dicembre 1925. a stoccolma, per festeggiare i venticinque anni del premio nobel, stanno per arrivare i piu` grandi scienziati del mondo, tra cui albert einstein. ma a pochi giorni dalla cerimonia un delitto sconvolge l`accademia reale delle scienze di svezia. albert e il suo allievo leo si trovano loro malgrado coinvolti in un caso intricato e singolare: il conto dei morti sale e gli omicidi sono ispirati ad alcuni celebri esperimenti scientifici. forse qualcuno vuole impedire l`incontro tra le menti piu` brillanti dell`epoca? qual e` il vero motivo per cui gli scienziati sono stati riuniti nel venticinquesimo anniversario del premio? e che cosa c`e` scritto nella lettera segreta che il fondatore del premio alfred nobel ha lasciato insieme al proprio testamento? tocchera` ad albert cercare di capire se si e` scatenata una sanguinosa lotta di potere all`interno dell`accademia, o se e` in gioco qualcosa di piu` grande, magari addirittura il destino del mondo. massimiano bucchi scrive un giallo classico con un protagonista d`eccezione, attingendo a oltre vent`anni di ricerche originali negli archivi del premio nobel.
tutti vorrebbero la vita di anna e tom. un lavoro creativo senza troppi vincoli; un appartamento a berlino luminoso e pieno di piante; una passione per il cibo e la politica progressista; una relazione aperta alla sperimentazione sessuale, alle serate che finiscono la mattina tardi. una quotidianita` limpida e seducente come una timeline di fotografie scattate con cura. ma fuori campo cresce un`insoddisfazione profonda quanto difficile da mettere a fuoco. il lavoro diventa ripetitivo. gli amici tornano in patria. il tentativo di impegno politico si spegne in uno slancio generico. gli anni passano. e in quella vita cosi` simile a un`immagine - perfetta nel colore e nella composizione, ma piatta, limitata - anna e tom si sentono in trappola, tormentati dal bisogno di trovare qualcosa di piu` vero. ma esiste? vincenzo latronico torna alla narrativa con una storia lucida e amara di sogni e disillusioni, una parabola sulle nostre vite assediate dalle immagini dei social media e sulla ricerca di un`autenticita` sempre piu` fragile e rara.
tutto ha inizio con una ragazzina che gioca nella neve. si chiama sonia, sono le vacanze di natale del 1996 - quelle della grande nevicata - e lei deve passarle suo malgrado a casa della nonna. siamo a lanzo torinese, un paesino di mezza montagna dove ogni cosa sembra rimasta ferma a cinquant`anni prima. compresa la casa cigolante e ingombra di mobili in cui vive nonna ada, schiva, severa vecchia che nella zona ha fama di guaritrice (ma chissa`, forse e` altro), per la quale sonia prova un affetto distante. la scuola ha chiuso prima del previsto a causa di quello che tutti chiamano "l`incidente": la professoressa cardone, acida insegnante di italiano, si e` trincerata nella sua aula e durante una lezione - di fronte a una classe segregata e terrorizzata - ha fatto qualcosa di indicibile. qualcosa che adesso, mentre lanzo un po` alla volta si svuota per via delle feste e dell`incessante vento ghiacciato, sembra riguardare tutti gli abitanti. tocchera` a sonia, insieme al suo amico teo, ragazzino di famiglia contadina educato alla voracita`, affrontare l`incubo in cui sono precipitati. complici per forza, sonia e teo si avventurano nel biancore accecante della neve col distacco curioso di chi non ha pregiudizi e forse proprio per questo puo` sperare nella salvezza. ma che cos`e` la salvezza? andar via, cambiare vita? o restare e tentare di resistere? un romanzo lucido e terribile, divertito e tagliente, che si misura con i grandi temi - la paura, la crescita - e reinventa le regole del gioco. una storia sulla fatica di cavarsela in un mondo a misura di adulti, quando gli adulti escono di scena e ti lasciano solo.
sono stati il leone, la balena, il cerbiatto, protagonisti di una recita di fine anno nella quale il canguro era scomparso e i suoi amici dovevano ritrovarlo. adesso hanno quasi trent`anni e vagano nei meandri di una vita dorata: mangiano pesce crudo e patanegra, bevono vini pregiati, fumano essenze, assumono droghe come da bambini consumavano caramelle, navigano, festeggiano, inseguono le arti, tentano la politica. hanno corpi scolpiti e vestiti costosi, sono figli di primari e giornalisti celebri, di miliardari dai patrimoni solidi e antichi o recenti e sospetti, ma sono anche gli eredi dei ribelli che hanno caratterizzato stagioni gloriose e disperate della storia: coloro che, prosperando nella pace, hanno invocato la guerra, che amando i genitori ne hanno patito le ipocrisie, smascherato le contraddizioni e sognato l`annientamento. poldo biancheri, "ciccio" tapia, guenda pech, stella marraffa, aldo: hanno tutto ma si sentono in trappola, e questa e` la loro estate, quella in cui vogliono uscire dal cerchio. e poldo la voce narrante della loro ebbrezza, della loro sfida: racconta come se vedesse tutto gia` da una distanza, registrando ogni cosa con fermezza ma senza nascondere la nostalgia per un`infanzia ancora vicina, la rabbia verso padri che si sono presi tutto non lasciando che briciole, la tenerezza per i fratelli e i coetanei capaci di farsi del male per protesta o per amore. poldo ha portato in barca con se` l`anticristo, in cui nietzsche sembra parlare di loro: "guardiamoci in viso: noi siamo iperborei... abbiamo trovato l`uscita per interi millenni di labirinto. oltre il nord, oltre il ghiaccio e la morte: la nostra vita, la nostra felicita`..."
"chi siamo noi?", ci chiediamo all`inizio di questo romanzo. "noi siamo ignoranti. noi siamo, in miliardi di pixel, gli eredi", coloro che vivono ormai fuori della linearita` storica, dove il solo modo per capire i nostri padri e` studiare. cosi`, in principio c`e` un padre bambino, appena nato e gia` pronto ad affrontare il novecento perche` e` un "bambino diacronico", "creatura della durata". grazie alle parole che ha scritto - perche` i bambini diacronici hanno lasciato montagne di parole, con le loro grafie sghembe, i loro dattiloscritti, telegrammi, articoli, faldoni - possiamo seguirne i passi attraverso il secolo breve, che non lo e` stato affatto per chi come lui lo ha vissuto in ogni suo palpito. l`educazione fascista, l`amore con michela, l`etiopia, il fronte greco-albanese; la consapevolezza, l`adesione al comunismo, la resistenza; la militanza politica che assorbe ogni altra vocazione, anche quella di padre, di scrittore; il terrorismo, poi il destino del partito, le verita`, la perdita di identita`; la vecchiaia come un "brodo sugli occhi" attraverso cui cercare di credere ancora. questa la sorte di pietro migliorisi, protagonista di "storia aperta" ed eteronimo di tanti uomini e donne della sua generazione: davide orecchio li riporta in vita attraverso una vertiginosa tessitura delle proprie parole e di quelle (in larghissima parte inedite) lasciate dal padre alfredo orecchio, insieme ai testi di molti comprimari, di cui nella nota finale e` offerto un toccante catalogo. in queste pagine avviene una moderna ne`kyia, la rievocazione di coloro che vissero in un tempo altro, nel quale splendeva il sole dell`avvenire, e si compie l`impresa di un romanzo in cui la polvere di tante voci ne compone una sola. davide orecchio insegue il mistero di un padre sconosciuto, ne indaga le traiettorie possibili, si impone un ferreo rigore documentario ma al tempo stesso permette alla fantasia di colmare lacune, sognare destini. nel silenzio del passato, nel buio dell`i
c`e` mario, che aspettava di mangiare la pizza di granturco con la figlia in braccio quando la terra ha iniziato a tremare: ha perso tutto, vive da anni in un container. ci sono due ragazzi che si baciano in una macchina, il terremoto li coglie in quel momento di dolcezza. c`e` benedetto croce, che riprende i sensi a notte fonda e si trova coperto dalle macerie fino al collo, e c`e` gaetano salvemini, che sopravvive alla moglie, ai figli e a una sorella perche` si aggrappa all`unica parete che non crolla. il terremoto del 1980 in irpinia, che travolse una terra gia` segnata dall`emigrazione, e la ricostruzione, che produsse tanti guasti ma non ha portato via la grazia antica di quei luoghi. gli altri terremoti italiani, da quelli di messina e avezzano ai piu` recenti dell`emilia, de l`aquila e delle marche. e in mezzo tante disgrazie collettive, imprevedibili o dovute all`incuria umana: franco arminio parte dai suoi luoghi e allarga lo sguardo per rievocarle a una a una, scavando tra le macerie con l`indignazione delle sue prose civili e la dolente tenerezza dei suoi versi. questo libro e` al tempo stesso un inedito catalogo delle nostre fragilita`, di tutte le volte in cui la terra ci ha ricordato che siamo piccoli quanto formiche sul suo grande dorso, e un appello rivolto a chi viaggia distratto attraverso le persone e le cose, perche` "quello che e` accaduto non e` frutto del caso o di una congiura, [...] non riguarda solo chi e` morto o i suoi familiari, riguarda noi e i nostri figli, riguarda soprattutto chi non c`era." arminio chiede con ardore alla letteratura di farsi testimonianza, ci ricorda che l`ascolto e l`attenzione alle parole sono il primo passo per ricostruire la speranza.
per ada, giovane copywriter, le parole sono un gioco: le armi con cui l`intelligenza sfida le leggi della responsabilita`. le parole che la raccontano, pero`, ada sa avvolgerle nel silenzio. per sua madre le parole servono a levigare le anomalie della vita: come il fatto che da sempre, nella casa sul lago, e` lei a prendersi cura di claudia, la bambina che ada ha avuto quando era troppo giovane. per alessio invece piu` delle parole contano i gesti e le immagini. lui e ada sono una coppia creativa d`eccezione; l`uno completa l`altra in un`intesa felice destinata a portarli lontano, fino in america. mettere molti chilometri tra se` e claudia e`, pensa ada, il modo migliore per riconquistare il diritto alla giovinezza, quello che quando nasce un figlio perdiamo per sempre. e poi insieme ad alessio lei andrebbe in capo al mondo, perche` il suo sguardo la fa sentire nuova; la riconsegna a se` stessa, nonostante non ci sia una parola per descrivere l`emozione che li unisce. nonostante ada non gli abbia parlato di claudia. nonostante lui sia omosessuale. la limpida scrittura di queste pagine mette a fuoco i perimetri dentro ai quali finiamo per costringere le nostre vite. e sfida le parole, il loro bordo tagliente ma anche la loro illuminante semplicita`. gaia manzini racconta due grandi amori difficili - tra una madre e una figlia, tra due amici sulla soglia del desiderio - e il cammino avventuroso di chi deve nascere due volte per conoscere se` stesso.
mentre infuria la peste del seicento, una bambina cresce in totale solitudine nel cuore di un bosco e a sedici anni e` cosi` bella e selvatica da sembrare una strega e far divampare il fuoco della superstizione. un uomo si innamora delle orme lasciate sulla sabbia da piedi leggeri e una donna delusa scaglia una terribile maledizione. il profumo di biscotti impalpabili come il vento fa imbizzarrire i cavalli argentini nelle notti di luna. bianca pitzorno attinge alla realta` storica per scrivere tre racconti che sono percorsi dal filo di un sortilegio. ci porta lontano nel tempo e nello spazio, ci restituisce il sapore di parole e pratiche remote - l`italiano secentesco, le procedure di affidamento di un orfano nella sardegna aragonese, una ricetta segreta - e come nelle fiabe antiche osa dirci la verita`: l`incantesimo piu` potente e meraviglioso, nel bene e nel male, e` quello prodotto dalla mente umana. i personaggi di bianca pitzorno sono da sempre creature che rifiutano di adeguarsi al proprio tempo, che rivendicano il diritto a non essere rinchiuse nella gabbia di una categoria, di un comportamento "adeguato", e che sono pronte a vivere fino in fondo le conseguenze della propria unicita`. cosi` le protagoniste e i protagonisti di queste pagine ci fanno sognare e ci parlano di noi, delle nostre paure, delle nostre meschinita`, del potere misterioso e fantastico delle parole, che possono uccidere o salvare.
odore di alghe limacciose e sabbia densa, odore di piume bagnate. e un antico cratere, ora pieno d`acqua: e` il lago di bracciano, dove approda, in fuga dall`indifferenza di roma, la famiglia di antonia, donna fiera fino alla testardaggine che da sola si occupa di un marito disabile e di quattro figli. antonia e` onestissima, antonia non scende a compromessi, antonia crede nel bene comune eppure vuole insegnare alla sua unica figlia femmina a contare solo sulla propria capacita` di tenere alta la testa. e gaia impara: a non lamentarsi, a salire ogni giorno su un regionale per andare a scuola, a leggere libri, a nascondere il telefonino in una scatola da scarpe, a tuffarsi nel lago anche se le correnti tirano verso il fondo. sembra che questa ragazzina piena di lentiggini chini il capo: invece quando leva lo sguardo i suoi occhi hanno una luce nerissima. ogni moto di ragionevolezza precipita dentro di lei come in quelle notti in cui corre a fari spenti nel buio in sella a un motorino. alla banalita` insapore della vita, a un torto subito gaia reagisce con violenza imprevedibile, con la determinazione di una divinita` muta. sono gli anni duemila, gaia e i suoi amici crescono in un mondo dal quale le grandi battaglie politiche e civili sono lontane, vicino c`e` solo il piccolo cabotaggio degli oggetti posseduti o negati, dei primi sms, le acque immobili di un`esistenza priva di orizzonti.
Con una scrittura capace di addentrarsi nel buio del male grazie all’innocenza radicale da cui scaturisce, Aurelio Picca fa risuonare le parole dei carnefici e il pianto delle vittime in un profondo silenzio, e scrive un romanzo doloroso e ardente.
leone ginzburg rifiuta di giurare fedelta` al fascismo l`8 gennaio 1934. pronunciando apertamente il suo no imbocca la strada difficile che lo condurra` a diventare un eroe della resistenza. un combattente integerrimo e mite che non imbraccera` mai le armi. mentre l`europa e` travolta dalla marcia trionfale dei fascismi, questo giovane intellettuale prende posizione contro il mondo servile che lo circonda e la follia del secolo. fondera` la casa editrice einaudi, organizzera` la dissidenza e creera` la sua amata famiglia a dispetto di ogni persecuzione. questa e` la sua storia, dal giorno della cacciata dall`universita` fino a quello della morte in carcere. nel racconto di scurati accanto a quella di leone e natalia ginzburg scorrono anche le vite di antonio e peppino, ida e angela, i nonni dell`autore, persone comuni nate negli stessi anni e vissute sotto la dittatura e le bombe della seconda guerra mondiale. dai sobborghi rurali di milano divenuti operai ai vicoli miserabili del "corpo di napoli", le esistenze umili di operai e contadini, artisti mancati e madri coraggiose entrano in risonanza con le vite degli uomini illustri. accostando i singoli ai grandi eventi, attraverso documenti, fotografie e lettere, ricordi famigliari e memoria collettiva, antonio scurati fa rivivere il nostro passato. un racconto in cui si stagliano figure esemplari con il loro lascito inestimabile e quelle di persone comuni, fino a scoprirne la profonda comunanza: le nascite e le morti, i libri e i figli, le case abitate o evacuate, la vita privata che per tutti si attiene a una medesima trama elementare, in cui risuonano fatti memorabili e fatti trascurabili e in cui la grande storia incontra le storie di noi tutti.
STREGA 2020 (proposto da Loredana Lipperini)
La nuova stagione non è soltanto un romanzo sul territorio, le Marche della bellezza pagana, delle leggende legate a santi e sibille e del terremoto, ma è una storia di mutazione insieme generazionale e sociale che si incarna nelle due protagoniste, Nadia e Olga, e nei loro tentativi di vendere la terra ereditata dal padre. Un romanzo di radici che incastona le venature dialettali della lingua in una narrazione tra l'ironico e il drammatico, che racconta le nuove stagioni delle nostre generazioni, vecchie e nuove.
e se fosse vero? e questo che ci si chiede dopo aver letto i racconti di loredana lipperini. squarci di luce e ombre lunghe su vite all`apparenza normali: mogli che perdono i mariti nella monotonia della quotidianita`, madri che vivono nel ricordo di figli morti troppo presto o che devono fare i conti con la depressione post partum. ma. c`e` sempre un ma, perche` all`improvviso le pagine prendono fuoco, e passioni, paure, rabbia si fanno incandescenti e bruciano di magia, annichiliscono, salvano o condannano senza rimedio. con omaggi innamorati a stephen king e h.p. lovecraft e una scrittura sicura e limpida, l`autrice ci rapisce dalla realta` e ci regala quel finale inatteso a cui finora non abbiamo ancora assistito. ma forse, chissa`.
lui e` come una bestia: sente il tempo che viene. lo fiuta. e quel che fiuta e` un`italia sfinita, stanca della casta politica, della democrazia in agonia, dei moderati inetti e complici. allora lui si mette a capo degli irregolari, dei delinquenti, degli incendiari e anche dei "puri", i piu` fessi e i piu` feroci. lui, invece, in un rapporto di pubblica sicurezza del 1919 e` descritto come "intelligente, di forte costituzione, benche` sifilitico, sensuale, emotivo, audace, facile alle pronte simpatie e antipatie, ambiziosissimo, al fondo sentimentale". lui e` benito mussolini, ex leader socialista cacciato dal partito, agitatore politico indefesso, direttore di un piccolo giornale di opposizione. sarebbe un personaggio da romanzo se non fosse l`uomo che piu` d`ogni altro ha marchiato a sangue il corpo dell`italia. la saggistica ha dissezionato ogni aspetto della sua vita. nessuno pero` aveva mai trattato la parabola di mussolini e del fascismo come se si trattasse di un romanzo. un romanzo - e questo e` il punto cruciale - in cui d`inventato non c`e` nulla. non e` inventato nulla del dramma di cui qui si compie il primo atto fatale, tra il 1919 e il 1925: nulla di cio` che mussolini dice o pensa, nulla dei protagonisti - d`annunzio, margherita sarfatti, un matteotti stupefacente per il coraggio come per le ossessioni che lo divorano - ne` della pletora di squadristi, arditi, socialisti, anarchici che sembrerebbero partoriti da uno sceneggiatore in stato di sovreccitazione creativa. il risultato e` un romanzo documentario impressionante non soltanto per la sterminata quantita` di fonti a cui l`autore attinge, ma soprattutto per l`effetto che produce. fatti dei quali credevamo di sapere tutto, una volta illuminati dal talento del romanziere, producono una storia che suona inaudita e un`opera senza precedenti nella letteratura italiana. raccontando il fascismo come un romanzo, per la prima volta dall`interno e senza nessun filtro politico o ideologico, scurati svela u
"io ho ricominciato a lavorare. in altri luoghi scrivo, succhio gamberi, respiro foglie balsamiche, faccio l`amore, ma una parte di me e` qui, sempre qui, impigliata a un fil di ferro o a una paura mai vinta, inchiodata per sempre: il puzzo di brodaglia del carrello del vitto, quello pungente dei disinfettanti, il bip del segnalatore del fine-flebo, la porta che si chiude alle mie spalle quando termina l`ora della visita." cosi` si sente chi di noi vive l`esperienza di una perdita incolmabile: impigliato, inchiodato. dalle pagine di questo libro affiora il volto vivissimo di una giovane donna, giovanna de angelis, madre di tre figli e di molti libri, editor di professione, che si ammala e muore. il suo compagno la cerca, con la speranza irragionevole degli innamorati, attraverso le stanze - dell`ospedale, della casa, dei ricordi - fino a perdersi. solo un ragazzo non si sottrae alla fratellanza profonda cui ogni dolore ci chiama e come un caronte buono gli tende una mano verso la vita che continua a scorrere, che ci chiama in avanti, pronta a rinascere sul ciglio dell`assenza. yari selvetella da` voce a un addio che sembra continuamente sfuggire al tentativo di essere pronunciato, come moby dick nel fondo del mare, e scrive un kaddish laicissimo eppure pervaso del mistero che ci unisce a coloro che abbiamo amato. attraverso il labirinto al neon degli ospedali, le stanze chiuse del lutto, il filo tracciato da una penna sul foglio bianco e` ancora di salvezza, celebrazione commossa della forza vitale delle parole.
"vuoi essere l`addetta al ricordo, bambina mia?" attilio, il nonno che e` stato per lei un padre, fa ad aura questa richiesta sconcertante: non assistere alla malattia che divorera` la mia mente, ricordami nel pieno della vita. aura e` una ragazza speciale, ha il nistagmo - disturbo che fa muovere le pupille incessantemente e che le e` valso il soprannome di signorina occhipazzi - e davvero il suo sguardo e` sempre rivolto a qualcosa di diverso da quello che vedono gli altri, come alla ricerca di un dettaglio che eternamente le sfugge. ma proprio per questo aura e` coraggiosa, sa stare sola, sa che gli uomini spesso guardano solo la superficie delle cose: cosi` accetta la sfida e parte per un paese lontano. quando pero`, al suo ritorno, scopre che attilio e` stato di parola e si e` recluso in una casa di riposo, aura capisce di non voler rispettare il patto e comincia a cercare il nonno ovunque: nei messaggi che lui ha seminato dietro di se` come sassolini bianchi nel bosco, nella memoria di chi gli ha voluto bene, nei propri ricordi e in quelli di sua madre isabella, inadeguata all`amore eppure caparbiamente ostinata a cercarlo, sempre troppo "leggera" ma forse per questo capace di rialzarsi quando cade. e cosi` che aura raccoglie frammenti dell`esistenza del nonno ma anche di quelle dei molti personaggi che popolano il romanzo: "cocci" di vite autentiche, spesso dolenti, irrisolte ma capaci di incastrarsi le une con le altre in maniera sorprendente.