La musica ci emoziona, cura, aizza, incita e ipnotizza. Perché? È la religione, nata dallo spirito di un sacrificio, compiuto dagli uomini in cerchio attorno alla vittima. Il teatro è un cerchio, che circonda l’attore. Il gesto mima il rito; il testo è una preghiera e la musica la ritma. La musica è una religione. Richard Wagner aveva capito tutto e ancora oggi il suo rito si rinnova. Dall’antico Egitto alla Grecia, per le strade di Roma e più su verso i ghiacci del Nord, l’Occidente ha maturato una consapevole identità di sé, che questo libro tenta di svelare attraverso la lettura dei miti che l’hanno saputa edificare passo dopo passo. Siamo in un laboratorio con un microscopio in grado di osservare i filamenti del nostro DNA. È stato René Girard a costruirlo per primo a cavallo tra XX e XXI secolo al quale il libro è dedicato assieme a Richard Wagner, che un secolo prima l’aveva messo in musica coi suoi Drammi. L’ultimo capitolo osserva come questo ideale laboratorio continui a mostrarsi valido anche sul palcoscenico del Bol’šoj nel 1940, quando ad Ejzenštejn fu commissionata la regia della Valchiria, secondo capitolo dell’Anello del Nibelungo di Wagner. |