
in questo romanzo w. somerset maugham mette in scena, come sempre o quasi, se stesso, ma stavolta nella doppia veste di strickland, un agente di cambio che per amore della pittura lascia il solido mondo della city per quello assai meno rassicurante di parigi prima e di tahiti poi, distruggendo lungo il cammino la vita di due donne, e del suo involontario biografo, un giovane deciso a indagare sugli oscuri, brutali, inaccettabili moventi di ogni vero artista. celebre per decenni soprattutto come evocazione di paul gauguin, questo romanzo oggi ci appare finalmente per quello che e`: un`inchiesta conturbante sull`attrazione fisica e totale per il bello, enigma "che in comune con l`universo ha il merito di essere senza risposta".

in "giovinezza", in "lord jim" e in "cuore di tenebra" charles marlow aveva raccontato le vicende di personaggi annientati dall`incontro con il destino. ma in questo libro joseph conrad gli affida un compito ancora piu` delicato, e per molti versi estremo: raccontare direttamente il destino, o meglio il puro e semplice caso, una forza "assolutamente irresistibile, per quanto si manifesti spesso in forme delicate, quali ad esempio il fascino, reale o illusorio, di un essere umano". "il caso" e` la storia di flora de barral, giovanissima figlia di un banchiere rovinato dalla speculazione (dopo avere a sua volta rovinato migliaia di investitori): finendo in carcere questi fa della ragazza una diseredata, senza altro diritto che la compassione. ed e` la storia di come questa creatura esile, silenziosa e ostinata lotti per resistere all`"infatuazione del mondo", e alle attenzioni "di persone buone, stupide, coscienziose". di come la devozione di un uomo, il capitano anthony, le sembri all`improvviso una salvezza possibile. di quello che un lungo viaggio in mare puo` nascondere, e un matrimonio puo` rivelare. e della tragedia cui tutto cio`, inevitabilmente, conduce. eppure "il caso" e` anche un romanzo felice, che per la prima volta conquisto` a conrad schiere di lettori entusiasti: uscito nel 1913, fu il suo unico vero successo popolare.

ripamonti, chi era costui? un nome che alle orecchie dei piu` non dice granche`; o forse risveglia una vaga eco, persa nella nebbia dei ricordi scolastici: una delle fonti dei promessi sposi - in verita`, come scopriremo, la prima e la piu` importante. incuriosito da quella che gli appariva quasi una damnatio memoriae, franzosini ha cominciato a indagare sui reali motivi per i quali, dopo essere stato un prote`ge` di federico borromeo - che lo nomino` dottore dell`ambrosiana e lo accolse nel palazzo arcivescovile -, il presbitero-storico abbia subito, proprio da parte del cardinale, una "fiera persecuzione", costata quattro anni di carcere duro. scavando negli archivi, spulciando fra i testi, rileggendo ogni sorta di documenti, franzosini ci svela a poco a poco una verita` diversa da quella delle carte processuali, che parlano di magia e stregoneria, libri proibiti e insubordinazione (e accennano persino al "peccato nefando" di sodomia): che all`origine di tutto ci sia (come scrive dal carcere lo stesso ripamonti) un "fatto mirabile, incredibile", o piuttosto "orribil e atroce", il fatto cioe` che esistano signori i quali "aspirano a guadagnarsi fama immortale con lavori faticati da mani che non sono le loro, ed ai quali appongono il proprio nome". anche se si tratta di un nome santo come quello dello stesso federico borromeo.

tutti, compresa una decina di automobilisti di passaggio, facevano capannello attorno al relitto ripescato dal fiume, e alcuni tastavano distrattamente la carrozzeria o si chinavano per guardare dentro. ed e` proprio a uno di quegli sconosciuti che venne in mente di girare la maniglia del bagagliaio. che, contro ogni aspettativa, nonostante la vettura fosse cosi` deformata, si apri` facilmente; l`uomo caccio` un grido e indietreggio` di qualche passo, mentre chi gli era a fianco si precipitava a vedere. maigret si avvicino` come gli altri, aggrotto` la fronte e, per la prima volta dal mattino, non si limito` a borbottare qualcosa, ma fece sentire chiaramente la sua voce: "via, fate largo!... non toccate niente!". anche lui aveva visto. aveva visto una forma umana stranamente ripiegata su se stessa, pigiata in fondo al bagagliaio come se quest`ultimo fosse stato richiuso a fatica. sopra quella specie di fagotto, una cortina di capelli biondo platino suggeriva che si trattava di una donna.

sindbad era lo pseudonimo sotto il quale si celava il narratore ungherese gyula krudy, dandy tenebroso, personaggio leggendario della bohe`me letteraria di budapest del primo novecento, celebre autore di numerose novelle e romanzi. marai lo considerava suo maestro, e lo amo` a tal punto che non solo gli dedico` un gran numero di scritti e citazioni sparse, ma ne fece anche il protagonista di questo libro. dove, in una mattina di maggio, sindbad esce dalla sua abitazione nel sobborgo di obuda con l`intenzione, una volta tanto, di tornare presto e provvisto di denaro e regali per la figlia e la moglie, la donna che "aveva portato nella vita di sindbad, che stava diventando vecchio, tutto cio` che per cinquantacinque anni il marinaio aveva cercato invano negli ambienti dei caffe`, delle stanze riservate ai giocatori di carte, delle bettole impregnate dell`odore di salnitro". ma dopo aver ceduto alla tentazione di salire su una carrozza pubblica - una delle ultime -, i buoni propositi cominciano impercettibilmente a svaporare, perche` "nel rollio di quelle vecchie carrozze a due cavalli di pest, con le loro molle rotte, c`era ancora qualcosa che ricordava il ritmo fluttuante e oscillante dell`altra vita", il mondo dell`ungheria di un tempo. e come in sogno, lasciandosi scivolare in una morbida flanerie, sindbad rivisita quel mondo scomparso vagabondando e indugiando nei luoghi che ancora ne conservano le tracce: dal bagno turco, dove "occidente e oriente si confondevano nella nebbia bollente", ai caffe`...

che cosa mangiamo, e perche`? sono domande che ci poniamo ogni giorno, convinti che per rispondere basti sfogliare la rubrica di un giornale, o ascoltare per qualche minuto l`ultimo imbonitore nutrizionista ospitato in tv. ma se quelle domande le si guarda un po` piu` da vicino, come fa michael pollan in questo suo documentato saggio, forse il primo sull`argomento a non prendere alcun partito, se non quello dell`ironia e del buon senso, le risposte appaiono meno scontate. che legga insieme a noi le strepitose biografie del defunto pollo "biologico" riportate sulla confezione di petti del medesimo, o attraversi le lande grigie e fangose del midwest, dove milioni di bovini nutriti a mais e antibiotici vivono la loro breve esistenza fra immensi stagni di liquame, pollan arriva immancabilmente a conclusioni di volta in volta raccapriccianti o paradossali.

all`era dei pirati della finanza e dell`industria, degli imperi economici costruiti sui campi di battaglia e` succeduto lo scenario desolante degli anni trenta: la borsa in caduta libera, la crisi, la disoccupazione, e "tutti quegli scandali ignobili, quei processi, quei tracolli privi di grandezza"... come molti della sua generazione, christophe bohun non ha ne` ambizioni, ne` speranze, ne` desideri, ne` nostalgie. e un modesto impiegato nell`azienda che suo padre, il bohun dell`acciaio, il bohun del petrolio, e` stato costretto, dopo un clamoroso fallimento, ad abbandonare nelle mani del socio. si lascia svogliatamente amare da una moglie di irritante perfezione e da una cugina da sempre innamorata di lui. "e la pedina" annota la ne`mirovsky sulla minuta del romanzo "che viene manovrata sulla scacchiera, che per due o tremila franchi al mese sacrifica il suo tempo, la sua salute, la sua anima, la sua vita". alla morte del padre, pero`, christophe trova in un cassetto, bene in evidenza, una busta sigillata: dentro, un elenco di parlamentari, giornalisti, banchieri a cui, nel tentativo di evitare il crac, il vecchio bohun aveva elargito somme ingenti affinche` spingessero il governo ad accelerare i preparativi bellici. riuscira` questo bruciante retaggio, questa potenziale arma di ricatto, e di riscatto, a scuotere christophe dal suo "cupo torpore"? difficile trovare un romanzo cosi` puntualmente applicabile a temi e fatti di ottant`anni dopo.

"la conferenza degli uccelli" e` un poema persiano del dodicesimo secolo che racconta come, per sottrarsi al caos e alla disperazione che opprimono il mondo, l`upupa raccolga la moltitudine degli uccelli e la guidi alla ricerca di un re perduto, simurg, che si dice abbia tutte le risposte. e l`inizio di un viaggio meraviglioso e tremendo verso la dimora di simurg, protetta da sette misteriose valli. in ognuna, gli uccelli dovranno affrontare insidie mortali: ma chi riuscira` a superarle otterra` una rivelazione inattesa. i versi di farid ad-din`atta`r - di cui quasi nulla si sa, tranne che a un certo punto della vita intraprese un lungo viaggio dalla persia fino alla remota india incantano da sempre chi li legge o li ascolta, e hanno ispirato a peter brook uno dei suoi spettacoli piu` sorprendenti: ma solo peter sis poteva trasformarli in questa partitura visiva. eta` di lettura: da 6 anni.

nella "seconda lettera ai tessalonicesi", che la tradizione attribuiva a san paolo, compare l`enigmatica figura di una potenza: il katechon, qualcosa o qualcuno che trattiene e contiene, arrestando o frenando l`assalto dell`anticristo, ma che dovra` togliersi o esser tolto di mezzo - affinche` l`anticristo si disveli - prima del giorno del signore. e l`interpretazione di quella figura e` qui lo sfondo su cui si dipana una riflessione generale - in costante `divergente accordo` con la posizione di carl schmitt - sulla `teologia politica`, e cioe` sulle forme in cui idee e simboli escatologico-apocalittici si sono venuti secolarizzando nella storia politica dell`occidente, fino all`attuale oblio della loro origine. con quale sistema politico puo` trovare un compromesso il paradossale monoteismo cristiano, la fede nel deus-trinitas? con la forma dell`immuro o, invece, con quella di un potere che frena, contiene, amministra e distribuisce soltanto? oppure occorre cercare una contaminazione tra le due? non poche delle decisioni politiche che hanno segnato la nostra civilta` ruotano intorno a queste domande, e nell`opera di alcuni dei suoi piu` grandi interpreti, da agostino a dante a dostoevskij, trovano una drammatica rappresentazione. il volume e` corredato da un`antologia dei passi piu` significativi della tradizione teologica, dalla prima patristica a calvino, dedicati all`esegesi della "seconda lettera ai tessalonicesi", 2, 6-7.

"c`e` un`esultanza fortissima, una celebrazione della fortuna, quando uno scrittore e` testimone degli albori di una cultura che si definisce da se`, ramo dopo ramo, foglia dopo foglia..." scrive walcott parlando dei caraibi, e di uomini e donne che "non leggono ma sono li` per essere letti, e se vengono letti nel modo giusto creano la propria letteratura". non stupisce allora che egli consideri scrittori fratelli saint-john perse, aime` ce`saire e patrick chamoiseau. ma il suo sguardo valica i confini dei caraibi, per abbracciare un orizzonte ben piu` ampio: da philip larkin, che "ha inventato una musa, il cui nome era mediocrita`", a ted hughes, che con la sua poesia "ringhia come una bestia braccata", a robert frost, dalla "saggezza invernale", a les murray, che in virtu` della sua "forza irsuta" sembra uscito da "una scena di mad max", a iosif brodskij, immerso nel "caos" della trasformazione che ogni poeta attraversa quando traduce se stesso. e a dispetto dell`eterogeneita` degli oggetti su cui walcott si sofferma, questa raccolta si fissa nella nostra mente come un`unica, folgorante immagine: merito, certamente, di una scrittura cosi` intensa da rischiare a ogni riga di frammentarsi in lirica.

un barbiere si sveglia di buon`ora, si alza dal letto, spezza il pane appena sfornato, vi scorge dentro "qualcosa di biancheggiante": un naso. prende cosi` avvio uno dei racconti piu` celebri della letteratura di tutti i tempi, affiancato in questa raccolta da altri quattro, non meno significativi e famosi: ii ritratto, dove un dipinto porta con se`, nel trascorrere degli anni, tutto il male che era nell`animo del personaggio rappresentato; la prospettiva, storia di incontri e di passioni fatali o fugaci sullo sfondo mutevole, e talora inquietante, del nevskij prospekt; ii giornale di impazzo, diario di un uomo solo e del suo precipitare nella follia; il mantello, dramma di un povero impiegato che subisce il furto del cappotto nuovo acquistato avvezzando una vita gia` misera a ulteriori, patetiche restrizioni.

jules gue`rec - quarant`anni, celibe, proprietario di due pescherecci - e` sempre vissuto nella cittadina bretone in cui e` nato, nella casa adiacente all`emporio che la sua famiglia gestisce da generazioni, nello stesso odore "di catrame, cordami, caffe`, cannella e acquavite", insieme alle due sorelle rimaste nubili, che lo accudiscono con una sollecitudine benigna, occhiuta e possessiva. a loro gue`rec deve rendere conto di come spende ogni centesimo. persino quando gli capita di andare a quimper, e di non resistere alla tentazione di tornare in quella certa strada dove un paio di signore "arrivate da parigi" passeggiano "gettando agli uomini sguardi provocanti", il pensiero di come fara` a giustificare i cinquanta franchi mancanti gli rovina il piacere. sono loro, le sorelle, a sorvegliare tutto, a provvedere a tutto. anche quella volta che lui, da giovanotto, ha messa incinta una ragazza, e` stata celine - che delle due e` la piu` penetrante e la piu` spiccia, e che afferma di conoscere il fratello come fosse un figlio suo - a prendere in mano la situazione. una notte, pero`, gue`rec, senza quasi accorgersene, sara` la causa di un evento tragico, le cui paradossali conseguenze potrebbero forse spingerlo a uscire dal bozzolo soffocante, ma anche tiepido e rassicurante, dei legami familiari.

"il borgomastro di furnes e` un romanzo mirabile, che riassume la visione di simenon. il mondo e` furnes: questa misurazione, questa ripetizione, questo odio, questa apparente trasparenza, questa foltissima nebbia. nessuna fuga e` possibile. il borgomastro intravede un barlume di liberta` e di leggerezza: per un momento e` abbacinato: vorrebbe fuggire; ma alla fine comprende che non potra` mai violare la sua fedelta` verso i vivi e i morti, e lentamente rientra tra le invalicabili mura, dove, come tutti noi, abita prigioniero da sempre." (pietro citati)

le basta vederlo una volta sola, quel bambino ricco, ben vestito, dai riccioli bruni, dai grandi occhi splendenti, che abita nella meravigliosa villa sulla collina e di cui dicono sia un suo lontano cugino, per essere certa che lo amera` per sempre, di un amore assoluto e immedicabile. a kiev, la famiglia di ada abita nella citta` bassa, quella degli ebrei poveri, e suo padre appartiene alla congrega dei maklers, gli intermediari, quegli umili e tenaci individui che si guadagnano da vivere comprando e vendendo di tutto, la seta come il carbone, il te` come le barbabietole. fra le due citta` sembra non esserci nessun rapporto, se non il disprezzo degli uni e l`invidia degli altri. eppure, quando il ragazzine harry si trovera` di fronte la bambina ada, ne sara` al tempo stesso inorridito e attratto: "come un cagnolino ben nutrito e curato che senta nella foresta l`ululato famelico dei lupi, i suoi fratelli selvaggi". molti anni dopo il destino li fara` rincontrare a parigi: e harry cedera` a quella misteriosa attrazione del sangue che ada esercita su di lui.

chi e` stato carlos wieder? un poeta o un assassino? un artista o un criminale? un pilota spericolato che si esibiva in performance di "scrittura aerea" o un autore di snuff movies? e ha veramente arrestato e torturato e ucciso, nei mesi successivi al golpe di pinochet, decine di persone, per poi esporre le foto dei cadaveri ridotti a brandelli perche` convinto della assoluta, gratuita purezza del male - perche` solo il dolore e` in grado di rivelare la vita, e perche` lo scopo della sua e` "l`esplorazione dei limiti"? nulla, sembra ribadire bola?o, e` piu` sfuggente della verita`. tant`e` che, una pagina dopo l`altra, un tassello dopo l`altro - attraverso un accumulo di indizi, molti dei quali di natura squisitamente letteraria, e di storie parallele, alcune tragiche, alcune grottesche, alcune paradossalmente fiabesche (ma tutte, sempre, eccessive, "come il cile di quegli anni") -, il nostro percorso di avvicinamento a quella che potrebbe essere la verita` diventa via via piu` sdrucciolevole, come se l`autore medesimo ci invitasse a dubitare degli eventi che narra non meno che degli scrittori che cita, delle poesie, delle riviste, dei movimenti letterari a cui allude. nonche`, in definitiva, della esistenza stessa di un uomo chiamato carlos wieder.

queste "opere in raccolta" segnano un punto di svolta nelle nostre conoscenze dell`autore. questa nuova edizione non solo integra significativamente, attingendo a una vastissima e pressoche` ignota produzione dispersa, il cosiddetto "canone ambroise" (cioe` il gruppo di opere che sciascia stesso volle includere nei due volumi apparsi fra il 1987 e il 1991 a cura di claude ambroise), ma soprattutto mira a ricostruire, sulla base di un rigoroso studio di manoscritti e dattiloscritti, la genesi e la storia dei testi. i due volumi saranno organizzati per tipologie testuali: narrativa, testi teatrali, poesie e traduzioni poetiche (vol. i); racconti-inchiesta, "inquisizioni", cronachette e memorie (vol. ii, tomo i); saggi letterari, storici, d`arte e civili (vol. ii, tomo ii). li correderanno rigorose note ai testi, una bibliografia esaustiva degli scritti di sciascia e un indice dei nomi (autori e opere citati, personaggi letterari).

le lezioni sul culto greco raccolte in questo volume, che nietzsche tenne tra il 1875 e il 1878, furono le ultime della sua carriera di docente di filologia classica a basilea, e testimoniano il nuovo orientamento che volle imprimere al suo studio dell`antichita` greca, lontano dalle tonalita` della "nascita della tragedia". mettendo a punto un inedito metodo di ricerca storica e prendendo a bersaglio l`immagine "chimerica" del mondo greco e il donchisciottismo dei filologi - che invita ad andare a scuola dagli etnologi e dagli antropologi -, nietzsche passa in rassegna le contaminazioni straniere di cui e` impregnata la religione greca. ne` teme di stilare l`elenco degli "errori" nel "modo di pensare e di dedurre" che sono alla base del servizio divino greco, delineando cosi` una sorta di anatomia del "pensiero impuro" all`origine di ogni forma di culto. e tuttavia non rinuncia a definire l`essenza dello spirito greco: di quel greco capace di "imparare festosamente come un dilettante" di genio, perche` sa appropriarsi e superare cio` che e` estraneo - e non si limita, come i romani, a "pavoneggiarsi con cio` che ha preso a prestito".

crescere in un mondo "senza passato" puo` segnare una vita intera. non stupisce dunque che naipaul, da ragazzo, a trinidad, si sentisse "tagliato fuori dalla storia": nessuno, intorno a lui, sapeva che chaguanas, la sua citta` d`origine, trae il nome dai nativi che colombo aveva chiamato "indiani" e che ora non esistono piu`; a nessuno interessava che l`isola fosse servita agli spagnoli solo come base per la corsa all`oro nella giungla sudamericana; e su quanto rimaneva delle piantagioni di canna da zucchero nessuno si interrogava. la storia era stata sostituita dai favoleggiamenti, che depuravano i fatti dalle loro scorie livide, e soffondeva di un`aura fantastica i tumultuosi eventi delle indie occidentali. ma alla fine degli anni sessanta, attraverso lo studio rigoroso dei documenti conservati al british museum, naipaul intraprende un viaggio che lo sprofonda "in un orrore al quale non era preparato": ma lo spinge anche a scrivere questa lucida, scabra cronaca, dove il fiabesco eldorado si tinge di barbarie e lascia affiorare schiavitu`, massacri e torture divenuti e rimasti per secoli agghiacciante normalita`. visitando sotto la sua guida i grandi momenti in cui trinidad e` stata "toccata dalla storia", vedremo cosi` gli europei "civilizzatori" in una sinistra quotidianita`, e l`epopea della conquista trasfigurarsi in catastrofe. e verificheremo che naipaul sa diagnosticare e curare una malattia tipicamente coloniale: la perdita della memoria.

nei mesi che precedettero il suo arresto e la deportazione ad auschwitz, ire`ne ne`mirovsky compose febbrilmente i primi due romanzi di una grande "sinfonia in cinque movimenti" che doveva narrare, quasi in presa diretta, il destino di una nazione, la francia, sotto l`occupazione nazista: "tempesta in giugno" (che racconta la fuga in massa dei parigini alla vigilia dell`arrivo dei tedeschi) e "dolce" (il cui nucleo centrale e` la passione, tanto piu` bruciante quanto piu` soffocata, che lega una "sposa di guerra" a un ufficiale tedesco). pubblicato a sessant`anni di distanza, suite francese e` il volume che li riunisce.

"la mia anima, come una nave nella burrasca, e` trascinata verso ignoti abissi": quando jean-luc daguerne scoprira` dentro di se` "quel desiderio di tenerezza, quel disperato bisogno di amore" che ha sempre negato e represso, sapra` anche che non riuscira` mai a soddisfarli. lui, che per tutta la vita non ha sognato altro se non di "afferrare il mondo a piene mani", soprattutto quello vicino al potere, e che per riuscirci ha messo incinta la figlia di un ricco banchiere, costringendo cosi` il padre a dargliela in moglie; lui, che ha accettato di essere umiliato, di mentire, di adulare, di fare il doppio gioco, che ha inaridito il proprio cuore perche` potesse affrontare senza fremere "un mondo di imbroglioni e di sgualdrine": ebbene, proprio lui si trovera` di fronte all`impossibilita` di farsi amare dall`unica creatura che abbia amato in vita sua, dall`unica donna nelle cui braccia abbia sentito riemergere in se`, fino a soffocarne, la sua fragilita` di bambino. allora non gli importera` piu` niente della sua carriera politica, ne` del successo tanto rabbiosamente cercato. e si chiedera` che senso abbia avuto tutto quel lottare ansimante per sottrarsi a un destino di miseria, per intrufolarsi negli ambienti giusti, per avere in mano le carte vincenti. alla fine, il patto faustiano si rivela una beffa, e il successo che, "da lontano, ha la bellezza del sogno, allorche` si trasferisce su un piano di realta` appare sordido e meschino".

tra i fili di arianna che si possono seguire per interpretare lo sviluppo del moderno, martin davis seleziona quell`entita` al tempo stesso astrusa e comunissima che e` il calcolo o computazione. astrusa perche` la teoria della calcolabilita` - in bilico tra matematica, ingegneria elettronica e filosofia non e` certo un soggetto facile. comunissima perche` chiunque usi un pc ha tra le mani, spesso senza saperlo, un "calcolatore universale" - l`epitome stessa della nozione di computazione. per ricostruire la genesi di questa idea davis prende le mosse da leibniz e compone, con affetto e rispetto, una galleria di personaggi-chiave che comprende boole, frege, cantor, hilbert, g?del e culmina in turing: alla sua macchina universale riconosce infatti, pur pagando il dovuto tributo a g?del, un ruolo centrale nei fenomeni di insolubilita`. grazie a turing il "sogno di leibniz" - l`invenzione di un calcolo simbolico con cui risolvere in maniera automatica ogni genere di problemi - si materializza in calcolatori non piu` in carne e ossa, ma in rame e silicio. resta tuttavia, quel sogno, solo in parte realizzato: se molti degli aspetti della mente razionale sono oggi riproducibili informaticamente, quelli che piu` caratterizzano l`essere umano - senso comune, emozioni, coscienza - resistono ancora alla realizzazione della visione di leibniz.

nel 1966, in procinto di lasciare la svizzera per manchester, sebald mette in valigia i libri di tre scrittori destinati a segnare per sempre la rotta dei suoi incessanti viaggi letterari. per questo, piu` di trent`anni dopo, sente di dover rendere a gottfried keller, johann peter hebel e robert walser un personale tributo, assecondando ancora una volta "quello strano disturbo del comportamento che costringe a trasformare tutti i sentimenti in parole scritte e che, pur mirando alla vita, riesce sempre con sorprendente precisione a mancare il centro". in realta`, nel seguire in queste "note marginali d`una certa ampiezza" le tracce dei suoi autori prediletti - cui negli anni si sono aggiunti rousseau e morike -, sebald indaga le derive compulsive della scrittura, che finiscono per rendere chi ne e` colpito il piu` inguaribile tra i "malati di pensiero". ne riconosciamo gli effetti sul filosofo francese il quale, pur ravvisando "nell`uomo pensante un animale degenerato", arriva a prendere appunti persino sulle carte da gioco; su walser, che conduce una silenziosa battaglia contro la folle grandiosita` del suo tempo e compone in una grafia sempre piu` minuta, ai limiti del visibile, i leggendari "microgrammi"; e cosi` su keller, hebel, mo`rike, la cui arte assomiglia al tentativo di esorcizzare, quasi fosse una maledizione, "il nero garbuglio che minaccia di prendere il sopravvento".

e il 1974 e il settantenne vadim vadimovic, scrittore incluso nella rosa dei candidati al nobel, ripercorre la propria vita con cruda sincerita`. nato a pietroburgo in una famiglia aristocratica, vive un`infanzia solitaria e infelice che e` all`origine di inquietanti turbe psichiche. quando scoppia la rivoluzione bolscevica fugge avventurosamente all`estero e ripara in inghilterra; piu` tardi, in francia, ha inizio la sua carriera di letterato, illustrata con esilaranti notazioni. arrogante e asociale, sbrigativo nei rapporti sentimentali, assillato dalla sensazione che la sua esistenza sia la parodia di quella di un altro, si sposa indotto solo da impulsi erotici, indulge a tradimenti con disinvolte fanciulle, prova torbide attrazioni per adolescenti impuberi, e mentre insegna svogliato in una detestabile universita` della provincia americana vede acuirsi i suoi disordini mentali. dovra` arrivare alle soglie della vecchiaia per incontrare la vera eroina del libro, una giovane donna il cui nome restera` segreto - perche` solo cosi` si preservano le cose preziose della vita. tutt` altro che segreta e` invece la vera identita` di vadim vadimovic n., il narratore, che subito si rivela una caricaturale rappresentazione del suo artefice: o meglio, del volgare fraintendimento della sua personalita` generato da certa critica, incline a descriverlo come autoreferenziale, ossessionato dai doppi, dai personaggi marionetta che adombrano la mano del burattinaio.

"e hashish... da` fuoco all`immaginazione": cosi` disse il poeta albert samain quando lesse le "vite immaginarie", ventitre` `percorsi di vita`, brucianti di rapidita`, dove incontriamo personaggi illustrissimi, come empedocle o paolo uccello o petronio, e gli ignoti destini di katherine, merlettaia nella parigi del quattrocento, o del maggiore stede bonnet, `pirata per capriccio`, o degli impeccabili assassini burke e hare - e tutti circondati dalle folle senza nome di mendicanti, criminali, prostitute, mercanti ed eretici che abitano la storia. e vano, come pure in borges, tentare di discriminare il vero e l`immaginato in queste superfici splendenti, perche` tutto vi e` visionario e segretamente unito in una sola catena, a dimostrare le parole di schwob secondo cui "la somiglianza" e` "il linguaggio intellettuale della differenza" e "la differenza... il linguaggio sensibile della somiglianza".

"chi meglio della signora ne`mirovsky, e con un`arma piu` affilata, ha saputo scrutare l`anima passionale della gioventu` del 1920, quel suo frenetico impulso a vivere, quel desiderio ardente e sensuale di bruciarsi nel piacere?" scrisse, all`uscita di questo libro, il critico pierre loewel. le giovani coppie che vediamo amoreggiare in una notte primaverile (la grande guerra e` finita da pochi mesi, e loro sono i fortunati, quelli che alla carneficina delle trincee sono riusciti a sopravvivere) hanno, apparentemente, un solo desiderio: godere, in una immediatezza senza domani, ignorando "il lato sordido" della vita, soffocando "la paura dell`ombra". eppure, quasi sulla soglia del romanzo, uno dei protagonisti si pone una domanda - "come avviene, nel matrimonio, il passaggio dall`amore all`amicizia? quando si smette di tormentarsi a vicenda e si comincia finalmente a volersi bene?" - che ne costituira` il filo conduttore. con mano ferma, e con uno sguardo ironicamente compassionevole, ire`ne ne`mirovsky accompagna i suoi giovani personaggi, attraverso le intermittenze e le devastazioni della passione, fino alla quieta, un po` ottusa sicurezza dell`amore coniugale.

"... siamo in un carcere, come in alcune tragedie greche, nei drammi da camera di strindberg e nella metamorfosi di kafka. carcere e` dovunque, anche sotto il cielo aperto: carcere e` soprattutto atene, dove i bambini greci muoiono di fame e le madri pregano perche` muoiano presto; e dove l`acropoli sembra un tetro fondale da teatro, costruito con la pietra nuda. carcere e` il mondo, da quel poco che possiamo intravedere. e se si scopre all`improvviso una crepa nel muro, `una porta appena socchiusa, un fievole raggio di sole sul pavimento`, possiamo essere certi che e` un`illusione: perche` la crepa e la porta socchiusa e il finto raggio di sole alzeranno mura sempre piu` alte, dalle quali nessuno potra` fuggire".

"tristi tropici" di claude le`vi-strauss raccontava esplorazioni e scoperte alla ricerca del `pensiero selvaggio` - fra le tribu` primitive e meste nel piu` profondo brasile. contrapposte ai beati lussi nelle ricche metropoli del dopoguerra, buenos aires e rio de janeiro, meta agognatissima per generazioni di emigranti nostrani: "dagli appennini e dalle alpi alle ande". i fasti argentini e brasiliani abbagliarono la povera italia affamata e distrutta, fino al trionfo nella tourne`e europea della `presidenta` evita peron, bella giovane e brava attrice, con una memorabile visita elegante e populista in vaticano, e sostanziosi doni a pio xii. ne derivo` poi il successo planetario del musical evita. frattanto, i libri di le`vi-strauss diventavano classici fondamentali nella voga strutturalista. si tradussero le opere di jorge luis borges, e anche lui venne a roma, al culmine della popolarita`. e poi, tutta un`ondata di eccellente narrativa latino-americana. ma l`economia di quei paesi ando` incontro a crisi gravissime; e le racconta appunto questo viaggio di rivisitazioni in argentina, brasile, uruguay, peru`. dove tuttavia non mancheranno sorprese.


il 15 gennaio del 1952, quando si siede alla scrivania di goldeneye, la sua villa in giamaica, ian fleming non ha idea di cosa scrivera`. parte dal nome del suo personaggio, rubato a un allora celebre ornitologo, e dal ricordo di una partita a carte al casino di lisbona, nel 1941. il primo james bond nasce cosi`, ed e` un romanzo molto diverso da come forse lo stesso fleming amava raccontarlo. le scene sono poche, non piu` di quattro, i veri personaggi anche meno. james bond impareremo a conoscerlo meglio, perche` qui e` ancora nei panni - eleganti, spiritosi, crudeli - di ian fleming. ma l`abominevole le chiffre, e il suo occhio quasi bianco, non li dimenticheremo, come difficile sara` scordare la bond girl forse piu` letale, la sublime vesper lynd. tutto dunque comincia da qui, dall`odore nauseante di un casino` alle tre del mattino. e la speranza e` che duri il piu` a lungo possibile.

a un narratore e` prudente non chiedere mai di raccontare la sua vera storia: quantomeno si innervosisce. la protagonista di questo romanzo non fa eccezione e, se potesse scegliere, continuerebbe a nascondersi come sempre dietro invenzioni, personaggi e "suoni corti, urgenti, che servono soprattutto a far capire agli altri se sto bene o se sto male". invece, per ragioni alimentari, accetta di tenere un seminario che, primo, ha per oggetto una disciplina neonata e vagamente grottesca, la "lettura creativa", e secondo, ha come destinatari gli uditori meno accomodanti: un gruppo di vecchi amici, riemersi da un passato non del tutto limpido. a questo piccolo pubblico, inaspettatamente, la scrittrice finira` per raccontarla davvero, la storia perturbante e per nulla gradevole che i suoi allievi credevano di voler ascoltare. il risultato e` una commedia amara e tagliente, in cui ogni battuta e ogni silenzio hanno un peso.

si puo` dire che questo libro segni il piu` importante sviluppo della psicologia analitica dopo la morte di jung. james hillman vi ha messo in questione l`analisi stessa con una radicalita` e una consequenzialita` che sconvolgono e scalzano ogni possibile routine delle varie scolastiche (junghiane non meno che freudiane). dopo che per decenni l`analisi ha preteso di sezionare il mito, qui per la prima volta ci si chiede: qual e` il mito che sta dietro all`analisi e la determina nel profondo?

obeso, la testa rasata e gli occhi saggi, don isidro parodi prepara, lento ed efficiente, il mate in un piccolo bricco celeste: e intanto invita la pittoresca schiera dei suoi clienti a esporgli con chiarezza i misteri che li affliggono e che lui invariabilmente risolvera` lasciandoli di stucco. enigmi labirintici e inestricabili, di fronte ai quali qualsiasi altro investigatore avrebbe l`accortezza di battere in ritirata: come il caso del talismano di giada trafugato dal tempio della fata del terribile risveglio nello yunnan e avventurosamente approdato a buenos aires, dove gli danno la caccia il mago tai an, la conturbante madame hsin, l`ebanista russo samuel nemirovsky e altri non meno improbabili personaggi. ma a questo punto e` forse il caso di precisare un dettaglio piuttosto rilevante: i colloqui fra l`imperturbabile e geniale detective e la sua variopinta clientela hanno luogo nella cella 273 del penitenziario nazionale, in calle las heras. in effetti don isidro, ex barbiere nel quartiere di sur, sta scontando ventun anni per l`assassinio di un macellaio, un certo agustin r. bonorino - assassinio che ovviamente non ha commesso. come se non bastasse, a raccontarci le sue fantasmagoriche e sedentarie avventure e` il dottor honorio bustos domecq, torrenziale poligrafo clamorosamente inesistente. a muoverne la penna e` infatti la beffarda, spumeggiante complicita` di due sodali efferatamente ironici, fautrice di parecchi e deplorevoli misfatti letterari, di cui non potremo piu` fare a meno.

quando accetta la proposta di blaise cendrars di scrivere un libro per la sua collana di biografie di avventurieri, e sceglie - in modo apparentemente incongruo per un comunista militante - di occuparsi del barone von ungern-sternberg, vladimir pozner non immagina certo che questa volta non gli bastera` consultare (come aveva fatto per tolstoj e` morto) una mole immensa di documenti, ma che gli tocchera` condurre un`ardua inchiesta, nel corso della quale imbocchera`, per poi abbandonarle, una quantita` di false piste e si imbattera` in testimoni piu` o meno inattendibili: dall`ex colonnello di ungern ridotto a fare il tassista alla coppia di decrepiti aristocratici parigini che hanno conosciuto il barone in fasce (e che di quel paffuto bebe` gli manderanno una foto), sino a "fratello vahindra", il sedicente monaco buddhista che spaccia per il figlio segreto dello stesso ungern il pallido adolescente dai tratti asiatici con il quale vive in una squallida mansarda... a poco a poco, pero`, il narratore riesce ad afferrare il suo eroe, e ce ne svela gli aspetti piu` inquietanti e contraddittori (nonche` ambiguamente seducenti): solitario, taciturno, imprevedibile, irascibile, sadico, paranoide, ferocemente antisemita, superstizioso, misogino, frugale, idealista, marziale, il barone ungern ha tendenze mistiche, si considera erede di gengis khan e si crede investito di una missione provvidenziale - quella di riconquistare l`occidente partendo dal cuore della mongolia.

non e` strano che patrick leigh fermor dicesse di tenere questo libro "vicinissimo al cuore". all`inizio degli anni trenta leigh fermor aveva infatti attraversato, diretto a costantinopoli, la transilvania, ricavandone la materia forse piu` calda per il suo grande libro di viaggi, tra i boschi e l`acqua. per william blacker, tuttavia, quella stessa regione dell`attuale romania sembra essere non la meta di un viaggio, quanto piuttosto uno stato della mente, o degli occhi. blacker la visita quasi per caso poco dopo la caduta del muro e, incantato da tutto cio` che vede, decide di stabilirsi nel suo distretto piu` remoto, il maramures, adeguandosi a uno stile di vita immutato da secoli. ma il demone dell`irrequietezza lo attrae presto piu` a sud, dove le montagne digradano nelle colline della terra dei sassoni. qui blacker trova un mondo completamente diverso, e assai piu` movimentato. i lindi e inappuntabili sassoni sono in gran parte emigrati in germania, e nelle loro case si e` insediato il popolo degli zingari, la cui capacita` di inventare storie, per poi impersonarle, colpisce almeno quanto l`incapacita` di districarsene. da qui in poi - da quando cioe` nella vita di blacker entrano natalia e marishka, due sorelle diversissime, e ugualmente indimenticabili quella che era cominciata come una serena elegia su un`europa scomparsa si trasforma in una rapsodia zigana: a volte languida, a volte scatenata, ma alla quale in ogni caso e` impossibile non abbandonarsi.

i quattordici racconti che compongono questa raccolta apparsa nel 1997, agli esordi della carriera di roberto bola?o, distillano gia` quelle che saranno le ossessioni ricorrenti della sua narrativa e i temi attorno a cui si addensano: la letteratura, la violenza - appena sussurrata o quanto mai tangibile -, l`amore e il sesso. il lettore vi incontrera` esistenze borderline, apolidi e insane, alla ricerca di un senso o che al senso hanno rinunciato, sballottate dal caso e da un`assurda quotidianita`, tra amori infelici, errori evitabili e solitudini. sono racconti aperti, imprevedibili, che non si esauriscono nella desolante constatazione dell`insensatezza della vita umana, ma giocano con il lettore, spingendolo a cogliere le citazioni occulte, le figure nascoste nella trama dell`ordito, a cercare di comprendere messaggi che risultano indecifrabili in primo luogo ai protagonisti stessi. come se al fondo di ciascuna di queste storie ci fosse un enigma che sa essere, al tempo stesso, ilare, inquietante e spaventoso.

l`essenza del potere e la struttura del nuovo spazio planetario in due dialoghi filosofici che sono vere e proprie pie`ce teatrali.

tommaso landolfi si specchia in cechov: due assolo nei registri dell`umorismo e della commozione.

"e una strana ragazza" dicono tutti di eileen: singolare incrocio anglo-siciliano, cresce taciturna e solitaria, "poco portata alle cose terrestri e piu` adatta a quelle del cielo e del mare". per la luna nutre infatti un attaccamento "intenso e appassionato"; e l`acqua e` il solo luogo dove si senta "veramente a suo agio". quando una giornalista inglese la convince ad attraversare la manica in solitaria, eileen accettera` la sfida.

la sapienza astrologica ha origini piu` antiche della stessa civilta` occidentale, e i nostri segni zodiacali sono per la maggior parte quelli ravvisati sulla volta del firmamento dai sacerdoti astronomi di babilonia. ricostruire la loro storia millenaria e` l`unica via per comprenderne il significato profondo. franz cumont riesce a condurre il lettore attraverso il fittissimo intreccio delle fonti originali con erudizione e finezza storiografica.

"vedi," dice la nonna alla nipote, immaginando di prenderla per mano e condurla attraverso vasti campi in cui vengono bruciate le stoppie "sono i falo` dell`autunno, che purificano la terra e la preparano per nuove sementi". ma the`re`se e` giovane, non ha la saggezza della nonna: ancora non sa che prima di poter ritrovare bernard, l`uomo che ama da sempre, a cui ha dedicato la vita intera, le tocchera` attraversare con pena e con fatica quei vasti campi, e subire le dolorose devastazioni provocate da quegli incendi. perche` bernard, l`adolescente intrepido, impaziente di dar prova del proprio coraggio, partito volontario nel 1914, e` tornato dalla guerra cinico e disincantato: quattro anni al fronte l`hanno trasformato in uno sciacallo, uno che non crede piu` a niente, che aspira solo a diventare ricco, molto ricco - e che per farlo si rotolera` nel fango della parigi cosmopolita del dopoguerra, in quella palude dove sguazza la canaglia dei politicanti, dei profittatori, degli speculatori. alla dolce, alla fedele e innamorata the`re`se, e ai figli che ha avuto da lei, preferira` sempre il letto della sua amante e lo scintillio dei salotti parigini. ci vorranno la fine delle grandiose illusioni della belle epoque, la rovina finanziaria, e poi un`altra guerra, la prigionia, la morte del primogenito, perche` bernard ritrovi la sua anima: la cenere degli anni perduti servira` a purificare il terreno per una vita diversa.

ci sono opere che hanno letteralmente cambiato il panorama della civilta`, e a questa categoria appartiene senza dubbio l`encyclope`die di diderot e d`alembert. con i ventotto volumi in folio della prima edizione e l`enorme varieta` delle sue 71.818 voci, accompagnate da 2885 tavole, segno` un rivolgimento radicale nel modo di concepire la cultura, presentandosi come la summa dell`illuminismo. ma fu - come subito apparve evidente - anche un`impresa economicamente assai redditizia, e in virtu` dello stesso motivo per cui il governo francese voleva sequestrarla: in odor di eresia, si vendeva perche` sfidava i valori tradizionali e le autorita` consolidate. alle speculazioni dei philosophes, ben presto, fecero quindi da prosaico controcanto le speculazioni di genere assai diverso dei vari editori dell`enciclope`die, che, mossi da un`avidita` senza limiti, rappresentarono la perfetta incarnazione di quella fase della storia economica che prende il nome di "capitalismo selvaggio". ricostruendo la biografia dell`encyclope`die, robert darnton racconta cosi` un`appassionante storia di spionaggio industriale ante litteram, e al tempo stesso compone un magistrale trattato in cui convergono storia del lavoro e dell`economia, storia delle idee e della cultura, e dove trovano risposta domande fondamentali: in che modo si propagarono nella societa` i grandi movimenti intellettuali? che peso ebbero sulla sostanza e sulla diffusione della letteratura la sua base materiale?

allo psichiatra otto von lambert hanno ammazzato la moglie nel deserto del marocco, presso le rovine di al-hakim: chi l`ha violentata lasciando poi che gli sciacalli ne dilaniassero le spoglie? autentico mostro, von lambert incarica la giornalista televisiva f. di volare a marrakech e ricostruire le tappe della scomparsa di tina e un delitto "di cui lui come medico era l`autore, mentre l`esecutore non rappresentava che un fattore casuale". si tratta di mettere in piedi una simulazione che consenta un`osservazione postuma e fittizia dei fatti: del resto, un occhio onnipresente e occulto ci scruta, e la realta` e` percepibile solo attraverso l`obiettivo glaciale di una telecamera o di un satellite. ma cio` in cui f. e la sua e`quipe si imbattono e` uno scenario apocalittico: missili confitti nelle sabbie del sahara, mezzi corazzati arenati come gigantesche testuggini, cadaveri di acciaio radioattivo, in un folle gioco di guerre simulate e abbandonate dopo i test. e via via che la temeraria indagine prosegue, f. si addentra in una storia piu` grande di lei, precipita nel gorgo di un intrigo internazionale e golpistico, si cala nei labirinti scavati nelle viscere della terra da apprendisti stregoni. con questo "giallo", che ha la densita` di un racconto filosofico, durrenmatt ci trascina in un universo alla merce` di occhi elettronici, dove il solo cui sia dato osservare tutto e tutti e` un indifferente dio nascosto.

una piccola citta`, la rochelle, immersa in una gelida pioggia autunnale; borghesi apparentemente insospettabili che giocano a bridge; una serie di strani delitti che viene improvvisamente a turbare la vita della citta`; e due personaggi (il cappellaio, agiato e rispettabile commerciante, e il "piccolo sarto" armeno con addosso il suo irrimediabile odore di aglio e di miseria) che si osservano in una comunicazione tragica e segreta: due sguardi consapevoli, due punti di vista contrapposti e complementari fino alla reciproca dipendenza, fino alla complicita`, si affrontano in una sorta di controcampo investigativo di altissima tensione drammatica.

una grande storia di amore e morte e della perversione dell`occhio clinico che la osserva. dall`interno di un tetro manicomio criminale vittoriano uno psichiatra comincia a esporre il caso clinico piu` perturbante della sua carriera: la passione tra stella raphael, moglie di un altro psichiatra, e edgar stark, artista detenuto per uxoricidio. alla fine del libro ci si trovera` a decidere se la "follia" che percorre il libro e` solo nell`amour fou vissuto dai protagonisti o anche nell`occhio clinico che ce lo racconta.

"non casta, non pia talvolta, sebbene devota e superstiziosa, apparira` la materia e la forma: ma il popolo e` questo; e questo io ricopio" avverte belli nell`introduzione ai suoi sonetti. e non si tratta di un eccesso di cautela: nei testi qui riuniti l`oltraggiosa, icastica violenza del romanesco belliano esplode, ad esempio, sino a ribattezzare con decine di sinonimi la "madre de le sante", che non e` affatto, come nell`inno manzoniano, la santa chiesa, ma l`organo sessuale femminile. e di questi triviali, e insieme lietamente giocosi, sinonimi - quelli che affiorano alle labbra di "nnoantri fijjacci de miggnotta" - l`ultimo e`, sara` un caso?, "ssepportura". nel "commedione" il motivo erotico, dell`impulso passionale, della gioia vitale, e` infatti strettamente connesso a quello della cupa malinconia, della consapevolezza dell`effimero, sicche` radunare e leggere insieme i versi amorosi e lugubri, sensuali e pensosi significa addestrarsi a una diversa percezione dell`intero corpus, rendersi conto, come nota gibellini, che "sotto la tinta brillante dell`erotismo scanzonato o l`oscenita` sguaiata sta il fondo scuro della meditazione, cosi` come sul drappo buio della morte appressante, et ultra, ancora giunge, per memoria del passato o immaginazione dell`eterno futuro, il cono di luce della mondanita`". eros e thanatos, carnevale e quaresima, sesso e fede convivono, dunque, sono facce della stessa abbagliante medaglia: come nel sorprendente "la bbella ggiuditta".

appassionato del pensiero di james hillman, il libraio antiquario paolo pampaloni ha costruito negli anni, per rendergli omaggio, una selezionatissima biblioteca sull`anima e sull`anima mundi: incunaboli, cinquecentine, preziosi commenti, da omero, pitagora, platone e l`intera letteratura neoplatonica del rinascimento sino alle prime edizioni di jung, kere`nyi, corbin. una tradizione millenaria, una trama variegata di miti, sogni e teorie, dove sempre si ritrova quel singolare splendore che sembra emanare da una segreta animazione delle cose. secondo plotino l`anima, dispiegandosi al mondo, si degrada e s`intorbida nell`oscuro caos delle passioni e dei desideri, ma per hillman qualche scintilla ancora ne trapela. e la collezione di paolo pampaloni cerca di restituire la continuita` di tutti i discorsi attorno a questa luce, cogliendo le tracce di un cosmo animato che parla ormai solo con voci lontane. la dettagliata schedatura bibliografica da` conto della presenza fisica dei libri sugli scaffali dell`antiquario, mentre al commento e` demandato il compito di ritessere una tela strappata, depositaria di una sapienza ancor oggi viva per chi non sia sordo a quelle voci e cieco alla misteriosa luce dell`anima mundi. con una nota di roberto calasso.

elegante ventiquattr`ore su ventiquattro e inaccessibile, laconico e gelidamente cortese, il protagonista di questo romanzo potrebbe sembrare una maschera - o un enigma. eppure e` un personaggio che affascina. forse per il suo raffinato distacco. forse per la casa minuscola e complicata in cui vive non lontano da parigi, affollata com`e` di miniature d`ogni sorta, statuette e ninnoli, carillon e giocattoli a molla. o forse perche` e` ravel, uno dei musicisti piu` celebri al mondo. jean echenoz rida` vita all`artista in un romanzo partecipe e nonchalant, indiavolato e audace come un brano jazz.

uno dei piu` brillanti fisici della nuova generazione delinea un nuovo, sorprendente approccio allo studio dell`universo, interamente fondato sulla caratteristica piu` ovvia e insieme enigmatica del tempo: il fatto di avere una direzione. ma il dilemma della freccia del tempo non inizia con telescopi giganteschi o potenti acceleratori di particelle. si presenta in cucina ogni volta che rompiamo un uovo in padella: possiamo trasformare l`uovo in una frittata, ma non la frittata in un uovo. eppure, nel bizzarro mondo quantistico, che soggiace agli stessi fenomeni, il tempo e` reversibile, e la catena degli eventi puo` essere percorsa a ritroso. la contraddizione insita in questa semplice, umile rottura di simmetria apre lo spiraglio per arrivare a comprendere i misteri del nostro universo - e di altri ancora. la freccia del tempo puntata risolutamente dal passato al futuro, spiega carroll, deve la sua esistenza a proprieta` dello spazio-tempo che precedono lo stesso big bang questione che non si poneva ai tempi di einstein. a conclusione di un`ampia esplorazione dei risultati e dei problemi della termodinamica, della relativita` e della meccanica quantistica, egli suggerisce dunque che il nostro universo faccia parte di un multiverso, una grande famiglia di mondi, in alcuni dei quali altri esseri umani sperimentano lo scorrere del tempo in direzione opposta, e una diminuzione dell`entropia - il che ci riconduce al grandioso paesaggio cosmico di susskind.

il sogno di ogni vero lettore, allorche`, terminato un romanzo, sente nascere in se` una nostalgia acuta per i personaggi che ha appena abbandonato, e` che prima o poi gli dicano: ecco un libro in cui ne ritroverai alcuni, di quei personaggi, e ti verranno narrate altre vicende che li riguardano. e anche se poi lo avvertiranno che non avra` un compito facile, perche` lo scrittore confonde continuamente le piste e perche` molti indizi lui, il lettore, dovra` andarseli a cercare da solo - ebbene, non esitera` ad accettare il rischio, e da vero lettore si tramutera` in vero poliziotto: colui che (come dice lo stesso autore) "cerca invano di mettere ordine in questo dannato romanzo". inoltrandosi dunque nella trama fittissima e imprevedibile di queste pagine, rincontrera` alcuni dei personaggi di 2666: del professor amalfitano scoprira` che e` approdato in messico dopo essere stato espulso dall`universita` di barcellona per omosessualita`, e conoscera` il nuovo amante, un irresistibile falsario di dipinti di larry rivers (mentre del suo ex amante, un poeta malato di aids, leggera` le impagabili lettere); ma ritrovera` anche rosa amalfitano, di cui sembra innamorarsi il poliziotto pedro negrete, incaricato di indagare sul professore insieme allo scherano pancho, erede di una dinastia di donne violate... nel frattempo, si lascera` sedurre da digressioni letterarie impertinenti, classifiche irriguardose, biografie fittizie, atmosfere inquietanti, sogni rivelatori.

ci sono prosatori che proprio nelle lettere raggiungono una sorta di perfezione assoluta: riuscendo, nel breve volgere di una frase, a toccare vertici di bellezza e di intensita`. che la campo sia uno di essi lo hanno dimostrato le "lettere a mita" e "caro bul": e ne e` una conferma questo terzo pannello dell`epistolario, che raccoglie le lettere scritte agli amici del periodo fiorentino (e ad alcuni altri che a questi si riallacciano). nel 1956 cristina e` costretta ad abbandonare firenze per roma; e gli anni romani saranno costantemente segnati dal ricordo struggente di quel giardino incantato che era la cerchia degli "amici d`infanzia": piero draghi, anna bonetti, giorgio orelli, mario luzi. a tutti loro scrive dal suo "esilio" parole di nostalgico affetto ("c`e` con voialtri, nell`aria, odore di latte"), ma il piu` rimpianto e` senza dubbio gianfranco draghi, quel gian che guarda ai suoi stessi "fari" (i piu` luminosi: hofmannsthal e simone weil), lo scrittore e il poeta di cui ammira sia la personalita` sia l`opera, l`amico che "conosce sempre, sottilmente, il disegno del tempo, e trova la parola magica da incidervi". a lui una cristina ancora dolente per una pena d`amore chiede di assicurarle "che la felicita` esiste", ma anche di impegnarsi a favore di danilo dolci; con lui parla di roma, che va scoprendo con meraviglia, delle sue letture, dei suoi momenti bui e dell`importanza della loro amicizia nella sua vita.

a un centinaio di chilometri dal confine italiano, nel vagone letto di prima classe di un treno diretto a firenze, z. - il grande, celebre pianista atteso in italia per un concerto - capisce che nulla sara` mai piu` come prima: che forse non rivedra` piu` e., la donna alla quale e` legato da un rapporto ambiguo e morboso, in un triangolo il cui terzo vertice e` un marito consapevole e benigno; che forse quella sera suonera` per l`ultima volta che tutto, insomma, sara` "diverso". ma diverso come? gli ci vorranno mesi per capirlo: quelli che trascorrera`, colpito da un rarissimo virus, in un ospedale di firenze.


con questo quinto volume si conclude l`edizione italiana dell`epistolario di friedrich nietzsche, e si puo` a buon diritto parlare di avvenimento editoriale. mai come in questo caso, infatti, i testi offerti al lettore si rivelano preziosi per sfatare i pregiudizi, tanto radicati quanto infondati, e le manipolazioni piu` o meno dolose di cui nietzsche e` sempre stato, ed e` tuttora, oggetto. ed e` impressionante notare, nelle lettere dell`ultimo periodo, come lo stesso filosofo sia consapevole del suo destino di pensatore frainteso: "... godo di una strana e quasi misteriosa considerazione da parte di tutti i partiti radicali (socialisti, nichilisti, antisemiti, cristiani ortodossi, wagneriani)". l`atto finale dell`epistolario si apre a nizza, citta` cosmopolita che nietzsche elegge a suo "quartiere d`inverno". sono i giorni in cui e` costretto a far stampare la quarta parte di "cosi` parlo` zarathustra" privatamente, perche` la ricerca di un nuovo editore si e` rivelata assai problematica. nietzsche oscilla tra un`amarezza che puo` tradursi in toni di sconforto e l`esaltazione per il "nuovo compito": quel pensiero dell`eterno ritorno che sente gravare su di lui "con il peso di cento quintali". intanto la germania gli si mostra sempre piu` lontana e ostile, climaticamente e culturalmente, e diventa pressoche` totale la solitudine, prostrante ma indispensabile per adempiere al proprio fatum...

nel 1941, subito dopo essersi affermato, il noir rivolse le sue armi contro se stesso - con questo libro, che alla ferocia del genere assomma quella, anche piu` implacabile, del me`lo. fino alla sua uscita, le dark lady di innumerevoli romanzi (e di altrettanti film) usavano la seduzione per condurre qualsiasi maschio capitasse loro a tiro a forme di distruzione spesso molto peggiori della morte. ma qui cain - che di quelle storie aveva gia` scritto uno degli archetipi piu` potenti e imitati, "il postino suona sempre due volte" - va molto oltre. con le sue letali sorelle mildred pierce ha in comune il carattere, la capacita` di andare dritta allo scopo - peraltro rispettabile, e cioe` raggiungere un qualche benessere nell`america della grande depressione - e un fondato scetticismo nei confronti del genere maschile. sul quale infatti trionfa, salendo uno alla volta tutti i gradini di un successo insperato, per una casalinga californiana malamente abbandonata dal marito. e in effetti niente sembrerebbe poter fermare l`ascesa di mildred: niente, se non la sua immagine rovesciata, sua figlia veda, la creatura forse piu` demoniaca di tutta la narrativa nera.

nei cinque libri autobiografici pubblicati da bernhard fra il 1975 e il 1982 ("l`origine", "la cantina", "il respiro", "il freddo", "un bambino"), e qui radunati per la prima volta, il lettore trovera`, di la` dalle vertiginose architetture linguistico-musicali dei romanzi, di la` dalle riflessioni filosonco-maniacali e dalle feroci tirate dell`implacabile "artista dell`iperbole", la narrazione cruda e immediata della sua vita - una narrazione che non risparmia nulla dei dettagli piu` urtanti ed eloquenti. come la rete che dondola, sospesa al soffitto di un barcone in un canale di rotterdam, dove piange il bambino messo al mondo dalla "madre nubile" in olanda per non dare scandalo nell`austria provinciale e bigotta. o come i terribili convitti frequentati in austria e nella "grande germania", con sadici e ottusi educatori prima in divisa nazista e poi in abito talare; o, infine, il fetido "trapassatoio", anticamera della morte nel sanatorio, fra tisici in attesa della bara di zinco: quella turba di pazienti intubati e perforati ogni giorno, quella comunita` della sputacchiera di cui bernhard diventa membro a pieno titolo. eppure, nonostante tutto, quel diciottenne dalla volonta` caparbia decide di resistere e vivere, tenendo testa - con implacabile dizione - alla malattia del corpo e dello spirito.

per quanto grandi siano le speranze e le supposizioni umane," scrive severino sulla soglia di questo suo nuovo libro "esse si accontentano di poco, rispetto a cio` da cui l`uomo e` atteso dopo la morte e a cui e` necessario che egli pervenga". nel proseguire, con ammirevole rigore speculativo, quel temerario percorso filosofico che da "destino della necessita`", attraverso "la gloria", e` approdato a "oltrepassare", severino procede qui "risolvendo un problema decisivo, lasciato ancora aperto": se "la terra isolata dal destino e` oltrepassata dalla terra che salva e dalla gloria", nondimeno su "`questa nostra vita` - si potrebbe dire - incombe la morte, e continuamente vi irrompe". sorge quindi un interrogativo ineludibile: "l`attesa della terra che salva continua anche dopo la morte (e che cosa appare in questo prolungarsi dell`attesa? sonno, sogni, incubi?), oppure con la morte ha compimento anche l`attesa?". nell`architettura del grandioso edificio teoretico che il filosofo e` andato solitariamente costruendo nel corso degli anni, "la morte e la terra" appare dunque un vertice dal quale lo sguardo si spinge oltre ogni confine, giacche` severino non teme di consegnare risposte definitive: "avvicinarsi alla morte e` avvicinarsi all`immenso della terra che salva della gioia".

quale fu veramente il peccato di adamo? per secoli (molto prima, e dopo, che il libertino olandese beverland la fissasse, alla fine del seicento, in una "forma acida, sacrilega, canzonatoria"), un`ipotesi "scandalosa" ha attraversato, in modo esplicito o sotterraneo, le controversie di teologi, rabbini, alchimisti, cabalisti, filosofi, senza dimenticare poeti e pittori, nonche` "la folla confusa degli umili e dei pii": che quel peccato consistesse nella conoscenza carnale di eva. con conseguenze vastissime su quelli che furono e sono i nostri "dolenti e ansiosi interrogativi sulla natura del male": nel caso si accolga tale ipotesi, infatti, e` lo stesso piacere fisico a diventare "la radice prima" di ogni iniquita`, e tutti noi, figli di adamo, meritiamo di essere dannali in quanto "intimamente, essenzialmente contagiati" da quel peccato. da filone giudeo ai romantici tedeschi, da san tommaso a paracelso, dai catari alle "torturate alchimie della carne e dello spirito" di baudelaire, antonello gerbi ripercorre la storia delle "infinite diatribe" (e delle "idiozie, le sudicerie e i tormentati arzigogoli") che quei pochi versetti hanno generato, con una capacita` di fare storia delle idee che in italia e` stata sua e di pochi altri: ne risulta un libro al tempo stesso brillante e documentato, caustico ed erudito, spiritoso e profondo, che appassiona e induce a riflettere.

Gli adelphi

"migrazioni", epos possente dove si mescolano i destini di alcuni singoli e quelli di un intero popolo - i serbi che nel settecento abitano la terra della vojvodina, al confine tra l`impero austroungarico e quello ottomano -, e` dominato da un senso di smarrimento e di sradicamento, dalla nostalgia di ogni patria perduta e dal sogno di ogni terra promessa, nonche` dalla percezione di un fluire perenne, cieco e rabbioso, di correnti sotterranee che bagnano le radici della storia.

a una cena ufficiale, circostanza che generalmente non si presta a un disinvolto scambio di idee, la regina d`inghilterra chiede al presidente francese se ha mai letto jean genet. ora, se il personaggio pubblico noto per avere emesso, nella sua carriera, il minor numero di parole arrischia una domanda del genere, qualcosa deve essere successo. qualcosa in effetti e` successo, qualcosa di semplice, ma dalle conseguenze incalcolabili: per un puro accidente, la sovrana ha scoperto la lettura di quegli oggetti strani che sono i libri, non puo` piu` farne a meno e cerca di trasmettere il virus a chiunque incontri sul suo cammino. con quali effetti sul suo entourage, sui suoi sudditi, sui servizi di security e soprattutto sui suoi lettori lo scoprira` solo chi arrivera` all`ultima pagina, anzi all`ultima riga.

hemingway era "un pezzo di cielo, e una fitta di sole" scriveva anna maria ortese nel luglio del 1961 commentando, commossa, l`improvvisa scomparsa di colui che le sembrava appartenere ad anni "non ancora macchiati da carneficine o tumefatti in ghiacci spaventosi" e a una generazione di padri-leoni dalla "santita` animale", estranei a una intelligenza "che oggi ha scarnificato l`uomo": con le sue opere, infatti, hemingway proclamava l`esistenza del tutto di cui l`uomo e` parte, e attraverso i suoi occhi ragionava tranquilla e maestosa la natura. non v`e` dubbio: chi cercasse in questi scritti che coprono oltre cinquantanni di attivita` giornalistica (dal 1939 al 1994) accorte recensioni, sagaci squarci di storia letteraria, dotte e politiche riflessioni sul romanzo sarebbe del tutto fuori strada. il metodo di lettura di una uncommon reader come la ortese ha a che vedere anzitutto con quella "doppia vista" di cui andava dolorosamente fiera e che, quando discorre di leopardi o di anna frank, di cechov o della morante, di saffo o di thomas mann, le consente di mettere subito a fuoco, con temeraria sicurezza, la loro profonda necessita` in rapporto al compito della vera letteratura: che dev`essere, sempre, "un`autentica voce, un richiamo, un grido che turbi, una parola che rompa la nebbia in cui dormono le coscienze, il lampo di un giorno nuovo". compito radicale, nobile, impervio - incidere sull`ordine delle cose -, al quale corrisponde un linguaggio lontano anni luce dalla critica letteraria.

due storie narrate a capitoli alterni e che mai s`intersecano: quella dei due amanti che fuggono dalla societa` per chiudersi nel loro rapporto esclusivo e che nel tentativo d`interrompere una gravidanza finiscono con l`autodistruggersi; e quella del detenuto che durante la grande inondazione del mississippi viene mandato in cerca di una partoriente aggrappata a un albero semisommerso, la trova, fa nascere il bambino, porta entrambi in salvo e poi, invece di darsi alla fuga, rientra nella monastica societa` del penitenziario. estraneo a qualsiasi genere conosciuto, le "palme selvagge" non ha mai cessato di suscitare interrogativi. si tratta di due racconti autonomi, intercalati per una qualche audace trovata? di due racconti sotterraneamente legati? o di un romanzo, ancorche` anomalo? interrogativi ai quali ha fornito una risposta definitiva kundera: "la "sonata" opera 111 [di beethoven] mi fa pensare a "palme selvagge" di faulkner, in cui si alternano un racconto d` amore e la storia di un evaso, due soggetti che non hanno nulla in comune, non un personaggio, e neanche una qualunque percettibile affinita` di motivi o di temi: una composizione che non puo` servire da modello a nessun altro romanziere, che puo` esistere una volta e basta, che e` arbitraria, non raccomandabile, ingiustificabile - ed e` ingiustificabile perche` dietro di essa si avverte un "es mu? sein" che rende superflua ogni giustificazione".

gli omicidi e la solitudine di un tiratore scelto dell`esercito americano, e le giornate iperreali dei piloti che da un hangar vicino a las vegas guidano i droni sui loro bersagli nelle montagne afghane. due volti gelidi e feroci di una guerra futura che si combatte gia`.

fin dalle primissime battute di questa commedia appare chiaro perche` roman polanski abbia deciso di portarla sullo schermo - e perche` attori come isabelle huppert, ralph fiennes e james gandolfini abbiano voluto interpretarla a teatro. nel lindo, assennato salotto borghese in cui due coppie di genitori si incontrano per cercare di risolvere, da persone adulte e civili quali essi ritengono di essere, una questione in fondo di poco conto (una lite scoppiata ai giardinetti tra i rispettivi figli), vediamo sgretolarsi a poco a poco le maschere di benevolenza, tolleranza, buona creanza, e di correttezza politica, apertura mentale, dirittura morale; e sotto quelle maschere apparire il ghigno del nume efferato e oscuro che ci governa sin dalla notte dei tempi: il dio del massacro, appunto. con uno humour e cinismo (e senza mai assumere il tono del moralista), in una lingua volutamente media, che sfodera tutto il suo micidiale potere, yasmina reza costruisce uno psicodramma, porgendo allo spettatore (e al lettore) uno specchio deformante nel quale scoprira`, non senza un acido imbarazzo, qualcosa che lo riguarda molto da vicino.


lo scenario e` uno dei piu` "contrastati" e smaglianti dell`alta asia, la storia quella di temujin, meglio noto come gengis khan. una storia che rene` grousset ricostruisce risalendo alle sue remote scaturigini mitiche - l`accoppiamento tra il lupo grigio-blu e la cerbiatta selvatica, capostipiti di quella che diventera` la "razza di ferro" dei mongoli - e racconta con ritmo serrato, senza per questo tralasciare alcun dettaglio rivelatore. assistiamo cosi` alle vicende dell`avo di temujin, qutula, sorta di eracle mongolo la cui voce rimbomba "come il tuono nelle gole delle montagne", e del padre, yesugei il coraggioso, gia` in lotta con quella corte cinese che tratta i nemici con crudelta` esemplare, impalandoli o bollendoli in giganteschi pentoloni. poi alla nascita e alla crescita di un bambino "dagli occhi di fuoco", "il viso acceso da un bagliore misterioso", che non esita a sbarazzarsi del giovane fratellastro prima di unirsi alla bellissima moglie borte, "consigliera avveduta e autorevole". poi ancora alla lunga teoria di scontri vittoriosi contro i merkit e i principi mongoli avversari, fino alla conquista dell`egemonia indiscussa attraverso la "battaglia della tempesta" (contro l`intrigante fratello di sangue djamuqa) e quella "dei settanta mantelli di feltro" (contro le ultime resistenze tatare). e infine all`espansione di un regno quasi senza limiti, esteso fino al palazzo imperiale di pechino e alla via della seta.

"chi vuoi immergersi in un mondo in apparenza effervescente e animato da sceniche ironie, che ci proietta dietro le quinte di quell`america della depressione a cui il cinema ha dato tante versioni, mettendo in passerella vivaci donnine del palcoscenico e gangster truci, legga questo libro di memorie in cui si sbizzarrisce il talento di gypsy rose lee: la leggendaria spogliarellista gypsy... gypsy ci e` presentata con la spregiudicatezza della mitica mae west, sbrigativa come bette davis. il suo destino consiste nell`attraversare, come un turbine, le sordidezze e le effimere estasi del mondo dello spettacolo americano, sempre riscattandosi con uno humour che rimanda ai fratelli marx." (alberto bevilacqua)

immaginate di essere un ragazzino di undici anni nell`america degli anni venti. immaginate che vostro padre vi dica che, in caso di sua morte, vi capitera` la peggiore delle disgrazie possibili, essere affidati a una zia che non conoscete. immaginate che vostro padre - quel ricco, freddo bacchettone poco dopo effettivamente muoia, nella sauna del suo club. immaginate di venire spediti a new york, di suonare all`indirizzo che la vostra balia ha con se`, e di trovarvi di fronte una gran dama leggermente equivoca, e soprattutto giapponese. ancora, immaginate che la gran dama vi dica "ma patrick, caro, sono tua zia mame!", e di scoprire cosi` che il vostro tutore e` una donna che cambia scene e costumi della sua vita a seconda delle mode, che regolarmente anticipa. a quel punto avete solo due scelte, o fuggire in cerca di tutori piu` accettabili, o affidarvi al personaggio piu` eccentrico, vitale e indimenticabile e attraversare insieme a lei l`america dei tre decenni successivi in un foxtrot ilare e turbinoso di feste, amori, avventure, colpi di fortuna, cadute in disgrazia che non da` respiro - o da` solo il tempo, alla fine di ogni capitolo, di saltare virtualmente al collo di zia mame e ringraziarla per il divertimento.

"e l`estate piu` bella della mia vita, e anche se vivessi cent`anni, queste per me rimarranno la primavera e l`estate piu` belle. di pace non se ne vede ancora granche`, dicono tutti. ma per me e` pace, pace!". cosi` scrive una ingeborg bachmann diciottenne, alla capitolazione del terzo reich, nel suo diario del 1945, fortunatamente salvato dall`oblio. un diario di stupefacente intensita`, che testimonia la profonda ripugnanza etico-estetica nei confronti del nazismo, l`euforia per la caduta della tirannide. e che racconta un grande amore, di cui ci rendono partecipi anche le lettere che al monologo della bachmann fanno qui da contrappunto, scritte dal misterioso jack hamesh, giovane soldato britannico ma in realta` ebreo viennese, fuggito nel 1938 in inghilterra e tornato nell`ex patria da liberatore. lui le bacia la mano, lei corre ad arrampicarsi in cima a un melo e decide di non lavarsela mai piu`. poi ci saranno gli incontri assidui, l`amicizia impetuosa, le conversazioni sugli scrittori amati da entrambi - mann, zweig, hofmannsthal -, le attese, la lontananza, i lunghi silenzi. e le lettere appassionate e dolenti di jack che dall`eta` di diciotto anni vaga per il mondo, e solo nella divisa di un esercito straniero ha trovato, fugacemente, un simulacro d`identita` - a colei che lo ha lasciato andare via, che non ha voluto chiedergli di restarle accanto. che cosa gli e` rimasto di quel breve ritorno a casa, di quella ragazza affascinante? a noi, di certo, molto...

"l`idea dei tre, di vivere in comune per mandare avanti un progetto di studi filosofici, diventa a un certo punto un grandioso pettegolezzo collettivo. madri e sorelle, amici e conoscenti si rilanciano attraverso un`europa ancora sonnacchiosa e vittoriana la grande questione: nietzsche e` forse impazzito? tra equivoci da vaudeville, viaggi a bayreuth per sentire il parsifal, incontri e incomprensioni tra roma, lucerna e lipsia, la storia si ingarbuglia. sia nietzsche che re`e si innamorano della "giovane russa"... tre anni dopo, a torino, nietzsche si buttera` al collo di un cavallo picchiato dal padrone chiamandolo fratello. prima che impazzisse lou von salome` aveva detto del suo pensiero: "sembra quasi che, dalla segreta oscurita` del manicomio, il suo spirito si affacci ancora con un`opera - sia pure una gigantesca smorfia". ed e` giusto dentro quella gigantesca smorfia che questo romanzo epistolare ci sprofonda: tra immoralisti sublimi e un po` ridicoli, mamme gelose e filosofi egoisti, proposte di concubinaggio e romanzi metafisici, ben dentro un pensiero segreto e inesauribile, in una ferita che puo` ancora non far dormire la notte: "l`amore e` sempre al di la` del bene e del male"."

nell`era digitale il libro resistera`, andra` in crisi o addirittura rinascera` a nuova vita? google books rappresenta una minaccia per il mercato, un`opportunita` per la democratizzazione della conoscenza, o un`incognita per entrambi? internet sara` la nuova biblioteca di alessandria o un`incarnazione alienante e distopica della biblioteca di babele? nessuno meglio di robert darnton, insigne storico del libro e direttore di uno dei piu` importanti sistemi bibliotecari d`america, a harvard, poteva affrontare simili interrogativi. chi tuttavia si aspetta l`ennesima, retriva difesa del libro tradizionale rischia di rimanere deluso: bibliofilo nel senso piu` puro del termine, ma per nulla intimorito dalle sfide dell`innovazione, darnton e` convinto che il matrimonio fra libri e tecnologia possa essere felice. e per convincere anche noi innesca una serie di illuminanti cortocircuiti fra passato e futuro: spiega i rischi dell`euforia digitale leggendo un best seller fantascientifico del 1771; il funzionamento delle nostre scelte di lettura analizzando i commonplace books d`epoca stuart; i meccanismi della produzione libraria pedinando un contrabbandiere settecentesco lungo l`itinerario neuchatel-marsiglia-montpellier. e racconta piccole e grandi verita`, spesso scomode, sul mondo del libro: scopriamo cosi` che le biblioteche di tutto il mondo distruggono moltissimi volumi per (presunta) mancanza di spazio, che la pirateria editoriale e` vecchia quanto l`invenzione di gutenberg.

"lontano dal pianeta silenzioso" racconta l`avventura di elwin ransom, professore di filologia in vacanza, che due scienziati rapiscono per un loro losco disegno e trasportano sul pianeta malacandra. sfuggito ai rapitori il giorno stesso dello sbarco, solo in un mondo dalle tinte di acquerello, dove le foreste sono labirinti di fragili steli violetti alti dodici metri, ransom incontra hyoi, del popolo dei hrossa, agricoltori e poeti dal nero corpo lucente, e gli altri abitanti del pianeta: gli altissimi e sapientissimi sorn e i pfifltriggi simili a ranocchi, maestri di tutte le arti della pietra e del metallo. scoprendo, con il loro aiuto, i segreti del pianeta malacandra, ransom scoprira` anche il segreto della terra, il "pianeta silenzioso" che da millenni ha cessato di conversare con gli altri mondi.

agguerrito esploratore di "un territorio oscuro e sconosciuto di cio` che egli chiama menterama" (martin gardner) rudy rucker si dedica in questo libro a un tema che ha sempre affascinato "chiunque abbia un minimo di interesse per la matematica e per la fantasia": le dimensioni che si aprono al di la` delle tre che siamo convinti di conoscere, a partire dalla quarta (il tempo?) sino alle infinite dello spazio hilbertiano. rucker riesce in questa impresa coniugando le divergenti virtu` del narratore e dello scienziato rigoroso. pur di rendere evidenti i piu` ardui problemi, l`autore e` anche ricorso ad appositi stratagemmi: cosi` il libro e` accompagnato da disegni e problemi, dei quali vengono offerte alla fine anche le soluzioni.

"la grande novita` di questo romanzo, il cui titolo rappresentava gia` di per se` una sfida, era il fatto che nelle sue pagine si diceva: ho paura". cosi` scriveva l`autore presentando, a vent`anni di distanza dalla sua uscita, una nuova edizione dell`opera "infamante" che nel 1939, alla vigilia di un`altra guerra, era stata pudicamente ritirata dalle librerie. eppure, se "la paura" e` un libro unico, diverso da tutti quelli pubblicati a caldo per denunciare la barbarie della prima guerra mondiale, non e` solo a causa dell`insolenza con cui da` voce a cio` che a detta di molti andrebbe taciuto: lo e` anche, e soprattutto, per la forza visionaria della scrittura. fin dalle prime pagine, infatti, si resta sbalorditi di fronte all`efficacia di chevallier, il quale (accompagnando il suo alter ego dal tragicomico "carnevale" dell`arruolamento all`impatto con i campi di battaglia, dal lungo ricovero in ospedale al ritorno al fronte, fino al lugubre silenzio che sembra avvolgere la terra intera dopo il "cessate il fuoco!") sa coniugare con mano saldissima la verita` impietosa della testimonianza con la forza affabulatrice del romanzo. e riesce a farci percepire, quasi fisicamente, l`orrore, lo sgomento e la disperazione; a farci vedere l`"esplosione di luce irreale" dei razzi, i cadaveri dilaniati, il "labirinto silenzioso e desolato delle trincee"; a farci condividere la cocciuta voglia di vivere e l`ossessiva paura di morire di tutti.

"questo libro cantera` sul vostro scaffale. e troppo soffocato d`amore per suscitare invidia, troppo umile per gli encomi, e tuttavia e` cosi` impressionante da non poter eludere lo stupore". cosi` derek walcott saluto` "in fondo al fiume" - primo libro di jamaica kincaid -, che radunava i racconti poetici gia` accolti dai lettori del "new yorker" come rari gioielli letterari: a scorci di una natura lussureggiante che suscita inquietudini profonde si alternano i ricordi di un`infanzia caribica fatta di scoperte minute e preziose, di dolenti rapporti familiari dominati da una madre che tutto dona e poi tutto nega - "mi cinse con le braccia, stringendomi sempre piu` la testa al petto, finche` non soffocai" -, e che verra` magistralmente celebrata nella torrida e furente autobiografia di mia madre. nulla e` come sembra, in questo libro breve ma inesauribile: e quando i paesaggi si accendono di colori violenti e` per meglio accogliere nell`ombra i sentimenti piu` riposti di una creatura ancora "primitiva e senza ali". la voce della giovane kincaid ("il mio nome mi riempie la bocca") e` schietta, capricciosa e ingannevolmente semplice, e vi risuonano i ritmi laceranti di quella prosa visionaria e incantatoria che sara` soltanto sua.

"e una situazione fra le piu` classiche. lei decide di tradire il marito con un uomo che giudica affascinante. la tresca funziona fino al giorno in cui i due clandestini hanno la sensazione che il marito tradito abbia scoperto tutto. e un guaio. anche perche`, messa alle strette, l`adultera confessa. che fare? si dovra` procedere alla separazione e al divorzio. sconvolta e piangente, lei si reca dall`amante. gli dice d`aver confessato: vuole separarsi e andare a vivere con lui. grande e` la sorpresa, a quel punto. infatti, l`amante non ha intenzione di lasciare la moglie e mettersi con lei. pensiamo tutto questo ambientato nella colonia inglese di hong kong alla meta` degli anni venti e affidato alla penna superprofessionale di w. somerset maugham. sarebbe uno dei suoi romanzi caustici, mondani, un po` cattivi. ma maugham, influenzato dalla lettura dell`episodio dantesco di pia de` tolomei, pensa di aggiungervi qualcosa in piu`." (giorgio montefoschi)

alla fine degli anni cinquanta, un giovane italiano di buone letture e nessun pregiudizio passa una stagione a harvard e un`altra a broadway. dunque, corsi e lezioni e incontri importanti nella prestigiosa universita`: h. kissinger, a. schlesinger, j.k. galbraith, d. riesman, j. burnham... poco dopo, nella capitale dello spettacolo, sensazionali musicals e commedie con leggendari mostri sacri tuttora in scena: ethel merman, mary martin, charles boyer, claudette colbert, paul newman, geraldine page, lauren bacali, elizabeth taylor, fra tennessee williams, jerome robbins, gene kelly, bob fosse, gypsy, redhead, west side story... intanto, letture e conversazioni coi protagonisti della letteratura: da edmund wilson e saul bellow e mary mccarthy a truman capote e jack kerouac... incubi e tormentoni metropolitani. nuovi perbenismi nei "suburbia". gli scapestrati "sabati del village". negli anni sessanta, su e giu` per la california, lungo la fantastica 101. soggiorni e scoperte fra san francisco e los angeles, stanford e berkeley e hollywood. panorami e vedute. i primi movimenti dei "figli dei fiori" e le "contestazioni" poi passate piu` violente in europa. quindi, "off-off". affermazioni vigorose ed effimere delle tendenze e strutture alternative, soprattutto nel cinema e nel teatro controcorrente. mentre lo spettacolo piu` convenzionale si "abbassa" a livelli sempre piu` infantili e turistici. visite naturalistiche a vari luoghi mitici, frattanto: new orleans, new mexico, taos, key west, cape cod, fire island...

e noto che il pensiero indiano fece irruzione sulla scena filosofica europea grazie all`entusiasmo suscitato in schopenhauer dalla lettura della prima traduzione occidentale delle upanisad ad opera di anquetil-duperron, uscita nei primissimi anni dell`ottocento. meno noto e` che per la sua versione latina anquetil-duperron si era basato su una traduzione persiana, realizzata nel 1657 e patrocinata dal principe moghul muhammad dara` siko`h (1615-1659). la dinastia musulmana dei moghul, che regno` sull`india a partire dal 1526, aveva gia` mostrato grande apertura e interesse per il sapere indiano, in particolar modo durante il regno dell`imperatore akbar, ma il suo pronipote, dara sikoh, si spinse ben piu` in la`. affiliato alla confraternita sufi della qadiriyya e seguace delle dottrine del grande mistico musulmano ibn `arabi, attraverso l`assidua frequentazione di yogin e sapienti indu` giunse alla conclusione che rispetto al sufismo non vi era "differenza alcuna, fuorche` divergenze lessicali, nel loro modo di percepire e comprendere il vero". a sostegno di tale tesi nel 1655 scrisse "la congiunzione dei due oceani", in cui si sforzo` di mostrare la puntuale corrispondenza fra i princi`pi della tradizione spirituale indu` e quella musulmana. posizione tanto audace quanto pericolosa: pochi anni dopo, quando il fratello aurangzeb si impadroni` del trono e pose fine alla lunga tradizione di tolleranza religiosa dei sovrani moghul, l`illuminato sincretismo di questo libro gli costo` la testa.

richler nei suoi panni piu` irascibili, quelli di piazzista di se stesso; nel ricordo di suo figlio durante una visita sul set della "versione di barney"; e al centro del tornado scatenato dieci anni fa, e che a intervalli regolari si riaccende. un omaggio al ragazzo irresistibile che gli italiani continuano a considerare uno di loro.

refrattario alla retorica e ai vezzi di molta accademia, solmi non fu critico d`arte istituzionale ma, amico e sodale di pittori e scultori, pote` seguirne passo dopo passo i percorsi, affascinato dalla creativita` unica e irripetibile del vero artista: "... vane sono formule e programmi, vano persino l`altissimo esempio degli antichi quando difetti, nell`artista, il vivo sentimento, sempre eretico e individuale, della vita vivente che nell`arte cerca la sua forma". senza mai cedere alla semplicistica tentazione di "incasellare nomi ed opere sotto le bandiere degli astratti "programmi", "correnti" e "tendenze", e in un`epoca senza centri come il novecento, in cui "il vero artista e`, in ogni senso, solo", solmi riesce nondimeno a tracciare un panorama tanto composito quanto coerente, scoprendo gli occulti reticoli che connettono fenomeni all`apparenza distanti. dagli scritti raccolti in questo volume nasce cosi`, inattesa, una vera e propria storia dell`arte italiana della prima meta` del secolo scorso (non senza uno sguardo prensile anche a cio` che succedeva oltre confine e al passato). arte che solmi osserva con lo stesso magistrale discernimento che ha sempre fatto valere nella critica letteraria, intuendo spesso il genio e l`originalita` di molti artisti - da carra` a de pisis, da de chirico a sironi, da modigliani a morandi a casorati - ben prima della loro piena affermazione pubblica. con una nota di antonello negri.

"il vino della solitudine" e` il piu` autobiografico e il piu` personale dei romanzi di irene ne`mirovsky: la quale, pochi giorni prima di essere arrestata, stilando l`elenco delle sue opere sul retro del quaderno di "suite francese", accanto a questo titolo scriveva: "di irene ne`mirovsky per irene ne`mirovsky". non sara` difficile, in effetti, riconoscere nella piccola he`le`ne, che siede a tavola dritta e composta per evitare gli aspri rimproveri della madre, la stessa irene; e nella bella donna che a cena sfoglia le riviste di moda appena arrivate da parigi in quella noiosa cittadina dell`impero russo - e trascura una figlia poco amata per il giovane cugino, oggetto invece di una furente passione - quella fanny ne`mirovsky che ha fatto dell`infanzia di irene un deserto senza amore. he`le`ne detesta la madre con tutte le sue forze, al punto da sostituirne il nome, nelle preghiere serali, con quello dell`amata istitutrice, "con una vaga speranza omicida". verra` un giorno, pero`, in cui la madre comincera` a invecchiare, e he`le`ne avra` diciott`anni: accadra` a parigi, dove la famiglia si e` stabilita dopo la guerra e la rivoluzione di ottobre e la fuga attraverso le vaste pianure gelate della russia e della finlandia, durante la quale l`adolescente ha avuto per la prima volta "la consapevolezza del suo potere di donna". allora sembrera` giunto alfine per lei il momento della vendetta. ma he`le`ne non e` sua madre - e forse scegliera` una strada diversa: quella di una solitudine "aspra e inebriante".