esiste un classico di coinvolgente bellezza, un libro essenziale, un romanzo perfetto che e` rimasto pressoche` ignorato dalle lettere italiane, e che ha invece marchiato a fuoco il novecento francese: "la riva delle sirti" di julien gracq, opera che tra storia e mito racconta la decadenza e la rovina di un`intera civilta`. una guerra ormai sopita, eppure mai ufficialmente conclusa, tiene in scacco da trecento anni la fittizia repubblica di orsenna, ricca di tradizioni e povera di futuro. l`attesa - questa paralisi della speranza - consuma la vita di aldo, un giovane dell`aristocrazia cittadina piombato dagli agi e dalla spensieratezza della capitale alle sperdute e silenti lande di una sonnecchiante frontiera. julien gracq racconta il dolce perdersi di una vita e il lento naufragare di un popolo, descrive i costumi, i palazzi e le leggende di un paese immaginario, dipingendo con insuperabile maestria le vedute di un paesaggio avvolto in una da cui emergono le figure solide, nitide, del capitano marino, dell`ufficiale fabrizio, della splendida vanessa, e anche - paradossalmente - del minaccioso e mai avvistato nemico d`oltremare. in un`atmosfera metafisica - come sospesa tra il deserto dei tartari, la sontuosita` di proust e la vastita` di conrad - l`assurdo e il misterioso si accendono inaspettatamente dando vita alle fiammeggianti che puntellano questa avventurosa metafora dell`esistenza in cui ogni frase e` intrecciata come i fili di un arazzo, ogni parola e` potente, centellinabile come un liquore raro, dal fascino indiscutibile. . |