersi o esser tolto di mezzo - affinche` l`anticristo si disveli - prima del giorno del signore. e l`interpretazione di quella figura e` qui lo sfondo su cui si dipana una riflessione generale - in costante `divergente accordo` con la posizione di carl schmitt - sulla `teologia politica`, e cioe` sulle forme in cui idee e simboli escatologico-apocalittici si sono venuti secolarizzando nella storia politica dell`occidente, fino all`attuale oblio della loro origine. con quale sistema politico puo` trovare un compromesso il paradossale monoteismo cristiano, la fede nel deus-trinitas? con la forma dell`immuro o, invece, con quella di un potere che frena, contiene, amministra e distribuisce soltanto? oppure occorre cercare una contaminazione tra le due? non poche delle decisioni politiche che hanno segnato la nostra civilta` ruotano intorno a queste domande, e nell`opera di alcuni dei suoi piu` grandi interpreti, da agostino a dante a dostoevskij, trovano una drammatica rappresentazione. il volume e` corredato da un`antologia dei passi piu` significativi della tradizione teologica, dalla prima patristica a calvino, dedicati all`esegesi della "seconda lettera ai tessalonicesi", 2, 6-7.

le lezioni sul culto greco raccolte in questo volume, che nietzsche tenne tra il 1875 e il 1878, furono le ultime della sua carriera di docente di filologia classica a basilea, e testimoniano il nuovo orientamento che volle imprimere al suo studio dell`antichita` greca, lontano dalle tonalita` della "nascita della tragedia". mettendo a punto un inedito metodo di ricerca storica e prendendo a bersaglio l`immagine "chimerica" del mondo greco e il donchisciottismo dei filologi - che invita ad andare a scuola dagli etnologi e dagli antropologi -, nietzsche passa in rassegna le contaminazioni straniere di cui e` impregnata la religione greca. ne` teme di stilare l`elenco degli "errori" nel "modo di pensare e di dedurre" che sono alla base del servizio divino greco, delineando cosi` una sorta di anatomia del "pensiero impuro" all`origine di ogni forma di culto. e tuttavia non rinuncia a definire l`essenza dello spirito greco: di quel greco capace di "imparare festosamente come un dilettante" di genio, perche` sa appropriarsi e superare cio` che e` estraneo - e non si limita, come i romani, a "pavoneggiarsi con cio` che ha preso a prestito".

i quattordici racconti che compongono questa raccolta apparsa nel 1997, agli esordi della carriera di roberto bola?o, distillano gia` quelle che saranno le ossessioni ricorrenti della sua narrativa e i temi attorno a cui si addensano: la letteratura, la violenza - appena sussurrata o quanto mai tangibile -, l`amore e il sesso. il lettore vi incontrera` esistenze borderline, apolidi e insane, alla ricerca di un senso o che al senso hanno rinunciato, sballottate dal caso e da un`assurda quotidianita`, tra amori infelici, errori evitabili e solitudini. sono racconti aperti, imprevedibili, che non si esauriscono nella desolante constatazione dell`insensatezza della vita umana, ma giocano con il lettore, spingendolo a cogliere le citazioni occulte, le figure nascoste nella trama dell`ordito, a cercare di comprendere messaggi che risultano indecifrabili in primo luogo ai protagonisti stessi. come se al fondo di ciascuna di queste storie ci fosse un enigma che sa essere, al tempo stesso, ilare, inquietante e spaventoso.

la sapienza astrologica ha origini piu` antiche della stessa civilta` occidentale, e i nostri segni zodiacali sono per la maggior parte quelli ravvisati sulla volta del firmamento dai sacerdoti astronomi di babilonia. ricostruire la loro storia millenaria e` l`unica via per comprenderne il significato profondo. franz cumont riesce a condurre il lettore attraverso il fittissimo intreccio delle fonti originali con erudizione e finezza storiografica.

"non casta, non pia talvolta, sebbene devota e superstiziosa, apparira` la materia e la forma: ma il popolo e` questo; e questo io ricopio" avverte belli nell`introduzione ai suoi sonetti. e non si tratta di un eccesso di cautela: nei testi qui riuniti l`oltraggiosa, icastica violenza del romanesco belliano esplode, ad esempio, sino a ribattezzare con decine di sinonimi la "madre de le sante", che non e` affatto, come nell`inno manzoniano, la santa chiesa, ma l`organo sessuale femminile. e di questi triviali, e insieme lietamente giocosi, sinonimi - quelli che affiorano alle labbra di "nnoantri fijjacci de miggnotta" - l`ultimo e`, sara` un caso?, "ssepportura". nel "commedione" il motivo erotico, dell`impulso passionale, della gioia vitale, e` infatti strettamente connesso a quello della cupa malinconia, della consapevolezza dell`effimero, sicche` radunare e leggere insieme i versi amorosi e lugubri, sensuali e pensosi significa addestrarsi a una diversa percezione dell`intero corpus, rendersi conto, come nota gibellini, che "sotto la tinta brillante dell`erotismo scanzonato o l`oscenita` sguaiata sta il fondo scuro della meditazione, cosi` come sul drappo buio della morte appressante, et ultra, ancora giunge, per memoria del passato o immaginazione dell`eterno futuro, il cono di luce della mondanita`". eros e thanatos, carnevale e quaresima, sesso e fede convivono, dunque, sono facce della stessa abbagliante medaglia: come nel sorprendente "la bbella ggiuditta".

hemingway era "un pezzo di cielo, e una fitta di sole" scriveva anna maria ortese nel luglio del 1961 commentando, commossa, l`improvvisa scomparsa di colui che le sembrava appartenere ad anni "non ancora macchiati da carneficine o tumefatti in ghiacci spaventosi" e a una generazione di padri-leoni dalla "santita` animale", estranei a una intelligenza "che oggi ha scarnificato l`uomo": con le sue opere, infatti, hemingway proclamava l`esistenza del tutto di cui l`uomo e` parte, e attraverso i suoi occhi ragionava tranquilla e maestosa la natura. non v`e` dubbio: chi cercasse in questi scritti che coprono oltre cinquantanni di attivita` giornalistica (dal 1939 al 1994) accorte recensioni, sagaci squarci di storia letteraria, dotte e politiche riflessioni sul romanzo sarebbe del tutto fuori strada. il metodo di lettura di una uncommon reader come la ortese ha a che vedere anzitutto con quella "doppia vista" di cui andava dolorosamente fiera e che, quando discorre di leopardi o di anna frank, di cechov o della morante, di saffo o di thomas mann, le consente di mettere subito a fuoco, con temeraria sicurezza, la loro profonda necessita` in rapporto al compito della vera letteratura: che dev`essere, sempre, "un`autentica voce, un richiamo, un grido che turbi, una parola che rompa la nebbia in cui dormono le coscienze, il lampo di un giorno nuovo". compito radicale, nobile, impervio - incidere sull`ordine delle cose -, al quale corrisponde un linguaggio lontano anni luce dalla critica letteraria.

fin dalle primissime battute di questa commedia appare chiaro perche` roman polanski abbia deciso di portarla sullo schermo - e perche` attori come isabelle huppert, ralph fiennes e james gandolfini abbiano voluto interpretarla a teatro. nel lindo, assennato salotto borghese in cui due coppie di genitori si incontrano per cercare di risolvere, da persone adulte e civili quali essi ritengono di essere, una questione in fondo di poco conto (una lite scoppiata ai giardinetti tra i rispettivi figli), vediamo sgretolarsi a poco a poco le maschere di benevolenza, tolleranza, buona creanza, e di correttezza politica, apertura mentale, dirittura morale; e sotto quelle maschere apparire il ghigno del nume efferato e oscuro che ci governa sin dalla notte dei tempi: il dio del massacro, appunto. con uno humour e cinismo (e senza mai assumere il tono del moralista), in una lingua volutamente media, che sfodera tutto il suo micidiale potere, yasmina reza costruisce uno psicodramma, porgendo allo spettatore (e al lettore) uno specchio deformante nel quale scoprira`, non senza un acido imbarazzo, qualcosa che lo riguarda molto da vicino.


"e l`estate piu` bella della mia vita, e anche se vivessi cent`anni, queste per me rimarranno la primavera e l`estate piu` belle. di pace non se ne vede ancora granche`, dicono tutti. ma per me e` pace, pace!". cosi` scrive una ingeborg bachmann diciottenne, alla capitolazione del terzo reich, nel suo diario del 1945, fortunatamente salvato dall`oblio. un diario di stupefacente intensita`, che testimonia la profonda ripugnanza etico-estetica nei confronti del nazismo, l`euforia per la caduta della tirannide. e che racconta un grande amore, di cui ci rendono partecipi anche le lettere che al monologo della bachmann fanno qui da contrappunto, scritte dal misterioso jack hamesh, giovane soldato britannico ma in realta` ebreo viennese, fuggito nel 1938 in inghilterra e tornato nell`ex patria da liberatore. lui le bacia la mano, lei corre ad arrampicarsi in cima a un melo e decide di non lavarsela mai piu`. poi ci saranno gli incontri assidui, l`amicizia impetuosa, le conversazioni sugli scrittori amati da entrambi - mann, zweig, hofmannsthal -, le attese, la lontananza, i lunghi silenzi. e le lettere appassionate e dolenti di jack che dall`eta` di diciotto anni vaga per il mondo, e solo nella divisa di un esercito straniero ha trovato, fugacemente, un simulacro d`identita` - a colei che lo ha lasciato andare via, che non ha voluto chiedergli di restarle accanto. che cosa gli e` rimasto di quel breve ritorno a casa, di quella ragazza affascinante? a noi, di certo, molto...

"questo libro cantera` sul vostro scaffale. e troppo soffocato d`amore per suscitare invidia, troppo umile per gli encomi, e tuttavia e` cosi` impressionante da non poter eludere lo stupore". cosi` derek walcott saluto` "in fondo al fiume" - primo libro di jamaica kincaid -, che radunava i racconti poetici gia` accolti dai lettori del "new yorker" come rari gioielli letterari: a scorci di una natura lussureggiante che suscita inquietudini profonde si alternano i ricordi di un`infanzia caribica fatta di scoperte minute e preziose, di dolenti rapporti familiari dominati da una madre che tutto dona e poi tutto nega - "mi cinse con le braccia, stringendomi sempre piu` la testa al petto, finche` non soffocai" -, e che verra` magistralmente celebrata nella torrida e furente autobiografia di mia madre. nulla e` come sembra, in questo libro breve ma inesauribile: e quando i paesaggi si accendono di colori violenti e` per meglio accogliere nell`ombra i sentimenti piu` riposti di una creatura ancora "primitiva e senza ali". la voce della giovane kincaid ("il mio nome mi riempie la bocca") e` schietta, capricciosa e ingannevolmente semplice, e vi risuonano i ritmi laceranti di quella prosa visionaria e incantatoria che sara` soltanto sua.

e noto che il pensiero indiano fece irruzione sulla scena filosofica europea grazie all`entusiasmo suscitato in schopenhauer dalla lettura della prima traduzione occidentale delle upanisad ad opera di anquetil-duperron, uscita nei primissimi anni dell`ottocento. meno noto e` che per la sua versione latina anquetil-duperron si era basato su una traduzione persiana, realizzata nel 1657 e patrocinata dal principe moghul muhammad dara` siko`h (1615-1659). la dinastia musulmana dei moghul, che regno` sull`india a partire dal 1526, aveva gia` mostrato grande apertura e interesse per il sapere indiano, in particolar modo durante il regno dell`imperatore akbar, ma il suo pronipote, dara sikoh, si spinse ben piu` in la`. affiliato alla confraternita sufi della qadiriyya e seguace delle dottrine del grande mistico musulmano ibn `arabi, attraverso l`assidua frequentazione di yogin e sapienti indu` giunse alla conclusione che rispetto al sufismo non vi era "differenza alcuna, fuorche` divergenze lessicali, nel loro modo di percepire e comprendere il vero". a sostegno di tale tesi nel 1655 scrisse "la congiunzione dei due oceani", in cui si sforzo` di mostrare la puntuale corrispondenza fra i princi`pi della tradizione spirituale indu` e quella musulmana. posizione tanto audace quanto pericolosa: pochi anni dopo, quando il fratello aurangzeb si impadroni` del trono e pose fine alla lunga tradizione di tolleranza religiosa dei sovrani moghul, l`illuminato sincretismo di questo libro gli costo` la testa.

"l`amore, mia cara, e` un sentimento di lusso!": questo cerca di spiegare una madre che ha molto vissuto (e che dalla vita ha imparato una grande lezione: "dare pochissimo e pretendere ancora meno") alla figlia innamorata e infelice. ma lei, denise, non lo capisce: quando suo marito glielo ha presentato sulla spiaggia di hendaye, yves le e` apparso come un giovanotto elegante, raffinato, di bell`aspetto; e poiche` alloggiava nel suo stesso albergo, ha creduto che fosse ricco quanto l`uomo che ha sposato, e a cui la lega un affetto tiepido e un po` annoiato. poi il marito e` stato richiamato a londra da affari urgenti, e quelle giornate di settembre "piene e dorate " sono state come un sogno: la scoperta della reciproca attrazione, le passeggiate, le notti d`amore. il ritorno a parigi ha significato anche un brusco ritorno alla realta`: no, yves non e` ricco, tornato dal fronte si e` reso conto di aver perduto tutto, ed e` stato costretto (lui, cresciuto in un mondo in cui "c`erano ancora persone che potevano permettersi di non fare niente") a trovare un impiego che lo avvilisce e lo mortifica. in questa cronaca di un amore sghembo, in cui si fronteggiano due inconsapevoli egoismi, la giovanissima ire`ne ne`mirovsky sfodera gia` il suo sguardo acuminato e una perfetta padronanza della tecnica narrativa.

hofmannsthal e` il cardine di questa magistrale opera al tempo stesso critica e narrativa, dove broch ci conduce lungo traiettorie concentriche nello spazio e nel tempo. ne risulta il ritratto di un`epoca in cui si sviluppo` tumultuosamente

"il mio intento in questo libro non e` la critica letteraria ne` la biografia. voglio soltanto, e in maniera del tutto personale, passare in rassegna i tipi di scrittura che mi hanno influenzato nel corso del mio lavoro. ho detto scrittura, ma intendo piu` precisamente visione, modo di guardare e di sentire". con questo intento naipaul guida il lettore in un viaggio illuminante, il suo viaggio: dalla natia trinidad ("un puntino sul mappamondo") agli ambienti letterari della londra anni cinquanta, dall`india (ancestrale "terra del mito" e desolante paradigma di modernita` incompiuta) alla cartagine di polibio e di flaubert, e alla roma di cicerone e di virgilio. in questo modo la scrittura, che e` sempre "prodotto di una specifica visione storica e culturale", permette di esplorare il tempo oltre che lo spazio - e di affiancare derek walcott a un materassaio analfabeta, nirad chaudhuri e anthony powell a un politicante con velleita` letterarie ("lo stalin di trinidad"), gandhi a giulio cesare. e durante il viaggio ogni incontro si rivela decisivo: per una inesausta ricerca di precisione, per il nitore dell`espressione, e soprattutto per una percezione originale del mondo.

quando ire`ne ne`mirovsky viene arrestata, nel luglio del 1942, la maggiore delle sue due figlie, denise, ha tredici anni, la minore, elisabeth, soltanto cinque. tre mesi dopo anche il padre sara` deportato. per le due bambine cominciano gli anni atroci della fuga: braccate dalla polizia francese e dalla gestapo, passano da un nascondiglio all`altro, spostandosi di notte, prendendo treni da cui bisogna saltare giu` prima che entrino nelle stazioni per evitare i poliziotti e i loro cani, trovando rifugio in un convento di suore, in cantine umide, in sottoscala. alla liberazione, denise ed elisabeth si recheranno, insieme a molti altri, alla gare de l`est, dove assisteranno sgomente all`arrivo dei treni che riportano a casa quei fantasmi macilenti che sono i sopravvissuti dei campi: ma da quei treni non vedranno scendere ne` l`uno ne` l`altro dei genitori. di loro resta soltanto la valigia che michel epstein ha affidato alla figlia maggiore raccomandandogliela come cosa preziosa appartenuta alla madre: la valigia dentro la quale, molti anni dopo, denise trovera` il manoscritto di suite francaise. in questa lunga intervista denise ripercorre, con la limpida chiarezza del suo spirito indomabile, ma anche con l`arguzia e l`ironia che le sono proprie, un`esistenza in cui le assenze hanno pesato piu` delle presenze, e la memoria (e la difesa della memoria stessa) ha svolto un ruolo determinante.

"la scrissi nell`occasione che ebbi a studiare le carte dei poerio-imbriani: uno dei non so quanti archivi privati di uomini del risorgimento e di letterati, che io ho preso cura di ricercare, ordinare ed esaminare" annota croce a proposito di questa monografia dedicata ai poerio. ma la pacata semplicita` di uno studioso della grandezza di croce rischia oggi di risultare fuorviante: perche` questo scritto, frutto di un accurato scavo d`archivio non meno che di una vastissima documentazione, e` in realta` il racconto - limpido e trascinante nel suo intreccio di filosofia, politica e letteratura - di settant`anni fra i piu` tumultuosi e risolutivi della storia d`italia, dall`ultimo scorcio del settecento al 1866. rivivremo cosi` la giovinezza wertheriana di giuseppe poerio che, giunto a napoli nel 1795 dopo studi impregnati della piu` moderna cultura europea, contribuisce in maniera decisiva al trionfo francese e repubblicano, si batte valorosamente contro i sanfedisti e viene condannato al carcere a vita nella fossa della favignana (lo salva l`indulto, nel 1801); poi la sua evoluzione politica, tipica di un`intera generazione, giacche` nel prendere via via le distanze dalle astrattezze giacobine poerio rivaluta la reazione popolare antifrancese e abdica all`odio antimonarchico, alimentando il partito liberale moderato; infine il suo esilio con i sodali in toscana e in altri paesi europei.

"so che conoscete la duchessa di duras" disse un giorno goethe a von humboldt. "siete un uomo fortunato! eppure, ella mi ha fatto tanto male: alla mia eta`, non bisognerebbe lasciarsi commuovere a tal punto... esprimetele tutta la mia ammirazione". pur essendo senz`altro uno dei piu` prestigiosi, goethe non era pero` sicuramente l`unico ammiratore di m.me de duras: tra i suoi estimatori vi furono chateaubriand, hugo, sainte-beuve (che vedeva in lei una "sorella" di m.me de stael). pubblicato nel 1824, "ourika" divenne infatti in brevissimo tempo quello che oggi si definirebbe un libro di culto, tant`e` che nei magasins de mode andavano a ruba nastri, camicette, cappelli e gioielli "a` l`ourika". ancora oggi, a quasi due secoli di distanza, questo breve, intensissimo romanzo conserva tutto il suo fascino sottile - e la vicenda della piccola schiava nera, portata in dono dal governatore del senegal al maresciallo di beauvau e destinata a soccombere a un destino che non potra` essere che tragico per aver "infranto l`ordine della natura", per aver concepito "una passione delittuosa", "un amore colpevole" (e forse soprattutto per aver desiderato una impossibile "fusione dei cuori"), ancora ci commuove. "da un lato" scrive john fowles "ourika affonda le radici nel seicento francese, in racine, la rochefoucauld e mme de la fayette, mentre dall`altro si protende fino al tempo di sartre e camus. e la cartella clinica di un outsider, dell`eterno e`tranger nella societa` umana".

non e` un caso che il comitato rivoluzionario affidi la missione di "liquidare" valerian aleksandrovic kurilov, l`odiato ministro della pubblica istruzione del regime zarista, proprio a le`on m.: orfano di due rivoluzionari russi, allevato in svizzera a spese del "partito", questi non ha avuto altra famiglia che i "compagni", ed e` cresciuto con l`idea "che una rivoluzione sociale fosse inevitabile, necessaria". nel gennaio del 1903 le`on, non ancora ventenne, assume dunque la falsa identita` del dottor marcel legrand e riesce a entrare nella casa di colui che gli studenti universitari hanno soprannominato il pescecane. perche` oltre che un avido uomo di potere, kurilov e` anche feroce: non esita infatti a far sparare sugli studenti, ne` a farli arrestare, processare e giustiziare. eppure, vivendo costantemente al suo fianco, il falso dottor legrand scopre un uomo diverso: gia` al primo sguardo gli sembra "piu` flaccido, piu` sgretolato, piu` vulnerabile", e presto apprendera` che e` gravemente malato. inoltre, kurilov e` molto innamorato della seconda moglie, un`ex cocotte francese che i sovrani si rifiutano di ricevere, e a causa di questa donna, che tutti giudicano "sconveniente", affrontera` perfino la disgrazia politica.

supremamente ottuso e` per bernhard il mondo dei premi letterari, di cui traccia un ritratto insieme crudele e divertentissimo, senza risparmiare frecciate a nessuno, neanche a se stesso: "tutto era repellente, ma piu` repellente di tutto trovavo me stesso" dice a proposito del premio franz theodor csokor. al grottesco balletto prendono parte stolidi largitori e beneficati vanesi; ministre che russano durante i panegirici per poi risvegliarsi di botto sbraitando imperiose: "ma dove si e` cacciato il nostro scrittorello?"; conferitori di attestati e di prebende che, scambiando il sesso dei poeti laureandi, parlano con disinvoltura della "signora bernhard"; politici opportunisti e di abissale ignoranza preoccupati solo di fare passerella; giurie letterarie insipienti ma ben liete di trasferirsi, spesate di tutto, nei migliori alberghi e ristoranti; finanziatori che con un esborso spudoratamente basso si assicurano pubblicita` a buon mercato e una fama di generosi mecenati; e grossolani esponenti dell`industria che presentandolo parlano diffusamente dello "straniero nato in olanda", il quale pero` "gia` da qualche tempo vive tra noi", e al quale attribuiscono senza fare una piega un fantomatico romanzo ambientato in un`isola del sud. "se qualcuno offre del denaro vuol dire che ne ha ed e` giusto alleggerirlo" pensa tuttavia bernhard, e non nega affatto di averlo speso volentieri, soprattutto se gli ha dato l`occasione per comprarsi finalmente una triumph herald.

i faits divers - sottolineava sciascia presentando nel 1989 la sua terza raccolta di articoli e saggi dispersi - sono "quelli che noi diciamo fatti di cronaca, cronache quotidiane, cronache a sfondo nero, passionali e criminali spesso, sempre di una certa stranezza e di un certo mistero". "fatti diversi" vale dunque "parodisticamente, paradossalmente e magari parossisticamente, cronache: a render piu` leggera la specificazione, di crociana ascendenza, di storia letteraria e civile". ma anche a ribadire, si vorrebbe aggiungere, la fedelta` a un metodo in cui alla pertinacia del detective si accompagna l`urgenza di verita`, all`erudizione dell`enciclopedista la fabula, alla volonta` di ribadire la ragione della memoria "il senso e il senno dell`oggi". la raccolta si apre sull`interrogativo "come si puo` essere siciliani?", e prosegue poi con "inquisizioni" che hanno al centro la sicilia e insieme la letteratura, il cinema, la pittura, la fotografia.

"se e` vero che le vicende della sua vita sono parte integrante dell`importanza di socrate, si deve comunque dare tutto il rilievo possibile al fatto che egli mori` assassinato" dichiara perentoriamente manlio sgalambro. tuttavia platone "omette pietosamente quella parola", e dal canto suo nietzsche afferma - certo a ragione - che "socrate volle morire". ma chi desidera morire, osserva sgalambro, "si trova intrappolato in una insana contraddizione", giacche` nello stesso tempo vuole vivere. e cosi` fu anche per socrate, che delego` infatti il compito a un "benefattore" (euergetikos) - cosi` egli defini` l`assassino - e con cio` introdusse una volta per tutte nella filosofia la figura dell`omicida. eppure la speculazione filosofica ha per lo piu` evitato di porsi le domande cruciali che ne derivano: quale mistero cela il delitto in se stesso? chi e` l`assassino nella sua essenza? domande che invece non teme di affrontare qui sgalambro, tenace esploratore delle zone impervie del pensiero, spingendo lo sguardo verso quel punto dove l`espressione "`l`uomo e` mortale` non significa in primis che `l`uomo muore` - insigne banalita` concettuale -, ma che l`uomo e` datore di morte".

quando l`idea di "classici americani" sembrava una contraddizione in termini, d.h. lawrence fu il primo a individuare nella letteratura americana dell`ottocento una specifica tradizione nazionale, fatta di tragica e disperata vitalita`, di ipocrisia, rettitudine e continua capacita` di trasformazione, e costruita in aperta antitesi alla cultura europea. merito di per se` considerevole, ma che appare quasi trascurabile non appena ci si rende conto che questo libro offre, piu` che una sequenza di sia pur illuminanti saggi critici, una vera e propria galleria di ritratti psichici-di fenimore cooper e edgar allan poe, nathaniel hawthorne e herman melville -, animati da una voce inconfondibile, ora beffarda e insinuante, ora imperiosa e tonante. ritratti che non cessano di provocarci, di sfidarci a un inesauribile incontro e scontro con lawrence e con gli autori di cui parla.

i "frammenti postumi" di friedrich nietzsche raccolti in questo quinto volume testimoniano, nella dinamica molteplicita` dei temi, un tumultuoso - e decisivo - periodo di transizione che si concludera`, simbolicamente, con il commiato definitivo da richard wagner. nietzsche filologo "inattuale", critico e riformatore nel segno della grecita` e di wagner, pone con risolutezza in discussione se stesso e le sue precedenti convinzioni, incamminandosi per una lunga e faticosa "via della liberazione" che, secondo un progetto destinato a non realizzarsi, avrebbe dovuto raggiungere al termine di un percorso di dodici "considerazioni inattuali". e a due di queste, "noi filologi e richard wagner a bayreuth", sono legate gran parte delle riflessioni che si trovano in queste pagine. da un lato, utilizzando i risultati delle nascenti scienze antropologiche ed etnologiche e cogliendo nell`antichita`, accanto ai germi di una nuova mentalita` libera e scientifica, la permanenza di un "pensiero impuro", nietzsche si dimostra piu` che mai contrario alla concezione di uno "sviluppo naturale" della storia e della cultura presente nei filosofi hegeliani e nei positivisti. dall`altro, individuando adesso una contrapposizione tra la categoria ampia di `educazione` e i pericoli presenti nell`arte, si allontana sempre di piu` dal culto del `genio` e dalla metafisica schopenhaueriana.

il villaggio dei solenni meo, nel laos, pervaso dall`odore "di immensa stravaganza" dell`oppio, dove tutto sembra sospeso; il lampo d`oro, destinato a durare per l`eternita`, che gli occhi e i capelli di ignazio, l`amico adolescente, mandano un giorno su un campo da tennis; la tigre avvolta dalla nebbia e come "distesa su piume o aria" che appare d`improvviso, alla luce dei fari, su una strada della malesia; il pavillon fuori moda dove - fra spumeggianti bicchieri di itala pilsen, giovani donne fasciate di seta e ufficiali tedeschi col monocolo - pochi minuti di oscuramento e il fischio degli stuka possono condensare la guerra; l`"arruffio di gesti tutti precisamente sintonici" che nel ricordo si rivelera` essere l`amore; lo sguardo appannato, "come una pellicola selvatica poggiata sulla cornea", di una delle piu` famose spie, kim philby, colto in un albergo di mosca. sono gli inattesi lampi di verita`, gli improvvisi scatti della memoria, le manifestazioni dell`arte della vita offerti ai lettori del "corriere della sera" fra l`aprile del 1982 e il marzo del 1983: e non e` un caso che, quasi a radunare idealmente questi brevi testi di massima densita` in un terzo e piu` malinconico `sillabario`, parise avesse scelto la rubrica "lontano". perche` quello che si impara - sembra dirci parise - lo si impara di colpo, da un momento all`altro, ma per lo piu` nel ricordo, quando ormai e` troppo tardi.

quando, intorno al 1822, il diciottenne wilhelm waiblinger comincia a frequentarlo, holderlin vive ormai da oltre vent`anni recluso nella "torre" in riva al neckar, obnubilato, isolato dal mondo - non e` piu`, insomma, "da considerarsi tra i vivi". va su e giu` come "le fiere ... nelle loro gabbie", suscitando in waiblinger un brivido di orrore, recita giorno e notte un monologo incessante, e rivolge ai rari ospiti un profluvio di parole sconnesse in una lingua inventata. mosso da un`ardente devozione, waiblinger scruta con amorevole pietas la vita quotidiana del poeta, ma, soprattutto, riesce a penetrarne il delirio, parlando con lui di poesia, di musica e del passato, facendo in sua compagnia lunghe e rasserenanti passeggiate in riva al fiume o nella pace delle vigne. di questa intensa frequentazione friedrich holderlin, che waiblinger scrisse tra il 1827 e il 1828 in italia - dove si era trasferito per sfuggire alla miseria e all`autodistruzione -, e` il frutto: un ritratto fra novella romantica e dramma del destino, in cui il lettore trovera` delineati la giovinezza di holderlin e i suoi studi, le passioni e gli amori infelici (come quello per susette gontard, la sua diotima). ma, al tempo stesso, molto di piu`: waiblinger fu il primo a intuire la grandezza di holderlin, a cogliere il valore dei suoi manoscritti, a interrogarsi sul tormentato processo della sua scrittura, sicche` questa testimonianza assume il peso di un precoce, essenziale gesto di fondazione critica.

marcel schwob ha scritto che se boswell fosse riuscito a concentrare in dieci pagine la sua monumentale "vita di samuel johnson", avrebbe dato alla luce l`opera d`arte tanto attesa. quasi raccogliendo la sfida, giorgio manganelli scrisse nel 1961 questo trattatello, che rappresenta una `biografia sintetica` e insieme un ritratto collettivo dove - sullo sfondo di una londra torva e sordida, ma amatissima - accanto a johnson figurano i suoi piu` cari amici: richard savage, scrittore fallito, sregolato e ribaldo, topham beauclerk, ilare e irresponsabile libertino, e naturalmente james boswell, autore di un "calco letterario fedele fino alla allucinazione" del modo di essere del dottore. uomini dalla prensile passionalita`, capaci di offrirgli un`immagine gia` vissuta e intellettualizzabile dell`esistenza: l`ideale per lui, che ambiva a essere "esperto e incorrotto". ma il johnson di manganelli e` ancora di piu`: il primo eroe di una civilta` di massa, un divo ammirato e amato per il fatto stesso di esistere, di conglomerare con la sua bizzarria e la sua sarcastica conversazione ascoltatori e spettatori. ed e`, anche, un perturbante alter ego, soprattutto laddove di johnson appare nel lato piu` segreto: la malinconia, l`ipocondria, l`infelicita`, fieramente combattute con il lavoro, con "i doveri dell`intelligenza, presidio della chiarezza interiore e dunque della moralita`".

l`inconfondibile impasto di mistero e quotidianita` e la trasparenza della parola che li dice hanno subito fatto riconoscere in charles simic uno dei maggiori poeti contemporanei. e in questo libro, che raduna my noiseless entourage e una scelta dai selected poems, il suo universo - fisico e mentale - si mostra con una vividezza abbagliante. un universo di interni desolati e di periferie hopperiane abitate da gente anonima, dove gli oggetti sembrano giacere spaesati dopo aver perduto ogni funzione. un`america di luoghi e immagini di memorabile intensita` - cinematografi abbandonati, bische clandestine, biblioteche di quartiere, diner notturni, giardini deserti, polvere, specchi, strade senza fine, cicli di un azzurro perenne -, dove si affacciano ombre e presenze indecifrabili, sospetto di metafisica subito soffocato dallo scetticismo e dall`ironia.

viene da un`isola delle antille che per i turisti e` il fondale di una vacanza da sogno ma che per lei - che gia` da bambina rifiutava di intonare "rule, britannia!" - e` una colonia ostaggio del sole e della siccita`, una prigione insopportabile. per spezzare le catene, e insieme per sbarazzarsi dell`amore terribile della madre e della crudele indifferenza del padre, lucy sbarca in un`altra isola, manhattan. ma l`illuminata benevolenza della famiglia che l`ha accolta come ragazza au pair non fa che acuire nostalgia e furore: alla trionfante generosita` di chi ha solo certezze, lucy non puo` che opporre un`astiosa impudenza. non le sfugge, del resto, che l`atmosfera di` armoniosa perfezione che avvolge mariah, lewis e le loro quattro bambine bionde e` uno show, e occulta crepe minacciose - i segni della rovina imminente. anche nell`opulenta new york, proprio come ad antigua, attorno a una tavola apparecchiata puo` regnare la desolazione. nulla, nell`arco di un breve anno, rimarra` intatto: per il cieco progressismo di chi la ospita e dovra` confrontarsi con lo specchio deformante dei margini del mondo; e per lucy: insofferente ai dominati come ai dominatori, senza piu` punti di riferimento, provera`, al pari di gauguin - il pittore che ha scoperto in un museo e subito amato -, a inventarsi facendo affidamento solo sull`intuizione, e a riscattare l`oltraggio della sua origine.

prima di proclamare con la sua arroventata eloquenza - nella firenze del 1945 - l`urgenza di una "tramutazione pura" dell`uomo, del reale, di dio" (giulio cattaneo) e di proporre un movimento di religione teso a una incommensurabile novita`, e destinato a dileguarsi come un miraggio, tartaglia pubblico` alcuni saggi su figure fondamentali del pensiero cristiano quali pascal, malebranche e newman, nonche` su un controverso contemporaneo, gabriel marcel. "dissolvendosi il vecchio atto religioso, anche i tradizionali contenuti religiosi verranno a trovarsi cambiati. la realta` di dio viene rapidamente portata al massimo della sua liberazione, viene trascesa in una realta` diversa oltre dio e non dio": bastano queste parole, pronunciate a ferrara in occasione dell`ultimo convegno del movimento, per comprendere la radicalita` dell`azzardo di tartaglia. il suo presupposto, come dimostrano questi saggi, era una profonda conoscenza della tradizione cristiana, in tutte le sue diramazioni.

"educata alle regole e alla perseveranza", la giovanissima protagonista di questo libro enigmatico svolge con zelo, puntualita` e "con gentile professionalita`" il suo lavoro: accogliere e soprattutto ascoltare i clienti dello specialissimo laboratorio creato dal signor deshimaru nella sede fatiscente di un ex collegio femminile, ora destinato a raccogliere "esemplari". insieme - le ha spiegato lui quando l`ha assunta - dovranno prendersi cura degli "esemplari" con amore: e ha pronunciato la parola "amore" con estrema lentezza. la ragazzina che chiede loro di conservare (dopo averli debitamente catalogati) i tre funghi che ha raccolto fra le ceneri dell`incendio in cui ha perso i genitori non tornera` mai a vederli, ne` mai tornera` il vecchietto che e` venuto a portare i resti delle ossa calcinate del suo padda; ma avranno, come tutti gli altri "clienti", raggiunto il loro scopo: separarsi da cio` che hanno perduto tramutandolo in un "esemplare". anche la narratrice, a causa di un incidente occorsole nella fabbrica di bibite dove lavorava prima, ha perduto qualcosa: l`ultima falange dell`anulare sinistro. e spesso si chiede dove sia finito quel pezzette di carne, quella sorta di "conchiglia rosa ciliegio, soffice come un mollusco". a poco a poco la solerte, docile impiegata si lascera` inghiottire, come da una ragnatela, dal mondo chiuso e ovattato del laboratorio, dal silenzio lancinante che vi regna. fino al giorno in cui decidera` di consegnare anche lei qualcosa di se`.

i saggi qui riuniti, apparsi originariamente in riviste oggi di difficile reperimento, coprono un arco temporale che abbraccia l`intero periodo creativo di gue`non, dal 1909 al 1950. la visione metafisica di gue`non appare gia` compiuta fin dal primo saggio sul demiurgo - pubblicato a ventitre` anni -, in cui egli affronta il millenario quesito "unde malum?", rispondendo con la disinvoltura e la meticolosita` di chi svolga una dimostrazione di cio` che dovrebbe risultare a tutti ovvio, o perlomeno facilmente desumibile da alcune nozioni universali di immediata evidenza, quali l`infinito, l`essere e il non-essere, il manifestato e il non-manifestato, l`unita` e la molteplicita`. e fedele a quella visione, incentrata sugli assiomi che nelle civilta` tradizionali definiscono l`ordine del mondo e il percorso iniziatico di realizzazione spirituale, gue`non nei quarant`anni successivi si adopera instancabilmente a rettificare le confusioni di pensiero e le aberrazioni terminologiche che vede diffondersi nel mondo moderno, chiarificando con puntiglio i rapporti fra monoteismo e angelologia, il significato delle idee platoniche, la distinzione fra spirito e intelletto, le valenze metafisiche della produzione dei numeri e della notazione matematica.

l`autonecrologia, osserva lodovico terzi, "e` trasgressiva, narcisistica, creativa, e presuppone due qualita` squisitamente letterarie: il gusto del paradosso (come autore dell`annuncio funebre il morto ruba la parte al vivo) e un incoercibile protagonismo (nemmeno da morto il morto e` disposto a cedere la parola)". jonathan swift, a cui non fanno difetto ne` l`uno ne` l`altro, va ben oltre e nel 1731 si diverte (con il suo solito spirito feroce) a mettere in scena la propria morte e tutte le reazioni che suscitera`, negli estimatori come nei detrattori: dall`insofferenza dei congiunti per l`eccessivo prolungarsi dell`agonia, al compiacimento di chi al confronto con il moribondo si sente vivo e sano, allo sgomento di chi nella sua imminente dipartita vede profilarsi la propria, fino al "compianto" (si fa per dire) della regina in persona, che nel ricevere la notizia esclama: "davvero se n`e` andato? era ora! / e morto, dici? be`, marcisca pure". la beffarda vena filosofica e morale che intride questo testo ha ispirato il traduttore a riprendere i vari temi toccati da swift - l`amore e il potere, l`amicizia e l`ambizione personale, lo slancio morale e i meandri dell`ipocrisia - e a intercalare alla lettura dei versi (in quelle "pause naturali" che la lettura stessa sottintende) una serie di riflessioni, o digressioni. ne risulta un piccolo libro originale, bizzarro e intrigante - una sorta di dialogo fra il grande scrittore satirico del settecento e il suo estroso interprete moderno.

il racconto di shirley jackson intitolato "la lotteria" ricorda da vicino, per la fama che lo circonda, la famigerata lettura radiofonica della guerra dei mondi di orson welles. fama non immeritata, giacche` la pubblicazione sul "new yorker" nel 1949, scateno` un pandemonio. molti lo presero alla lettera, reagendo all`istante e poi per lungo tempo con missive indignate o atterrite alla redazione. certe cose non potevano, non dovevano succedere. eppure la storia si presenta in tutta innocenza quale pura e semplice descrizione della lotteria che si svolge nell`atmosfera pastorale, quasi idilliaca, di un villaggio del new england in un luminoso mattino di giugno, come ogni anno da tempo immemore. ma giunto al termine di questo racconto, come degli altri che compongono l`intensa silloge qui proposta, il lettore scoprira` da se`, in un crescendo di "brividi sommessi e progressivi" - come diceva dorothy parker che cosa li rende dei classici del terrore. secondo un altro illustre ammiratore della jackson, oltre che maestro del genere, stephen king, lo sono perche` "finiscono con una svolta che porta dritto in un vicolo buio".

polli in rivolta contro un intollerabile rito di espiazione, un cane docile e malmenato in fuga dalla ferocia dei suoi simili e degli uomini, un ronzino stremato da una vita di fatiche e bastonate: ecco i protagonisti di queste taglienti storie ambientate negli shtetl dell`europa orientale. ma protagonisti sono anche gli uomini che, nell`ansia di celebrare le loro feste, di vivere e di dimenticare, non sanno vedere le sofferenze degli animali, e tanto meno attenersi al precetto talmudico che impone "pieta` per gli esseri viventi". non sorprende allora che il bambino angustiato per la sorte di una carpa ("non dice forse il rebe che tutte le creature sono care al signore?") si senta dare dell`idiota dalla madre -e che questa, vedendolo poi piangere (per la piccola perele, uccisa durante un pogrom), pensi semplicemente che gli e` andato del rafano negli occhi. e un bestiario paradossale, quello creato da shalom aleichem, un mondo alla rovescia dove gli animali minano antiche usanze e sovvertono l`ordine naturale delle cose - un mondo co`lto con lo sguardo impietoso ma partecipe che ben conoscono quanti hanno gia` amato gli stralunati personaggi di "un consiglio avveduto" e gli amori tenaci e impossibili del "cantico dei cantici".

che cosa rende questi reportage in paesi sconvolti da guerre atroci - vietnam, biafra, laos, cile -, in anni, fra l`altro, ormai remoti, tanto vivi e intensi? soprattutto, una qualita` ignota alla maggioranza degli inviati di guerra: l`"amoroso tocco", potremmo dire, che spinge parise a rischiare la vita non tanto per trasmettere dati e informazioni, ricostruendo fedeli ed effimeri scenari geopolitici, quanto piuttosto per partecipare del sentimento che domina i popoli di quei paesi. non si tratta dunque di passione politica o militare, ma di "una specie di fame fisica e mentale che porta a confondere il proprio sangue con quello degli altri, in luoghi o paesi che non siano soltanto quelli della propria origine". alla passione umana del parise reporter si accompagna anche uno speciale intuito, una vibrante capacita` di analisi, in virtu` della quale il conflitto vietnamita appare uno scontro fra uomini "puri, prismatici e refrigerati come una sfilata di bottiglie di coca-cola" da un lato e la vita "con tutto il suo esplosivo e misterioso disordine, la sua estrema mobilita` animale" dall`altro. apparso nel 1976, "guerre politiche" raduna quattro reportage.


nessuno puo` sottrarsi allo charme di myra henshawe: ne` gli "amici artisti", ne` gli "amici ricchi", che subiscono rassegnati il suo sarcasmo fulmineo. adorabile e imperiosa, myra sembra avere proprio tutto. anche un marito devoto, il quale non puo` scordare che myra, per sposarlo, ha rinunciato a un`immensa fortuna. ma crepe sottili percorrono la superficie di questa perfezione. solo l`occhio incantato e perspicace di una ragazzina riesce a scorgerle; ed e` come se nella casa degli henshawwe, dove regnano spensieratezza e buone maniere, penetrasse uno spiffero gelido, suscitando un misterioso terrore.

da una parte una madre asserragliata dalla solitudine, chiusa fra quattro mura che emanano freddo e infelicita`, in una casa di campagna dove nulla pare funzioni. dall`altra una figlia dalla vita scombinata, che sente ogni settimana il dovere, angoscioso e astioso, di visitare la vecchia madre. e che ora vuole risolvere i suoi crucci trovandole una badante. ma la madre resiste. il conflitto, al tempo stesso lacerante e orribilmente comico, culmina in una festa per anziani, sgangherata e grottesca, finche` tutto si raggela in un`istantanea di vero dramma.

due lunghi racconti in cui flaiano rappresenta la crisi dell`individuo, sullo sfondo di una roma sempre piu` desolata. in "una e una notte", graziano, giornalista in crisi, inviato sul luogo in cui e` atterrato un disco volante, scoprira` quanto sia vana l`illusione che un evento straordinario possa mutare la propria vita e si convincera` che il suo disagio non ha via d`uscita. anche adriano, il protagonista dai forti tratti autobiografici della seconda storia, e` un intellettuale in crisi. i suoi inquieti pellegrinaggi lo portano ad incontrare l`amico regista al lavoro (federico fellini) o sulle spiagge di fregene dove incontra i semplici pescatori.

per anni, quando i suoi viaggi erano soprattutto quelli del filobus romano 62, da via nomentana a piazza san silvestro, manganelli coltivo` un sogno temerario: spingersi sino alle isole faero`er. nel 1978, vincendo timori e angosce, con una valigia munita di tutto quanto un "frequent flyer" giudicherebbe forse inessenziale - un dickens come amuleto e "blande mani chimiche" che sappiano coccolare nei momenti difficili -, lo scrittore parti` alla volta dell`arcaica islanda, prima tappa della sua incursione nel grande nord. e l`esito di quel viaggio e` questo reportage: lo sguardo del traveller sembra capace di svelare la segreta essenza dell`"isola pianeta", dove il mondo e` preumano, folle e criptico.

come un cicerone dalla sorprendente dottrina, affabile ma mai conciliante, benedetto croce fa scoprire al lettore il volto segreto della sua citta`: le vestigia della dominazione spagnola e le vite smodate dei soldati che vi furono di stanza; gli scomparsi "seggi" e l`epopea dei lazzari, fanaticamente devoti a san gennaro e al re; il vocio assordante dei venditori; personaggi come il sacerdote archivista don dima ciappa, "religiosissimo uomo" che fece uccidere un giovane rivale in amore, e gemme come il palazzo cellamare a chiaia, dove si sedimentano secoli di storia, di vita artistica e letteraria. i saggi qui raccolti sono apparsi in origine tra la fine dell`ottocento e gli anni cinquanta.

nel 1528 un pugno di spagnoli, scampati a una spedizione nata sotto una cattiva stella, approda sul litorale del golfo del messico. uno di questi e` nu?ez cabeza de vaca. nel corso di otto anni egli guidera` attraverso l`intero continente altri due spagnoli e un moro in un viaggio di inauditi patimenti che si rivelera`, alla fine, un itinerario salvifico. piegati da una natura inclemente, ridotti dagli indiani a bestie da soma, perverranno alla piu` totale nudita` interiore e scopriranno in se` un nuovo potere, che ci porta a dare pur non avendo piu` nulla da dare. di tutto questo cabeza de vaca scrisse una relazione al suo re, che long traspone in un racconto per immagini, nella sua lucida fantasia.

con questo quarto volume adelphi prosegue la pubblicazione della nuova edizione dei "frammenti postumi" di nietzsche, in una versione interamente riveduta, con apparati aggiornati e con l`inserimento di alcuni preziosi inediti. i primi due volumi sono apparsi nel 2004.

presentando, nel 1974, il suo molie`re, garboli deplorava come "una sciagura nazionale" che il teatro e la borghesia italiani avessero "saltato" molie`re, "cosi` come succede a certi adulti che, nel loro sviluppo, rimuovono una delicata e essenziale fase di crescita". bastano queste parole a far capire di quale novita` fosse portatore il suo lavoro. e dal ceppo di quella storica impresa e` nato questo libro segreto ed "essenziale", cui garboli ha atteso per oltre un ventennio e che considerava il coronamento della sua attivita` di traduttore e critico molie`riano.