dacche` nabucodonosor elevo` i giardini pensili di babilonia pur di lenire la nostalgia della sua sposa per le colline dell`infanzia, il giardino e` sempre stato una seconda natura, foggiata dall`uomo in base alla sua cultura ed esperienza. ma di questi tempi il giardino e` anche un campo di battaglia ideologico ed etico fra l`"utopia suburbana" del prato sempre perfettamente curato e la ribellione antinomiana dei cultori della wilderness, discepoli di thoreau. per fortuna esiste un terzo partito - quello che fu, ad esempio, di alexander pope, che agli architetti del paesaggio suoi contemporanei consigliava semplicemente: "consulta sempre il genio del luogo". pollan - che di pope condivide l`ironia e il buonsenso, oltre che il piglio eclettico da filosofo, umorista, narratore e polemista - sa da quale parte schierarsi, e lo fa nel modo che piu` gli e` congeniale: con questo volume, che riesce a essere al tempo stesso esilarante autobiografia, racconto di un`odissea intellettuale e brioso trattato di giardinaggio empirico-teorico.