"de quincey parla effettivamente dell`omicidio, parla dell`orrore divertente, che, come sappiamo, e` diventato uno degli ingredienti di una sana e normale convivenza. il suo interesse per l`omicidio e` in primo luogo tecnico; anche questo e` un trucco, tuttavia non e` inutile, con aristotelica saggezza, `lasciarsi ingannare`. come nel discorso di swift, la tecnicita` del procedimento, la sua economicita` e funzionalita`, coincidono con il divertimento, con la sommessa risata dell`uomo. e interessante notare che gli omicidi di cui parla de quincey non sono fittizi, ma sono onesti, concreti, tangibili, misurabili assassinii, con nome e cognome, data e luogo di esecuzione. de quincey non e` essenzialmente interessato all`astuta impunita` dell`omicida; la stima, eventualmente, come indizio di `virtu``, ma quel che gli si pone come problema e` l`atto dell`uccidere, la sua grandezza e desolazione, la sua empia eleganza, e insieme, misteriosamente mescolata a tutto cio`, qualcosa di mostruosamente eccitante, qualcosa che non e` noioso, che e` il contrario del tedio; e, ancora oltre, quel che vi si custodisce di disperatamente ilare..." (dall`introduzione di g. manganelli) |