c`e` una stagione del cinema americano che sprigiona forse piu` delle altre un`aura magica e carica di nostalgia. un momento situato tra la morte del film muto e le prime opere a colori, colmo di sguardi sognanti, baci proibiti e musiche patetiche; di locandine dai colori a pastello e lettering curati, che incorniciavano i volti angelici di lana turner, susan kohner, dorothy malone, o i sorrisi rassicuranti di rock hudson e john gavin. una stagione a tutti gli effetti unica, fatta di film amatissimi dai contemporanei, disprezzati dai critici e riabilitati dai posteri, il cui principale esponente era un eccentrico regista di amburgo fuggito dal terzo reich che, all`apice del successo, si sarebbe ritirato per sempre. questo libro e` un`immersione nella vita e nella carriera di douglas sirk, il maestro del me`lo hollywoodiano del dopoguerra, attraverso le conversazioni avute con lo storico jon halliday: dalla giovinezza come regista teatrale nella repubblica di weimar, dove divenne amico tra gli altri di bertolt brecht, ai primi tentativi filmici; dagli anni della censura nazista alla fuga dalla germania; dai primi passi come esule negli stati uniti sperimentando tra i generi - western, peplum, noir, musical - alla messa a punto di un nuovo linguaggio cinematografico; fino all`affermazione con film come "magnifica ossessione" o "tempo di vivere" e al ritorno in europa. "lo specchio della vita" e` il racconto di una figura geniale a lungo sottovalutata, capace di raffinate fotografie delle nevrosi sociali e di soluzioni registiche innovative all`interno di produzioni patinate, pensate per il grande pubblico. arricchita da uno scritto inedito del regista rainer werner fassbinder, sodale e ammiratore di sirk, e da una postfazione di goffredo fofi, quest`opera e` un classico della letteratura di cinema: un dialogo sul rapporto tra arte ed esistenza, tra fama e valore, tra ricerca espressiva e popolarita`. l`ultimo brillio di un`epoca ingenua e meravigliosa, che aveva rives |