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il presidente dell`aburiria - poverissimo paese africano vessato dalla dittatura - soffre di una strana malattia: l`uomo vorace e senza scrupoli che ha instaurato un governo repressivo fondato sulla paura, ora fluttua nella stanza del trono, gonfio a dismisura e incapace di parlare. nessuno puo` curarlo, tranne il famigerato mago dei corvi: un giovane stregone di nome kamiti, noto tra la gente per le sue straordinarie facolta` magiche. nel paese intanto, mentre il governo avvia la costruzione di un`opera faraonica - la marcia verso il paradiso, una sorta di moderna torre di babele esplode la protesta guidata dal movimento per la voce del popolo, di cui fa parte la bella nyawira, che lotta clandestinamente per i diritti delle donne, per i poveri e la liberta`. e cosi` che proprio sul mago dei corvi si concentrano le speranze di tutti: ragazzi e anziani, ribelli e reazionari, esponenti della rivolta e ministri - ogni fazione vorrebbe approfittare degli infallibili poteri del mago. l`incontro con nyawira segnera` per entrambi l`inizio di un`avventura: lei, accusata di essere una sovversiva, e` il nemico numero uno del governo; lui invece e` ricercato dalle autorita` per curare il male del presidente, venendo cosi` chiamato a una scelta difficile. accettera` di piegarsi al potere o preferira` lottare per il suo paese?
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pubblicato in inglese nel 1967 e per la prima volta in italiano da jaca book nel 1978, il romanzo di ngugi wa thiong`o, piu` volte candidato al nobel per la letteratura, rappresenta una cruda analisi degli smarrimenti e delle divisioni affrontati dai kenioti dopo la celebrazione dell`uhuru, il giorno dell`indipendenza (12 dicembre 1963). il romanzo ruota attorno ai festeggiamenti di questa giornata memorabile avvitando, in un incastro sapiente di passato, presente e futuro, le storie dei vari personaggi, tutti nativi dello stesso villaggio. un intreccio che suscita emozioni quasi da romanzo
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i quattro testi di ngugi wa thiong`o che compongono "decolonizzare la mente", sono la summa di un pensiero che si e` andato formando con anni di studio e con dolorose esperienze vissute in prima persona; in particolare la scelta di scrivere una pie`ce di critica al potere nella sua lingua madre, il gikuyu, in modo da poter essere compreso da ogni strato di pubblico, gli costo` nel 1978 un anno di detenzione. fu in quei mesi che l`autore maturo` la convinzione che "l`arma piu` grande scatenata ogni giorno dall`imperialismo contro la sfida collettiva degli oppressi e` la bomba culturale, una bomba che annulla la fiducia di un popolo nel proprio nome, nella propria lingua, nelle proprie capacita` e in definitiva in se stesso". in tal senso, questo volume anche oggi puo` dire molto ai lettori occidentali che vogliano osservare criticamente i fenomeni connessi alla globalizzazione e gli effetti di una politica culturale omologante.