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siamo a vienna, agli inizi della seconda guerra mondiale. johannes e` un ragazzo timido e introverso, sedotto dal fascino di hitler, e che essendo stato sfigurato in volto da un`esplosione ha deciso di vivere recluso in casa dei suoi genitori. ma i suoi, che non condividono la sua fede politica, a sua insaputa stanno dando rifugio a elsa, un`ebrea giovane e graziosa. e quando johannes la scopre, se ne innamora. elsa non ricambia, ma grata di ogni contatto umano instaura con lui un rapporto di mutua dipendenza. johannes si prende cura di lei, per anni, e quando i suoi genitori scompaiono, a ciascuno dei due ragazzi non rimane che l`altro. a quel punto johannes decide di non dire a elsa che la guerra e` finita, sapendo che nulla la tratterrebbe.

erolzheim, alta svevia. e il 1942. dopo la morte del padre con cui si chiude "prima di tutti i secoli", primo volume dell`autobiografia, un johannes ormai tredicenne affronta le conseguenze della guerra. con una voce che si fa piu` "adulta" rispetto a quella della sua "storia di un`infanzia", ma che rimane immediata e decisamente "esilarante", johannes hosle ci presenta la germania degli anni quaranta in un affresco che il punto di vista interno rende, per il lettore italiano, affascinante.

"risvegli" e` il racconto sconvolgente di come alcuni pazienti vennero risvegliati, mediante un farmaco somministrato da sacks stesso, dopo quarant`anni di sonno.

questo volume si presenta come una ricostruzione globale di un secolo, l`ottocento, colto nello specchio di una citta` come parigi, e indagato nei suoi elementi apparentemente marginali, quali la moda, il gioco, il collezionismo, la merce, la prostituzione, la figura del flaneur, i passages. ma il volume e` anche la rappresentazione di un sogno di cui la cultura europea ha dovuto destarsi: un risveglio che e` poi la crisi dello storicismo e delle ideologie ottocentesche, che approda in queste pagine alla sua forma piu` risolutiva e radicale.

"la grande novita` di questo romanzo, il cui titolo rappresentava gia` di per se` una sfida, era il fatto che nelle sue pagine si diceva: ho paura". cosi` scriveva l`autore presentando, a vent`anni di distanza dalla sua uscita, una nuova edizione dell`opera "infamante" che nel 1939, alla vigilia di un`altra guerra, era stata pudicamente ritirata dalle librerie. eppure, se "la paura" e` un libro unico, diverso da tutti quelli pubblicati a caldo per denunciare la barbarie della prima guerra mondiale, non e` solo a causa dell`insolenza con cui da` voce a cio` che a detta di molti andrebbe taciuto: lo e` anche, e soprattutto, per la forza visionaria della scrittura. fin dalle prime pagine, infatti, si resta sbalorditi di fronte all`efficacia di chevallier, il quale (accompagnando il suo alter ego dal tragicomico "carnevale" dell`arruolamento all`impatto con i campi di battaglia, dal lungo ricovero in ospedale al ritorno al fronte, fino al lugubre silenzio che sembra avvolgere la terra intera dopo il "cessate il fuoco!") sa coniugare con mano saldissima la verita` impietosa della testimonianza con la forza affabulatrice del romanzo. e riesce a farci percepire, quasi fisicamente, l`orrore, lo sgomento e la disperazione; a farci vedere l`"esplosione di luce irreale" dei razzi, i cadaveri dilaniati, il "labirinto silenzioso e desolato delle trincee"; a farci condividere la cocciuta voglia di vivere e l`ossessiva paura di morire di tutti.

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