
1940, l`europa e` travolta dall`avanzata di hitler. ondate di ebrei cechi e polacchi cercano rifugio in lituania, l`unico paese della regione che accoglie ancora i profughi - ma e` funestamente conteso tra il reich e l`unione sovietica. nel clima di crescente precarieta` l`olandese jan zwartendijk, direttore della filiale lituana della philips e nuovo console onorario a kaunas, riesce ad aprire agli ebrei un`ultima, insperata via di fuga dall`europa nazista. in una febbrile lotta contro il tempo, operando da solo e di nascosto da tutti, zwartendijk lavora giorno e notte per tre settimane rilasciando visti per curnao, nelle indie olandesi, mentre il collega sugihara, console giapponese, firma i visti di transito per il giappone. senza conoscersi ne` incontrarsi mai, uniti dall`imperativo morale di agire, i due diplomatici danno cosi` inizio a una straordinaria impresa clandestina che salvera` migliaia di vite, ma rimarra` a lungo ignota. rintracciando fonti e testimonianze in giro per il mondo, accompagnato dai ricordi dei tre figli di zwartendijk, jan brokken ricostruisce la storia dell`
nel 1946 furono molti i cronisti che accorsero in germania per raccontare quel che restava del reich finalmente sconfitto, ma dal coro di voci si distinse quella di uno scrittore svedese di ventitre` anni, intellettuale anarchico e narratore dotato di una sensibilita` fuori dal comune, inviato dall`expressen per realizzare una serie di reportage poi raccolti in un libro che e` considerato ancora oggi una lezione di giornalismo letterario. mentre le testate di tutto il mondo offrono il ritratto preconfezionato di un paese distrutto, che paga a caro prezzo gli orrori che ha seminato e dal quale si esige un`abiura convinta, dagerman, libero da ogni pregiudizio ideologico e rifiutando ogni generalizzazione o astrazione dai fatti concreti e tangibili, si muove fra le macerie di amburgo, berlino, colonia, su treni stipati di senzatetto e in cantine allagate dove ora vivono masse di affamati e disperati, cercando di capire nel profondo la sofferenza dei vinti. ne emerge un quadro molto piu` complesso di quello che e` comodo figurarsi. mentre ci si accanisce a cercare nostalgici nazisti, dagerman si chiede come puo` un padre che vede morire il figlio di stenti dichiarare che ora sta meglio di prima; mentre le potenze occupanti pensano a punire e ad allestire processi, dagerman descrive la


documento di una cultura remota e affascinante, narra l`avvincente storia di uno dei piu` celebri e popolari eroi della letteratura islandese in un ambientazione dai toni magici e leggendari.

se altrove la modernita` e l`urbanizzazione hanno cambiato radicalmente il volto delle citta` lasciando giusto qualche scorcio dei centri storici vagamente intatto, venezia ha sempre rassicurato il visitatore: puoi venire oggi, domani o tra dieci anni, il museo a cielo aperto sara` sempre qui. questa visione cristallizzata e in parte coltivata dagli stessi veneziani, i limiti fisici all`espansione in orizzontale cosi` come in verticale hanno contribuito a dare questa sensazione di immobilita` e astoricita`: ingannevole e per definizione impossibile in un ambiente anfibio e mutevole come quello lagunare. le pagine di questo volume dimostrano il contrario, infatti: venezia non e` solo attraversata da grandi cambiamenti, ma potrebbe addirittura essere presa a paradigma delle crisi contemporanee, come termometro di quello che accadra` nel mondo, a simbolo dell`antropocene. la citta` sembra scivolare su un piano inclinato dove calano gli abitanti e cresce il livello dell`acqua. sono state erette mura difensive, dall`acqua alta con le barriere del mose, e dalla marea di turisti che invadono l`isola con un ticket d`ingresso in via sperimentale dal 2024, che in futuro potrebbero diventare una misura permanente. il precario equilibrio su cui si regge la vita a venezia e` da sempre minacciato dagli elementi naturali, ma relativamente nuova e` la percezione che lo spopolamento e la riduzione alla monocultura turistica siano una minaccia altrettanto esistenziale. la citta` ha riserve d`ossigeno nei suoi studenti, nella sua storia di resilienza cosi` come in un attivismo associativo che ha pochi eguali in italia: ha portato alla tardiva ma necessaria espulsione delle grandi navi dal bacino di san marco e preme perche` si adottino soluzioni contro la crisi abitativa, la privatizzazione delle isole della laguna e il moto ondoso. la societa` civile chiede di re-immaginare la citta`, ascoltando la voce dei residenti e rispettando l`ambiente, per non ripetere gli errori del passato,
saranno pure "inanimati", ma le nostre vite sono fatte di relazioni intime, quotidiane, spesso indispensabili, con oggetti, strumenti, prodotti, arnesi di ogni genere, che abbiano la versatilita del coltellino svizzero o la strettissima funzione del carrello della spesa (non cosi stretta, poi: ci mettiamo anche i bambini). oggetti che a volte viviamo solo per il loro uso pratico oppure con cui costruiamo rapporti che coinvolgono emozioni e persino sentimenti; del cui aspetto e storia ci curiamo poco oppure che chiamiamo "di design", dimenticando che ogni cosa ha un design e che quelli piu riusciti sono il risultato di attenzioni alle funzioni o lunghissimi tempi di studio, sperimentazione o uso. la loro storia e un pezzo della storia del genere umano e il rapporto con gli oggetti descrive popoli e individui: tra i quali c?e chi seleziona oggetti accuratamente, chi ne accumula in modo compulsivo, chi studia come eliminarli, e chi da loro un nome proprio. fra le tante storie e spiegazioni contenute in questo numero di cose spiegate bene ci sono la presenza rilevante della plastica nelle cose che ci circondano, i pregi e i difetti del cartone della pizza, il bianchetto e la donna che lo invento, il cambiamento del rapporto con la musica introdotto dal walkman, la storia del bidet e del perche si trova solo in alcuni paesi, e anche il bancale, il vibratore, il cubo di rubik e una breve storia delle maniglie. un cose sulle cose. con testi di roberto alajmo, stefania carini, matteo curti, anna siccardi e della redazione del post. a cura del post e di nicola sofri. illustrazioni di klaus kremmerz.

guardando una cartina, un`isola ci da` l`illusione di essere un piccolo mondo a se`. con i suoi confini ben delineati sembra contenere una societa` impermeabile al passare del tempo e delle stagioni, piu` immediata da decifrare perche` al riparo dalla mutevole complessita` del mondo. ma si tratta di una mistificazione, a maggior ragione se - come la sicilia - vive al riparo di uno degli immaginari piu` prepotenti e inscalfibili che un luogo tanto piccolo sia mai riuscito a creare. dietro l`isola "costruita e ricostruita dai libri, dai film, dai quadri, dalla fotografia in bianco e nero" oggi ce n`e` una nuova, nascosta, ma non per questo meno reale. quella urbana e metropolitana, quella degli sbarchi, quella del vino e della frutta tropicale. una sicilia a volte invisibile come i veleni che il secondo polo petrolchimico d`europa scarica nel mare e nell`aria. come i migranti in arrivo a lampedusa, tenuti a distanza dalle traiettorie dei turisti e dei locali. come i flussi di popolazione in uscita che le danno il triste primato tra le regioni italiane per emigrazione. un luogo dove gli estremi convivono, come i quartieri del centro a palermo, dove vibra la capitale della cultura e vegeta la citta` invisibile del crack. la sicilia dove i cambiamenti climatici trasformano il paesaggio agricolo sempre piu` a rischio di allagamenti e desertificazione, e qualcuno ne approfitta per sostituire la vite con il caffe` e l`avocado. lungi dal provare a spiegarla, le pagine che seguono raccolgono cartoline da questa nuova sicilia. sono immagini sfuocate, perche` il soggetto e` in grande movimento. perche` anche la sicilia si muove e, si`, cambia.