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il suo nome e` fumana, che nella bassa del po vuol dire nebbia. in quel mare pallido che copre ogni cosa come un mantello, a lei piace perdersi, e non ha paura di nulla. lo sa bene suo nonno, il rude petrolio, che di notte la porta nelle paludi a pescare le anguille. fumana cresce libera e selvaggia, ma quando comincia a farsi donna, petrolio deve chiedere aiuto alla lena, la "strigossa" della zona. lena le insegnera` molte cose, da come stendere la sfoglia per i cappelletti alle parole segrete che usa per guarire le persone. cosi`, mentre l`italia passa da una guerra all`altra, fumana scopre il suo dono, la sua vocazione. una storia piena di tenerezza sui legami e sulla trasmissione dei talenti, sull`accettazione del proprio destino ma anche sulla tenacia nel cercare la propria strada. a fumana la nebbia piace cosi` tanto che a volte, quando si immerge in quel bianco opalescente, sembra ci sia qualcuno - o qualcosa - ad aspettarla. le piace pure pescare con il nonno, la notte, sul sandolo, una lanterna a illuminare il buio della palude. e poi, da un certo punto in avanti, inizia a piacerle anche luca: dopo aver fatto il bagno con lui alla pozza delle monache, torna a casa senza sapere bene che cosa le si agita dentro, e perche`. la notte in cui e` nata, la gente di voltascirocco se la ricorda ancora, sembrava che l`adige volesse portarsi via tutto il veneto. se sopravvivi a un disastro come quello, con tua madre che muore di parto e tuo padre che forse e` fuggito verso la merica a cercare fortuna, e` perche` la vita ti ha destinato a qualcosa. i primi anni col nonno petrolio, nella quiete immobile dei margini del paese, tra i canali pieni di rane, anguille e tinche, fumana li passa a esplorare tutto cio` che puo` e a far finta di non sentire i giudizi degli altri. ma poi l`infanzia finisce, e persino il burbero petrolio capisce che deve fare qualcosa, che sua nipote sta diventando una ragazza: l`incontro con lena, che con certe sue parole, con certi suoi segni, con
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quelli come i gevori li chiamano : hanno due volte niente. per loro partire, piu` che una scelta, e` un tuffo in un niente diverso, ancora sconosciuto. anche se dai boschi del veneto alle foreste del brasile il viaggio e` cosi` lungo. soprattutto in nave, soprattutto alla fine dell`ottocento. attraverso gli occhi di piero, che ha quindici anni e tante cose in testa, paolo malaguti racconta l`epopea e la perdita dell`innocenza degli italiani nelle americhe: il gesto rapinoso di costruire il mondo tra animali mai visti e piante lussureggianti, dove la lotta con la natura e` un corpo a corpo quotidiano. e il futuro una scommessa. piero dei gevori ha quindici anni e vive ai margini del bosco del montello, l`antica riserva di legna della serenissima. in famiglia sono tantissimi e poverissimi, hanno una casa che sta in piedi per miracolo, mangiano poco e non possiedono nulla. come se non bastasse, la cattiva sorte si accanisce su di loro. da qualche tempo, giu` al paese, si dice che alla merica regalino la terra a chi ha voglia di lavorare. dopo l`ennesima ingiustizia, per i gevori mettersi in viaggio in cerca di fortuna non e` piu` una scelta, ma l`unica salvezza. eppure, quando arrivano in brasile insieme alla marea di italiani in fuga dalla miseria, non trovano il paradiso promesso. li` in mezzo al nulla bisogna farsi spazio, abbattere gli alberi per costruire tutto da zero: dovranno strappare la terra al "mato", tra le minacce sconosciute della foresta vergine, lontani da tutto e da tutti, senza alcuna possibilita` di tornare alla vita che si sono lasciati alle spalle. piero aiuta il padre e la sorella a mandare avanti il fondo, tira su case, semina granturco e fagioli: arriva alla sera con le ossa rotte, ma nel frattempo cresce. e crescendo impara due cose: che per morire basta il morso di un serpente, e che il primo amore e` piu` pericoloso di tutte le bestie feroci messe insieme. nel groviglio del "mato", oltretutto, sara` lui a scoprire quello che ness
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dicono che per vivere felici si debba trovare il proprio posto nel mondo: molti di noi passano la vita a cercarlo, per altri e` questione di un attimo. agostino faccin, che tutti chiamano
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19 febbraio 2080. martedi` grasso. c`e` nebbia, sulla laguna deserta, i turisti non sono ancora arrivati. affluiranno appena fara` giorno, pagando il biglietto e passando dai tornelli: gia`, perche` da quando venezia e` stata dichiarata non piu` agibile, evacuata e trasformata in venice park - la piu` pittoresca delle attrazioni italiane - non esistono piu` residenti. solo il circo quotidiano dei visitatori e degli accompagnatori, oltre a un pugno di resistenti che vorrebbe vederla tornare viva e abitata. in questo giorno d`inverno ci sono michele e sandro, guardiani che pattugliano la laguna. c`e` carlo, guida turistica appena promossa (e gia` in un mare di guai). c`e` rebecca, la combattiva attivista disposta a trasformarsi in assassina pur di non rassegnarsi alla morte della sua citta`. e c`e` giobbe, un vecchio che ha perso tutto: la moglie, la casa, la memoria... ma l`unica cosa che gli e` rimasta, un segreto racchiuso in un mazzo di chiavi, puo` cambiare il futuro. che infatti cambiera`, nell`arco di un`indimenticabile giornata di carnevale. allucinazione e realismo, tenerezza e mistero sono le cifre di un romanzo storico diverso da ogni altro, capace di proiettare il passato in un futuro prossimo che somiglia vertiginosamente al nostro. la citta` d`arte piu` famosa al mondo fa da scenario a un`avventura dal passo di nebbia e di tuono, in cui si muovono quattro personaggi che in modi diversi dovranno scegliere tra se stessi e venezia.
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alle 6,30 del 27 febbraio 1931 il trillo violento del duplex manda all`aria uno dei sogni piu` belli, con tanto di fiammante fiat 521 coupe`, fatti dall`ispettore ottaviano malossi, 32 anni, sposato da cinque, ufficiale della polizia di stato nella questura centrale di firenze. dall`altro capo del telefono il collega vannucci gli dice che e` atteso alla stazione dagli agenti della ferroviaria. con una certa urgenza, visto che c`e` di mezzo un morto. il tempo di trangugiare l`orzo riscaldato dalla sera prima nel buio del cucinino, salutare la moglie, inforcare la bicicletta, che malossi si ritrova al cospetto degli agenti e poi su un treno diretto a calenzano dove, riverso sulla massicciata, sul lato esterno della linea che scende da prato, giace il cadavere del morto in questione. vestito in maniera seria ed elegante, il morto porta i chiari segni di una caduta: tracce di polvere biancastra sulla schiena, uno strappo alla cucitura della manica sinistra, un altro strappo all`altezza del ginocchio destro. il volto e` quello di un uomo anziano e ben curato, capigliatura candida, pizzo lungo e folto. gli uomini accorsi per primi sul posto lo guardano con un`espressione di timore mista a reverenza. nel sole accecante del mattino malossi non tarda a scoprire il perche`. le tessere della milizia volontaria e del pnf contenute nel portafoglio del morto mostrano generalita` da far tremare i polsi: graziani andrea, nato a bardolino di verona, il 15 luglio 1864, luogotenente generale della milizia volontaria per la sicurezza nazionale. un caso spinoso, dunque, per cui bisogna fare presto, trovare i colpevoli, se ve ne sono, ma soprattutto consegnare quanto prima il corpo dell`eroe agli onori che la patria vuole tributargli. resta da chiarire, pero`, come graziani sia finito riverso al suolo sulla scarpata opposta a quella di marcia del treno su cui viaggiava: si e` suicidato, spiccando un balzo fuori dal portello, oppure qualcuno, prima dell`alba, lo ha spinto con violenza giu
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1565, venezia. il sole non lambisce ancora il camposanto di san zaccaria, quando il vecchio giovanni si cala nella tomba del chierico gregorio eparco, il suo antico tutore, appena riesumata dai pissegamorti in cambio di tre ducati. non vuole trafugare la bara di legno marcio o le ossa ricoperte di lanugine e muffa. sta cercando un libercolo. un diario "avvolto in una pezza di tela cerata, sigillata da un nastro nero", che lui stesso, cinquant`anni prima, ha nascosto sotto la nuca del maestro, dopo aver giurato di non sfogliarlo ne` di farne parola con nessuno. il giuramento, pero`, ora puo` essere infranto, poiche` le annotazioni contenute in quell`involucro sono l`unico indizio in grado di condurre ad alcune preziosissime reliquie cristiane andate perdute. il diario si apre nel 1452, quando gregorio giunge ad adrianopoli insieme con il suo socio d`affari, l`ebreo-veneziano malachia bassan. la citta`, strappata a venezia dagli ottomani un secolo prima, offre uno spettacolo raccapricciante agli occhi dei due giovani mercanti. gregorio ha un`idea: recuperare tutti " i frammenti di paradiso" disseminati nelle chiese, nei sotterranei e dentro il grande palazzo imperiale di costantinopoli, per salvare in tal modo la cristianita`. un`idea allettante anche per malachia bassan, nella cui mente si affaccia il pensiero che, male che vada, quelle reliquie cosi` preziose possono pur sempre essere vendute. cosi` tra imboscate, fughe ed enigmi, i due giovani mercanti si accingono all`impresa...
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che cos`e` il veneto? uno spazio geografico? una lingua destinata forse a vivere, forse a morire? o soltanto un ricordo, un miraggio di qualcosa che non c`e` piu`? a cinque anni dall`uscita di sillabario veneto. viaggio sentimentale tra le parole venete, paolo malaguti torna a confrontarsi con queste domande, e lo fa partendo da una trentina di nuove parole del "suo" veneto, quello che gli e` arrivato, nonostante le censure di genitori e nonni per un codice del quale talvolta ci si vergognava, come l`ultimo rivolo di un fiume progressivamente prosciugatosi negli ultimi 40 anni. bunigolo, bronsa, fruare, imbacuca`, incoconare, magon, pampalugo, piron, pitaro, pocio, sbrego, sproto, strucon, suca baruca sono solo alcuni dei termini da cui l`autore parte per un viaggio dall`esito imprevedibile, sospeso tra etimologia, storia, memoria collettiva ed esilaranti episodi familiari. trenta storie che compongono un racconto nostalgico ma scanzonato sul veneto (e sui veneti) di ieri e di oggi.