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da qualche tempo a questa parte, nel gergo giornalistico e televisivo di molti "intellettuali mediatici", laici e cattolici, del nostro paese, la parola eutanasia e` diventata una parola impronunciabile: quasi che colui che osa pronunciarla commetta un peccato mortale, un crimine e sia destinato, in ogni caso, alle fiamme dell`inferno. eppure, per oltre duemila anni, ha conservato l`originario significato che ben conoscono quanti hanno ancora una qualche familiarita` con il greco antico: morte felice, serena, dolce e, in ogni caso, nobile e razionale, in quanto morte a cui si espone il saggio "per la patria e per gli amici e nel caso in cui sia vittima di dolori acuti o di menomazioni o di malattie incurabili" (diogene laerzio, vite dei filosofi, vii, 130).

che cosa ce ne facciamo della liberta` se il mondo ci fa paura? scegliendo come filo conduttore questa contraddizione, beck affronta il tema dell`individuo nella seconda modernita`. l`ultimo decennio ha visto acutizzarsi il tema dell`incertezza, le persone avvertono il venir meno di importanti garanzie, devono preoccuparsi delle proprie chance nel mercato del lavoro, della formazione dei figli e della sicurezza della vecchiaia. e spesso i cittadini si mobilitano contro tutto cio` che ai loro occhi appare come una minaccia destabilizzante e, chiedendo protezione alle istituzioni, chiedono anche di fatto limitazioni alla liberta`, tanto anelata nel corso del novecento.

una famiglia che pullula di svitati, un codazzo di parenti e amici e servitori, una villa monumentale in mezzo a un parco. sono gli ingredienti di questo romanzo di shirley jackson, che si apre con i protagonisti - di tutte le eta` e affetti da ogni forma di mania - di ritorno dal funerale del figlio di mrs. halloran, che, dice serafica la piccola fancy, la nonna ha buttato giu` dalle scale: per tenersi stretta la villa. come se non bastasse, poco dopo zia fanny riferisce di aver avuto un incontro in giardino con il padre, defunto da tempo, il quale le ha annunciato che la fine del mondo e` imminente e che loro saranno gli unici a salvarsi. e non e` finita: qualcuno va a riferire la notizia in citta`, ed ecco presentarsi la delegazione locale dei veri credenti, i quali non possono che condividere la logica apocalittica, ma, siccome sono convinti che a salvarli ci penseranno gli alieni, sono venuti a chiedere di farli atterrare nel parco. e noi lettori, ormai completamente in bali`a di una jackson in stato di grazia, che dispensa a piene mani uno humour che si potrebbe definire vitreo, ci lasceremo trascinare da un crescendo di follie e sorprese - sino, letteralmente, alla fine (del mondo?).

nell`estate del 1991, in un soffocante appartamento di new york, un gruppo di immigrati russi si riunisce attorno al letto di morte di alik. artista fallito ma carismatico, uomo energico innamorato dei piaceri mondani, amato da donne e uomini in egual misura per la sua gioia di vivere, umanita` e forza, e` costretto a letto da una malattia che non da speranza. nonostante tutto, pero`, e` capace di rallegrare anche quella che e` diventata la sua veglia funebre. mentre alik attende la sua ora, i suoi cari ricordano le esperienze condivise e la vita vissuta prima di lasciare il paese natale, discutono su quale donna fosse l`amante preferita del malato o se dovessero battezzarlo, mentre tengono d`occhio quello che sta accadendo nella loro vecchia patria, quell`unione sovietica, che, come alik, si trova ad affrontare la fine. ludmila ulitskaya, una delle piu` grandi autrici russe, cattura, con umorismo e grande profondita` psicologica, la complessita` delle emozioni umane. un romanzo che racconta la vita attraverso la morte e l`amore attraverso la perdita, e anche come, nell`esilio, ognuno cerchi a modo suo una patria.

ha solo undici anni, gopi, quando muore la madre. per zia ranjan lei e le due sorelle maggiori non sono che "selvagge". cosi` ha detto al padre di gopi: sottintendendo che non rispettano le regole della comunita` indiana a cui appartengono. e aggiungendo che per dargli una mano e` pronta a prendersi in casa una di loro. per il momento, pero`, il padre pensa che le figlie abbiano bisogno di appassionarsi a qualcosa che le accompagni poi "per tutta la vita" - e decide che sara` lo squash. non funzionera` per tutte: l`unica che diventera` sempre piu` brava, e continuera` caparbiamente a cercare di scoprire, fra le quattro pareti del campo (ma non solo), che cosa fare dei suoi sentimenti, della sua vita, delle persone che incontra, e a quali traguardi puo` aspirare, sara` gopi. ed e` lei stessa a raccontarci quell`anno di lutto e di rinascita - l`anno in cui sperimenta il dolore e l`assenza, ma anche la tenerezza e la determinazione, i cambiamenti del corpo e le sue potenzialita`, le regole e la necessita` di trasgredirle - con una voce insieme pacata e audace, sommessa e perentoria. in questo suo primo romanzo, con mano insospettabilmente sicura, e con uno stile essenziale, preciso, allusivo, la scrittrice angloindiana chetna maroo ci apre le porte di un mondo che ci era ignoto - e non e` esattamente questa, come ci ha insegnato kundera, la funzione del romanzo?

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