nell`estate del 1851, rimasto solo con il figlio di cinque anni, hawthorne si ritrova di fronte a un infaticabile produttore di parole e di domande. schivo, introverso, non e` abituato alle piccole incombenze che accompagnano la vita di un bambino: vestirlo, nutrirlo, distrarlo sempre rispondendo alle sue incessanti domande. il risultato e` un modello, ironico e autoironico, del modo di intendersi di un padre e un figlio, un resoconto di un rapporto dove l`unico adulto che appare e` herman melville che fa visita all`amico per parlare del possibile e dell`impossibile. come osserva paul auster nel suo saggio introduttivo, hawthorne e` riuscito a compiere quel che ogni genitore sogna: far vivere il proprio figlio per sempre.
in questa composita raccolta flaiano descrive luoghi dell`abruzzo natio in cui la desolazione e` profondamente radicata e figure che, su quei fondali, paiono inesorabilmente votate all`autodistruzione: come l`intellettuale romantico e decadente che sospende un`assunzione fatale di veronal solo per la momentanea fioritura di una rosa, o il giovane, ultimo di sei fratelli, cui la famiglia non perde occasione di rinfacciare il suo status di indesiderato, di nato "a tavola sparecchiata". e quando, nel piu` lungo di questi racconti, flaiano rievoca la vicenda di uno zio prete, don oreste, la narrazione affonda ancor piu` tra quelle rocce scarne, dove "i cattivi umori della terra cristallizzano" e generano quel blu di prussia "velenoso, sordido, intelligente...".
quella malattia della psiche che e` oggi la normalita` ha trovato in hillman un interprete che non concede facili terapie. la sua via e` piuttosto quella di chi indica, con pacatezza, l`inevitabilita` di un mutamento radicale del quale nessuno puo` garantire di essere capace. ma di questo si tratterebbe: dare la precedenza "all`anima rispetto alla mente, all`immagine rispetto al sentimento, al singolo rispetto al tutto".
nella citta` di vetro, palermo, accadono fatti inspiegabili e crudeli. tra effetti illusionistici, strane apparizioni, diffuse superstizioni, animali bionici, agisce una setta, gli `schiacciatori di teste`: uccidono in modo atroce. non c`e` un piano leggibile, le morti piombano su persone accomunate solo da una certa sensibilita`. indaga ersilia, giovane vedova, minacciata e controllata dagli assassini, ma inspiegabilmente risparmiata. intorno scorrono i giorni normali, ma tesi e resi frenetici, angosciosi, da un senso di pericolo da ultimi giorni dell`umanita`.
dalla biologia molecolare alle scienze cognitive, negli ultimi decenni ha preso forma un nuovo campo di ricerche: quello delle tecnoscienze umane, in cui alla tecnica e` affidato il compito di riprodurre artificialmente le facolta` specifiche dell`uomo come il linguaggio, l`intelligenza o la prassi. l`esplorazione di questo nuovo territorio di ricerca e` il filo conduttore di questo studio, che mostra come la tecnicizzazione della vita abbia travalicato la sfera della produzione e delle merci per investire direttamente le facolta` basilari dell`uomo. eppure, in questo esperimento che la tecnica ha avviato su noi stessi, emerge la radice piu` nascosta dell`umano: la base che congiunge la possibilita` della ragione con l`animalita` di un vivente tra gli altri.
piu` volte nei suoi interventi pubblici anna maria ortese ha denunciato i delitti dell`uomo "contro la terra", la sua "cultura d`arroganza", la sua attitudine di padrone e torturatore "di ogni anima della vita". e lo ha fatto pur nella consapevolezza che il suo grido d`allarme sarebbe stato accolto con impaziente condiscendenza da chi sembra ignorare che cio` che rende l`uomo degno di sopravvivere e` la sua "struttura morale: intendendo per morale ogni invisibile suo rapporto, ma buon rapporto, con la vita universale". quel che ignoravamo e` che tali interventi, che additavano nello sfruttamento e nel massacro degli animali, nella natura offesa e distrutta il nostro piu` grande peccato, non erano isolate e volenterose prese di posizione, bensi` la punta emergente di un iceberg. un iceberg rappresentato da decine e decine di scritti inediti, nei quali la ortese e` andata con toccante tenacia depositando quel che le dettava la sua "coscienza profonda", vale a dire la memoria, riservata a pochi e supremamente impopolare, "delle "prime cose" preesistenti l`universo" - in altre parole, la visione che la abitava. scritti di cui qui si offre una calibrata selezione e che nel loro insieme si configurano come un vero e proprio trattato sull`unica religione cui la ortese sia stata caparbiamente fedele: la religione della fraternita` con la natura.
una delle particolarita` che rendono affascinante il "cratilo" e` la difficolta` di individuare in modo univoco ed esclusivo l`argomento del dialogo. due questioni, appartenenti per noi a due ambiti distinti, sono inserite da platone in un`unica argomentazione: e` il caso della discussione sulla possibilia` di dire il vero e il falso - che e` per noi un problema logico e linguistico - accostata alla considerazione del relativismo conoscitivo, che e` un problema gnoseologico. di fatto, insistendo ora su una ora sull`altra coordinata teorica, si puo` riconoscere l`oggetto del "cratilo" nell`analisi del valore conoscitivo del linguaggio, oppure nello studio del rapporto fra nome e cosa nominata o, ancora, nell`indagine sull`origine del linguaggio.
Arnoldo Mondadori Ed., 1977, IT. L'atmosfera è quella festosa ed euforica che seguì la fine della seconda guerra mondiale; la città, New York, dove sembrava che tutto potesse accadere, senza sapere che molte erano illusioni; il sottofondo è quello del jazz, un mondo fumoso e un po' criptico, pieno di genuini fermenti. Qui una giovane cantante, Francine Evans, e un sassofonista bislacco, Johnny Boyle, s'incontrano e s'innamorano. New York, New York è la storia agrodolce del loro amore, delle loro speranze e sconfitte. Da questo romanzo è stato tratto il film diretto da Martin Scorsese con Robert De Niro.