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con la pubblicazione del terzo volume, che contiene le "nemee", si completa la serie dei quattro che la fondazione valla dedica all`opera di pindaro, il piu` grande poeta lirico dell`antichita` e uno dei maggiori di tutti i tempi: undici odi, delle quali tre non sono legate ai giochi nemei, ma che i grammatici alessandrini inclusero sotto la medesima etichetta. se quelli di nemea, che si tenevano ogni due anni presso il tempio di zeus in una vallata boscosa del peloponneso, erano considerati giochi minori rispetto a quelli quadriennali di olimpia e di delfi, le "nemee" non sono meno affascinanti delle olimpiche o delle pitiche, e certo pari alle "istmiche". e sufficiente ascoltare la voce di pindaro per andare oltre le definizioni di poesia cortigiana e poesia civile tra le quali la critica ha ondeggiato per secoli. la sua e` poesia e basta, agonistica certo e d`occasione, perche` celebra la vittoria in una competizione atletica, ma e` lirica, come diceva l`autore del "sublime", che nel suo trasporto creativo infiamma ogni cosa. eccolo, il pindaro delle "nemee", spingersi verso i limiti del mondo, le colonne di eracle, e raccontare i miti con la velocita` e l`aura che gli hanno dato la fama: le nozze splendide di peleo e teti; achille, biondo fanciullo, a caccia di leoni, cinghiali e cervi; la contesa tra il forte aiace e l`astuto odisseo per le armi del pelide; ed eracle, e telamone, e castore e polideuce.