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gli antichi non avevano una chiara nozione del paesaggio. la scoperta, l`invenzione, anzi, del paesaggio nella pittura occidentale avviene tra il xiv e il xv secolo secolo fino poi a diventare un genere autonomo nel seicento. questa invenzione, per flavio cuniberto, e` inscindibile dalla diffusione del francescanesimo nel xiii secolo e dalla sua celebrazione della madre terra come immagine del regno di dio, del giardino originario. inventando il paesaggio, i pittori cominciarono ad aggirarsi senza saperlo intorno a questo luogo: a ritrovarlo nel fascino inspiegabile che si sprigiona dai variegati paesaggi della madre terra, sulle tracce del primo formidabile del paesaggio come memoria del regno: il santo di assisi, che lo percorrendo instancabile e come a passo di danza i luoghi dell`italia centrale: di quella italia che diventera` di li` a poco il . analizzando le opere dei grandi paesaggisti, flavio cuniberto conduce il lettore dinanzi al fascino di questa idea: il luogo, il giardino originario, che ha attratto anche i grandi viaggiatori metafisici del nostro tempo: martin heidegger, alla ricerca di quella che chiama la terra come tale (e che non e` soltanto la selva nera o il paesaggio del reno), e peter handke, innamorato dei luoghi come puo` esserlo solo chi intravede nei luoghi della terra i contorni baluginanti del regno.

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questo libro e` . la storia di un viaggio in un grande deserto ostile, quello del kalahari - -, alla ricerca degli ultimi esemplari dell`unico e quasi estinto primo popolo dell`africa australe, i boscimani: antichissima stirpe di piccoli cacciatori nomadi, sterminata in maniera equanime da invasori neri e bianchi nel corso degli ultimi mille anni. attraverso le loro storie, i loro miti, i loro sogni e l`appassionata descrizione del giornaliero rapporto con il deserto - la perenne, sfibrante ricerca dell`acqua, la caccia all`antilope, il legame indissolubile con gli animali e le stelle, anch`esse -, van der post e` riuscito nell`impresa di farci entrare, almeno di sfuggita, nella mente di questi esseri remoti, ancora oggi testimonianza vivente di uno stato dell`umanita` dietro il quale sarebbe difficile intravedere qualcosa di precedente. quasi che la parola , piu` che indicare l`appartenenza a un popolo o a un luogo, rappresentasse una modalita` della mente a noi per sempre preclusa: quella in cui non sembra essere mai intervenuta una reale distinzione tra l`individuo che agisce e il mondo circostante, e dove chi agisce tutto sa, percepisce e sente sulla propria pelle, prima ancora che questo avvenga.

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