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questo libro intende dimostrare, contro il relativismo culturale, che non esistono contraddizioni tra universalismo e particolarismo e, soprattutto, che la manifestazione delle identita` contemporanee passa per l`utilizzo di significati globali. secondo l`autore, la globalizzazione non data da oggi e nei secoli - dall`espansione dell`islam alla colonizzazione europea - piu` che di scontro si e` trattato di successive fasi di contatto che hanno connessioni tra le cultura.

attratto da un richiamo fatale nel cuore dell`africa, il giovane salim, indiano di fede musulmana, lascia la costa orientale del continente per rilevare da un amico di famiglia un eccentrico bazar in riva a un fiume punteggiato dalle "isole scure" dei giacinti e circondato da un paesaggio primordiale di foreste, torrenti nascosti e impervi, canali infestati da zanzare e solcati da chiatte, buganvillee rigogliose, tramonti velati di nuvole lungo le rapide. qui cerchera` di contribuire, con pochi sodali, all`evoluzione di una societa` travolta da recenti tumulti. e in un primo momento la comunita` dell`"ansa del fiume" - cosi` come l`intero paese sembrera` avviarsi a un promettente progresso. ma quello slancio innovatore, fagocitato dal grande uomo (nel quale non e` difficile riconoscere il dittatore mobutu), si convertira` presto in un futurismo grottesco (il "radioso avvenire"); e, unito alla feroce rabbia accumulata nel periodo coloniale e a un equivoco ritorno alla `nazione autentica`, suscitera` un sistema di controllo paranoico e una catena di cieche rappresaglie - consegnando salim a un destino di apolide senza patria e senza vera identita`.

"io son de dieci il primo, e vecchio fatto di quarantaquattro anni, e il capo calvo da un tempo in qua sotto il cuffiotto appiatto. la vita che mi avanza me la salvo meglio ch`io so: ma tu che diciotto anni dopo me t`indugiasti a uscir de l`alvo, gli ongari a veder torna e gli alemanni, per freddo e caldo segui il signor nostro, servi per amendua, rifa` i miei danni. il qual se vuol di calamo et inchiostro di me servirsi, e non mi to`r da bomba, digli: - signore, il mio fratello e` vostro -". le satire dell`ariosto, di forte influenza oraziana, sono un testo originale sia per l`inusitato utilizzo della terzina dantesca in una serie di componimenti epistolari, sia per l`abbandono del tono predicatorio e moralistico tipico della tradizione della satira dai tempi di giovenale, a vantaggio di un andamento piu` affabile e cordiale. i travagli personali, mescolati a divertenti quadretti narrativi, sfociano in profonde riflessioni sulla vita senza mai alcun momento di enfasi o toni troppo gravi. questo ne fa una delle opere piu` piacevoli fra i classici della letteratura italiana. cesare segre comincio` ad occuparsi di un`edizione delle satire dell`ariosto per einaudi alla morte di suo zio santorre debenedetti (1948), che aveva impostato il lavoro con l`assistenza del nipote. l`edizione usci`, dopo infinite vicissitudini, nel 1987 ed e` stata molte volte ristampata. ora ne proponiamo una versione aggiornata sulla base delle ultimissime correzioni d`autore e della nuova introduzione fatta uscire da segre per l`edizione francese delle belles lettres nel 2014, l`anno stesso della morte dello studioso. una sola la variante testuale, ma molti cambiamenti nelle note, nella nota al testo e nella bibliografia.

l`amicizia fra benjamin e scholem spicca, nel novecento, come una tra le piu` affascinanti e vitali. e quando nel 1980 scholem pubblica questo carteggio, che copre gli ultimi otto anni della vita di benjamin, vuole rendere giustizia a un rapporto complesso e non privo di contrasti, ma improntato a una profonda fedelta`. grande studioso della qabbalah e della mistica ebraica, scholem e`, nel 1932, gia` da tempo in palestina e ormai a un passo dalla cattedra; la vita di benjamin, cabbalista in incognito e profondo innovatore del pensiero, attraversa invece la sua fase piu` tormentata: ospite di volta in volta a ibiza, parigi, sanremo e in danimarca, e` costantemente alla ricerca di una base di sussistenza. tra i due, fortemente segnati dalla formazione nella berlino di inizio secolo e subito attratti dalle ricerche l`uno dell`altro, si sviluppa un confronto incessante che investe l`attualita` politica, i libri letti, le comuni conoscenze (da buber a bloch, da brecht ai francofortesi), e che trova il suo fulcro nei densissimi scambi a proposito di kafka. un dialogo a distanza - se si esclude il breve incontro parigino dell`inverno del 1938 - e non di rado drammatico, intessuto com`e` anche di malintesi, puntute allusioni, eloquenti silenzi, ma che resta una prova convincente delle parole con cui benjamin defini` il suo rapporto con scholem: .

nell`ottocento il colonialismo europeo ando` di pari passo con il ricorso alla deportazione, basti pensare al caso dell`australia o quello della guyana francese. anche in italia, all`indomani dell`unita`, si immagino` che la deportazione potesse essere lo strumento ideale per sconfiggere i briganti, tanto da essere al centro dell`attenzione del partito colonialista italiano e di molte iniziative di esploratori e avventurieri italiani che cercavano terre da conquistare in quadranti che vanno dal marocco al mar rosso, dal borneo alla polinesia. molti vedevano nella deportazione l`occasione per dare il via all`espansione coloniale e nei loro scritti attingevano a un immaginario utopico che si nutriva dell`idea che i criminali, deportati in lande selvagge, potessero rigenerarsi lavorando la terra e dominando i selvaggi. fondato su una ricerca d`archivio originale e solidissima, questo libro riporta alla luce un tema dimenticato della nostra storia, di grande attualita` oggi con il ritorno delle `classi pericolose` e del tema del controllo sociale al centro del dibattito pubblico.

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