
noah e` il sopravvissuto. quando la giovane insegnante d`inglese ilana davita dinn lo incontra a new york, subito dopo la fine della guerra, e` un ragazzo ebreo di diciotto anni, l`unico della sua famiglia che e` scampato ad auschwitz. leon shertov e` il fuggiasco. siamo alla fine degli anni cinquanta, davita e` ricercatrice, leon e` un ex agente del kgb, torturatore e convinto stalinista, che ha abbandonato l`urss a causa delle persecuzioni contro gli ebrei. benjamin walter e` il maestro della guerra. all`inizio degli anni novanta, mentre si combatte nel golfo e nei balcani, davita, ormai affermata scrittrice, e` la vicina di casa di questo anziano docente di storia militare alle prese con il conflitto piu` aspro, quello con il proprio passato.

l`autore ricostruisce la storia recente di una globalizzazione non di mercati o mezzi di comunicazione ma di spazi interiori, di zone della psiche in cui si modellano ricordi "istituzionali", facta memorabilia che presiedono alla formazione di un`identita` collettiva. il canone moderno e` la funzione di una formidabile omologazione identitaria, che ha tolto dalla terra ogni presidio di incomunicabilita`. ma a cio` che e` comunicabile all`interno del sistema, ovvero ai "saperi" canonizzati, si contrappongono quei presidi di identita` che rimangono distaccati e inassimilati dalla "grande" spazialita` della comunicazione, e che testimoniano di quelle "cose dimenticate" a cui si allude nell`epilogo del libro.




