
dietro l`amore che lega diego, giovane cronista, a teresa, si nasconde una lacerante visione della guerra civile spagnola. diego vede se stesso e la vita con gli occhi di "un uomo senza qualita`" che non sa dare il suo contributo alla storia. ma quando si comincia a mormorare di una cospirazione in marocco e mentre i fragori della guerra iniziano a dilagare, diego scrivera` i suoi reportage da madrid e per teresa si aprira` la via dell`esilio. il romanzo rappresenta l`esordio narrativo del regista della "trilogia flamenca".


"fare scene" e` la storia di un bambino innamorato del cinema, che crescendo vede le mirabolanti fantasie che lo tenevano incollato allo schermo infrangersi contro le impellenze della realta`. ed e` anche la storia di un paese che credeva di poter cambiare e che invece nel corso degli anni ha smarrito persino la voglia di pensarsi diverso. nel primo tempo di questo libro c`e` un bambino nella napoli del secondo dopoguerra. c`e` l`odore di polvere delle macerie e c`e` l`entusiasmo per il futuro che verra`. c`e` la voglia di grandezza che rischia di diventare una malattia. ma soprattutto c`e` il cinema: in sala scende il buio e si puo` diventare un cowboy, un indiano, un pilota di aerei, si puo` diventare tutto cio` che si vuole. a un certo punto pero`, come nei film, arriva l`intervallo, si riaccendono le luci, le persone chiacchierano, si rompe l`illusione. e nel secondo tempo il bambino e` diventato un adulto, che i film ha smesso di vederli con occhi incantati ed e` finito a scriverli. pensa agli anticipi da incassare e a sfornare copioni. finche` non gli capita per le mani un progetto in cui crede e che gli riaccende la passione per il cinema. ma si dovra` rendere conto che lo stupore dell`infanzia davanti allo schermo e` definitivamente passato e che lui stesso e` diventato la rotella di un ingranaggio prevedibile, minacciato come tutto dalla parola fine.

la svolta istituzionale e politica del 1946 rinnovo` profondamente l`italia, nel costume, nella cultura e nel linguaggio. le citta` erano piene di cumuli di macerie, ma nella pace ritrovata le speranze prevalevano. in quel bisogno di esprimersi, la lingua comune fu chiamata a rispondere a una pluralita` di impieghi e registri prima sconosciuta, e cosi` accadde anche ai dialetti. parte da questa volonta` di nuovo la storia linguistica dell`italia repubblicana, che si propone di continuare fino all`oggi la storia linguistica dell`italia unita dedicata agli anni dal 1861 al secondo dopoguerra. il libro racconta il quadro delle condizioni linguistiche e culturali del paese a meta` novecento: un paese contadino segnato da bassa scolarita`, analfabetismo, predominio dei dialetti. individua poi i mutamenti di natura economica, sociale, politica e le luci e le ombre di quel che e` avvenuto nel linguaggio: largo uso dell`italiano nel parlare, ma continua disaffezione alla lettura, nuovo ruolo dei dialetti, scarsa consuetudine con le scienze, mediocri livelli di competenza della popolazione adulta, difficolta` della scuola. l`ultimo capitolo, infine, mostra come tutto cio` incida sui modi di adoperare la nostra lingua: sul vocabolario e la grammatica che usiamo, parlando in privato o in pubblico, o scrivendo testi giornalistici, amministrativi e burocratici, letterari o scientifici.