. il gioco della sabbia si insegna e si impara, si fa o non si fa, se lo si fa e` necessario farlo in due. lo si studia, lo si mette in scena, lo si comprende o lo si rifiuta. e una tecnica junghiana che jung non pratico` e che oggi viene adottata da analisti che lavorano sia con gli adulti sia con i bambini. si svolge cosi`: nello studio, l`analista chiede all`analizzante di avvicinarsi alla sabbiera, che e` una cassetta di forma rettangolare . la sabbiera di solito, ma non sempre, e` di metallo. l`analizzante viene invitato a usare la sabbia, bagnandola oppure no. deve modellare, costruire, . deve utilizzare le miniature esposte negli scaffali dello studio e comporre una scena. alla fine verra` chiesto un titolo da dare a quella che forse si potra` definire un`opera e la "sabbia" verra` fotografata e verra` cosi` inevitabilmente conservata nella memoria di entrambi i presenti, . insomma - commenta subito clementina pavoni -, ma i , ognuno lo sa, sono varchi, sono porte, da dove si esce per lasciar parlare il gioco, il fantasticare; per ascoltare, questa volta in due, di comunicare. nasce cosi` il caso clinico dell`uomo che clementina pavoni ha voluto chiamare signor alonso, il quale detesta - con consapevolezza, sapere e violenza - prima di tutto se stesso e il proprio corpo e poi il mondo che lo circonda, come in un assedio senza fine. e bravo il signor alonso, e spietato, a giocare con la sabbia e a scovare personaggi inquietanti come kitsune, che in giapponese vuol dire ed e` segno che protegge e a un tempo minaccia, che ama e so |