
inventori improbabili, teorici di lingue universali e creatori di incaute cosmogonie vengono minuziosamente antologizzati da chambernac-queneau: la loro teoria attraversa il frenetico agitarsi della genia dei lemon (figli dunque del limo, materia biblica per eccellenza). la vicenda, che si disarticola tra parigi e alcune cittadine di villeggiatura tra la fine della prima guerra mondiale e la frenesia degli anni trenta, mette a confronto il brulicare mediocre di una societa` di bottegai, feticisti e fascistoidi, e l`umanita` precaria ma autentica dei


e anonimo l`autore che, nel 1829, da` alle stampe questo piccolo, gigantesco libro. ma e` inconfondibilmente victor hugo. sono anni in cui il progresso sembra trasportare l`umanita` intera, sul suo dorso poderoso, verso un futuro di pace, prosperita`, ricchezza e fratellanza. ma negli stessi anni si tagliano ancora teste davanti a un pubblico pagante, si marcisce in carcere, ci si lascia morire per una colpa non sempre dimostrata oltre ogni ragionevole dubbio. hugo parla a nome dell`umanita`, come sempre, e lo fa attraverso la voce di un uomo qualunque, di un condannato qualunque, di un miserabile che rappresenta tutti i miserabili di tutte le nazioni e tutte le epoche. un crimine di cui non conosciamo i dettagli lo ha fatto gettare in una cella. persone di cui non conosciamo il nome dispongono della sua vita, come divinita` autoproclamate. un`angoscia di cui conosciamo fin troppo bene la lama lo tortura, giorno dopo giorno, e gli fa desiderare che il tempo corra sempre piu` veloce. verso la fine dell`attesa, venga essa con la liberazione o con l`oblio.



con uno stile ironico e distaccato, andra`s vajda, il protagonista, racconta la sua educazione sentimentale, concentrandosi "non tanto sulla personalita` del narratore, quanto sui dilemmi universali dell`amore", in un memoriale molto selettivo che "si rivolge agli uomini giovani ed e` dedicato alle donne mature" e tratta del "legame tra gli uni e le altre". andra`s non e` un dongiovanni preso dalla parte del gran conquistatore, che distribuisce a potenziali discepoli consigli di seduzione. "non sono un esperto di sesso" scrive, "ma sono stato un buon allievo delle donne che ho amato, e cerchero` di rievocare le esperienze felici e infelici che, penso, hanno fatto di me un uomo".

"la notte della cometa" e` il libro della svolta di sebastiano vassalli verso il "romanzo storico" e il personaggio di dino campana e` quello che ha impegnato la sua energia intellettuale e creativa piu` di qualunque altro. nella fase preparatoria del suo "romanzo-verita`", vassalli agisce da storico per un verso, frequentando archivi e biblioteche, e per l`altro si comporta da giornalista di reportage o d`inchiesta viaggiando, annotando, raccogliendo testimonianze scritte e orali. ma nell`atto della scrittura vassalli non teme di colmare con l`immaginazione i vuoti e le lacune di una biografia dalle ampie zone oscure. nel ricordare il suo primo approccio giovanile ai canti orfici, vassalli ammette di non aver "mai creduto, nemmeno per un attimo, nella favola del `poeta pazzo`". e da qui che parte, per narrare la storia di un "demente" (tra virgolette) perseguitato dalla famiglia, dalla sua cittadina, dalla comunita` scientifica, dalle autorita` di polizia, infine dalla societa` letteraria: la vicenda del poeta vittima designata di una congiura. come dice vassalli: "ma se anche dino non fosse esistito io ugualmente avrei scritto questa storia e avrei inventato quest`uomo meraviglioso e `mostruoso`, ne sono assolutamente certo. l`avrei inventato cosi`". perche` l`avrebbe inventato proprio cosi`? perche` in tutta "evidenza" il babbo matto e`, con il sebastiano de "l`oro del mondo", il personaggio piu` autobiografico tra i tanti che vassalli ha narrato, per questo non avrebbe potuto che raccontarlo cosi` e per questo non se n`e` mai liberato. postfazione di paolo di stefano.