
il mondo di "post mortem" e` quello degli ebrei di tel aviv, e in particolare quello degli immigrati in fuga dalla germania fra gli anni venti e quaranta del novecento. kaniuk, ripercorrendo gli eventi tragici e insieme quotidiani che smembrarono la sua famiglia fino a farla sparire, si tiene lontano da ogni ripiegamento sentimentale. la scomparsa di una cosi` fitta ragnatela di parentele diventa occasione per dissezionare anche il mito della grande famiglia patriarcale della tradizione ebraica e farne il bersaglio della sua pungente scrittura.

siamo ad arad, in israele, una citta` nel cuore del deserto del negev. in questo luogo arido, implacabile, sorge un avveniristico istituto di riabilitazione e terapia. tutto e` pulito e immensamente confortevole. ma dietro la perfetta facciata si nascondono innumerevoli tragedie: l`istituto e` un manicomio per reduci della shoah, ed e` stato concepito, finanziato e realizzato da una ricca americana. ad aiutarla nell`impresa una donna ebrea, votata all`attesa di una nuova rivelazione, che non puo` avvenire se non per bocca di uno dei malati di mente. tutto, follia compresa, ruota attorno ad adam stein, ex pagliaccio, ebreo, vissuto in germania prima della guerra.

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una mattina una giovane donna si sveglia con il presentimento che il sogno appena fatto contenga qualche realta`. contemporaneamente un attentato devasta la citta` e miete tre morti. la protagonista ripensa a tutta la vicenda e ricorda di aver fotografato poco tempo prima un importante scrittore, si convince poi che l`attentato fosse rivolto contro di lei e da quel momento inizia una avventura che la portera` lontano.