pietre, muri, asfalti, monumenti, parchi, terreni abbandonati, centri e periferie, verde spontaneo, antico splendore imbellettato e ridotto a bene di consumo culturale, modernismo dispiegato, aree pedonali, zonizzazione, espansione per accumulo: tutti insieme concorrono all`effetto-citta`. effetto essenzialmente linguistico, secondo jean-christophe bailly, che grazie alla metafora della lingua - alla musicalita` che dovrebbe ritmarla - arriva a cogliere lo specifico del paesaggio urbano e metropolitano meglio di un urbanista o di uno storico dell`architettura. ma come parlano oggi le citta` a chi voglia intenderle davvero? non con un fraseggio fluido e ben accordato, bensi` con "parole fiacche e improprie", "verbi non coniugati", infiniti e sostantivi posti "gli uni accanto agli altri". una dizione ancora alla ricerca della partitura che accolga la felice improvvisazione dei recitativi in prosa capaci di recuperare la centralita` della strada, invece di farsi ingombrare dagli assoli declamatori delle grandi opere architettoniche prive di contesto. senza indulgere alla retorica dell`erranza e della nostalgia, bailly ci invita ad accompagnarlo mentre calca i selciati in tre continenti, indugia sui materiali piu` umili e su cio` che e` in disuso, rida` senso agli spazi che fuoriescono da schemi funzionali predisposti. solo nella combinatoria infinita dei nostri passi, ci suggerisce, le citta` tornano a esprimersi, connettendo tra loro parti prima ammutolite nell`isolamento. |