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dopo aver viaggiato nel mondo intero, un uomo ritorna nella sua cittadina natale immersa nella provincia danese. in un`atmosfera tinta di realismo magico, rievoca i conflitti con il padre, l`intenso rapporto con la sorella poliomielitica e soprattutto l`universo fantastico dei giochi dell`infanzia culminato nel ritrovamento, ovviamente nascosto ai "grandi", di uno scheletro sepolto in giardino. il racconto si rianima filtrato da stupiti occhi infantili e da una mente bambina eppure pronta a interpretare i discorsi degli adulti.

un professore universitario si ritrova inchiodato nella berlino boccheggiante d`agosto, deciso a scrivere un libro su tiziano che da anni sta progettando. contemporaneamente decide di mettere a tacere la televisione. e proprio questa fa da testimone al lavoro minuto dello scrittore, dei suoi propiziatori riti quotidiani e della sua estate solitaria, dall`altro una riflessione sullo stato dell`umore da quando l`amato-odiato apparecchio, occhio cieco onnipresente, e` ridotto al silenzio.

cyrus readmoney, ragazzino di buona famiglia, si aggira nella bombay di venti e piu` anni fa continuamente distratto e attratto da visioni di cibo, corpi femminili e star del cinema. legge i fumetti di archie, ascolta musica rock e non si lascia scappare nemmeno un film della prolifica "bollywood", l`industria cinematografica indiana. il tempo che trascorre in casa e` cosi` poco che ci vogliono piu` di cento pagine perche` in questo vortice di colori, corse e profumi s`insinui il dramma familiare. vacanze e weekend, infatti, cyrus e` costretto a trascorrerli con i vicini perche` suo padre, fagocitato da un lavoro di prestigio non ha tempo per lui. e proprio il conflittuale rapporto con il padre condurra` il romanzo al suo tragico epilogo.

le angosce, le speranze, le paure di un popolo oppresso da una dittatura orwelliana: a raccontarcele jose` saramago, nei trenta poemi in prosa che compongono questo libro, breve ma compiuto. la storia recente del portogallo affiora da un testo pieno di lirismo e dolore.

. la prima settimana sembrava una vacanza. poi abbiamo capito che i libri di testo non li avrebbe aperti piu` nessuno, e quegli allievi rintanati dietro uno schermo andavano agguantati in un altro modo. un mese dopo, i ragazzi si collegavano dai vicoli del quartiere, dal letto, o correndo in riva al mare. la didattica a distanza e` quello che succede quando si toglie alla scuola la concretezza dei corpi, uno spazio reale in cui incontrarsi, scontrarsi, condividere, crescere. e la , dove al posto di sorrisi e bronci ci troviamo a guardare ologrammi e file. per di piu`, in una classe difficile di una zona difficile non e` detto che i ragazzi abbiano un computer: si arrangiano col telefono, quando va bene. magari quello della mamma, magari seduti accanto al nonno con l`alzheimer. e per loro non andare a scuola significa perdere la prospettiva di un altro mondo e un futuro possibile. con la rabbia e l`ingegno di chi fa il mestiere piu` bello e piu` usurante di tutti, vanessa ambrosecchio ci racconta cosa significa insegnare: non stancarsi di provare, stanare gli allievi uno a uno, scommettere su di loro, inventarsi ogni giorno domani. . cosa resta della scuola senza le levatacce al mattino, l`odore di ormoni, i panini nello zaino? senza i litigi nel cambio d`ora, gli sguardi in tralice, le corse fuori appena suona la campanella? eppure la scommessa e` sempre la stessa: riuscire a raggiungere gli allievi, a toccarli, anche se sono ben nascosti dietro una videocamera spenta, piu` simili a impiegati in smart working - soli, assonnati,

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