attraverso sette chiese romane, quattro personaggi si muovono in un pellegrinaggio serale-notturno alla ricerca di qualcosa che nessuno sa bene cosa sia. certo, francesco vuole soprattutto tornare a casa dalla moglie da cui si e` separato e dai figli che gli mancano; cecilia, l`ex moglie, cerca nei rumori e nei suoni che registra ossessivamente un suo posto nel mondo dopo che i suoi ruoli familiari si sono trasformati irrimediabilmente; simona, l`amica di sempre, vuole con tutte le forze un figlio, possibilmente senza dover passare da un uomo; e alfredo e` il prete che ha organizzato il tour per i suoi amici, apparentemente l`unico che nelle chiese cerca un segno di dio. ma al di la` dei desideri immediati dei quattro, c`e` un`idea collettiva di rinascita, o forse di nascita, o addirittura di epifania originaria che emerge nei dialoghi fra i quattro e nelle scene oniriche che irrompono e si intrecciano ai loro dialoghi. tutto sembra dover sorgere da un momento all`altro, anche dio, un dio bambino che non parla agli uomini perche` e` appena nato e non sa ancora parlare. in fondo lucia calamaro prosegue un suo coerente percorso. il suo parlare della morte in testi precedenti non e` tanto lontano dal parlare della nascita di questo suo nuovo lavoro. e la vita, il suo mistero, al centro di tutto, sempre. e il flusso di parole cosi` travolgente che caratterizza i suoi spettacoli e` una rete per lambire il flusso vitale profondo che circola sotto o intorno alle vite quotidiane, inafferrabile. da qui la nostalgia, forse inestinguibile, ma anche un`energia che esce fuori dal testo.