un viaggio ilare e desolato nel cuore del tibet, alla ricerca di una citta` un tempo immaginata dagli occidentali, e oggi costruita dai tour operator del governo cinese.
billancourt e` un sobborgo parigino dominato dalle officine renault. all`epoca di questi racconti (gli anni venti e trenta) vi erano confluiti in massa emigrati della russia sovietica che l`industria francese reclutava con buoni risultati. cosi` billancourt divenne una specie di enclave russa, luogo di tutte le desolazioni e di tutte le nostalgie. c`e` una vena di bizzarria, talvolta di patetica follia in molti personaggi, una comicita` che nasce da invalicabili discordanze, un`amarezza cechoviana sul fondo. tutti elementi che la berberova sa mettere in gioco, fugando ogni patetismo e lasciando parlare la realta`.
bernard schwartz ha perso la moglie, la carriera e, infine, dopo una dose di antidepressivi, anche la coscienza. quando si risveglia dal coma trova ad attenderlo due figli adolescenti ancora piu` squinternati di lui: il diciassettenne chris, una sorta di holden culfield che detesta salinger e tutto cio` che gli assomiglia, e cathy, di quindici anni, ebrea come tutti gli schwartz ma convertita al cattolicesimo perche` folgorata dalla storia di teresa d`avila e di edith stein, di cui sogna di condividere il martirio. una famiglia, insomma, come i tenenbaum, in un romanzo paragonato dalla critica alle "correzioni" ma molto, molto piu` cattivo.
(giacinto spagnoletti)
caratteristica del sistema di hollywood e` quello di essere onnivoro: tutto cio` che riguarda i suoi personaggi gli appartiene, tutto fa parte della sua scena. alla fine si ha il sospetto che le ragioni commerciali stesse siano pretesto per una involontaria applicazione dell`art pour l`art. cosi` anche il libro fa parte del cinema di hollywood.