
pochi filosofi o storici della cultura novecenteschi hanno saputo restituire la quintessenza del romanticismo come isaiah berlin; e nessuno scritto piu` di queste memorabili mellon lectures puo` rappresentare, di quell`accurato lavoro di filologia dello spirito, la sintesi definitiva. in sei sequenze di luminosita` tagliente, berlin spazza via con gesto deciso e perentorio i luoghi comuni che ancora gravavano su quella che egli considera la piu` grande rivoluzione cognitiva dell`occidente moderno. berlin ci rivela ad esempio che l`attacco ai lumi e` gia` implicito negli stessi lumi, grazie a figure come vauvenargues (col suo pessimismo nichilista), montesquieu (col suo esasperato relativismo antropologico) o hume (col tarlo scettico che rode dall`interno il grande edificio empirista). non solo: oltre a gettar luce su figure misconosciute eppure decisive come hamann - il cui vitalismo mistico sfocia nell`idea che dio non sia ne` un geometra ne` un matematico ma un poeta -, berlin delinea il romanticismo



oxford, anni trenta. il futuro autore del "riccio e la volpe", del "legno storto dell`umanita`", della "liberta` e i suoi traditori" e` un giovane studioso agli inizi della carriera, ma gia` rivela quelle singolari doti che faranno di lui uno dei grandi epistolografi del novecento: la passione per il gossip e la conversazione brillante ("la vita non merita di essere vissuta se non si puo` essere indiscreti con gli amici intimi" scrivera`), il talento di `imitatore di voci`, la curiosa mobilita` di uno sguardo capace di trascorrere con leggerezza da un oggetto all`altro, l`eleganza musicale della prosa, l`ironia degna di evelyn waugh o robert byron. che parli degli intrighi accademici oxfordiani o dei concerti di toscanini a salisburgo, del cenacolo di stefan george e dei prodromi del nazismo o di letteratura inglese, di gerusalemme o del "viaggio della memoria" nella patria russa, delle atmosfere di venezia o dei suoi incontri con virginia woolf, sempre la varieta` armoniosa, la versatilita` danzante del suo stile ci incantano. ma non basta: negli anni trascorsi fra new york e washington (1941-1946) come funzionario del foreign office - con il delicato compito di operare affinche` il governo di roosevelt decidesse l`entrata in guerra al fianco di churchill, nonche` di guadagnare l`america alla causa sionista -, berlin si rivela anche un geniale cronista del grande ebraismo americano (i warburg e i frankfurter, i brandeis, i rothschild), sicche` questo epistolario giovanile ci regalera` anche un`incursione nel cuore segreto della storia novecentesca.

febbraio 1996: l`ottantasettenne isaiah berlin riceve una lettera di ouyang kang che gli chiede un compendio delle sue idee per un volume collettivo sulla filosofia angloamericana contemporanea. stimolato dalla rilevanza storica, e anche simbolica, dell`iniziativa, berlin decide di rompere un silenzio creativo di quasi un decennio e comincia cosi` a dettare, aiutandosi solo con un foglietto di appunti, i suoi pensieri a un registratore. il risultato sara` "il mio itinerario intellettuale" ovvero il suo ultimo saggio, apparso postumo nel 1998. giustamente posto da henry hardy come "ouverture" del "potere delle idee", "il mio itinerario intellettuale" e` molto piu` di un`introduzione al pensiero di berlin.
