
nel 1935 cesare pavese viene condannato a tre anni di confino a brancaleone calabro per aver tentato di proteggere la donna amata, militante nel pci. il carcere, pubblicato solo nel 1948, nasce cosi` da una storia di privata solitudine e riapre il problema del solipsismo intellettuale cui pavese riconobbe, scrivendo dieci anni dopo la casa in collina, di essere ancora legato. l`esilio forzato in un luogo tanto diverso e lontano dal suo mondo piemontese d`origine e` meta` condanna meta` alibi del suo volersi fuori dal mondo, del suo guardare la vita "come dalla finestra del carcere". l`ingegnere, protagonista del romanzo, e` un intellettuale che imputa a se` stesso piu` che al mondo la responsabilita` della propria situazione, rifiutando di riconoscervi delle giustificazioni politiche in un periodo in cui maggiore era il consenso degli italiani al regime fascista, tra la guerra d`abissinia e quella di spagna. il confino diventa atteggiamento, presa di posizione, un modo d`essere che pavese aveva sempre considerato come costitutivo e insieme limitativo della propria esperienza.