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per quanto grandi siano le speranze e le supposizioni umane," scrive severino sulla soglia di questo suo nuovo libro "esse si accontentano di poco, rispetto a cio` da cui l`uomo e` atteso dopo la morte e a cui e` necessario che egli pervenga". nel proseguire, con ammirevole rigore speculativo, quel temerario percorso filosofico che da "destino della necessita`", attraverso "la gloria", e` approdato a "oltrepassare", severino procede qui "risolvendo un problema decisivo, lasciato ancora aperto": se "la terra isolata dal destino e` oltrepassata dalla terra che salva e dalla gloria", nondimeno su "`questa nostra vita` - si potrebbe dire - incombe la morte, e continuamente vi irrompe". sorge quindi un interrogativo ineludibile: "l`attesa della terra che salva continua anche dopo la morte (e che cosa appare in questo prolungarsi dell`attesa? sonno, sogni, incubi?), oppure con la morte ha compimento anche l`attesa?". nell`architettura del grandioso edificio teoretico che il filosofo e` andato solitariamente costruendo nel corso degli anni, "la morte e la terra" appare dunque un vertice dal quale lo sguardo si spinge oltre ogni confine, giacche` severino non teme di consegnare risposte definitive: "avvicinarsi alla morte e` avvicinarsi all`immenso della terra che salva della gioia".

quale cosa attinge, "in ultimo", l`anima dopo essersi aperta, attraverso l`angoscia, alla ricerca di se`? e questo l`interrogativo che sottende l`originale articolarsi del nuovo libro di massimo cacciari. tre voci in dialogo tra loro e con i `maggiori loro` - da platone a husserl, da tommaso a cusano a karl barth - cercano di rispondere a tale domanda, ognuna seguendo il proprio : la voce portatrice di un autentico e radicale scetticismo dell`intelletto, la voce che incarna l`atto di fede in lotta contro se stesso, e infine quella dell`autore, che agli amici si rivolge anche attraverso due lunghe serie di lettere, riprendendo, sviluppando - e se necessario criticando - le idee della sua piu` importante opera teoretica: "dell`inizio". infatti, dopo aver indagato, in "geofilosofia dell`europa" e nell`"arcipelago", l`irriducibile pluralita` delle radici culturali presenti nel paesaggio europeo, l`attenzione di cacciari torna a volgersi a quel che e` il problema filosofico fondamentale. la cosa ultima, quindi, non e` che l`inizio: qui pero` non e` piu` semplicemente inteso come indifferente insieme di tutte le possibilita`, bensi` come l`infinita` stessa della cosa nella sua inalienabile e intramontabile singolarita`. solo attingendo alla cosa ultima, `toccandone` l`essenza divina, l`anima esprime la propria unica, possibile liberta`. e il fare filosofia si manifesta allora per cio` che sempre, e ancora una volta, dovrebbe essere: movimento di liberazione.

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