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nel 1947 l`editore mermod di losanna propose a colette di mandarle regolarmente un bouquet di fiori ogni volta diverso; colette, da parte sua, avrebbe scritto una sorta di "ritratto" dell`uno o dell`altro di quei fiori. ne risulto` una raccolta che apparve l`anno successivo con il titolo "per un erbario".

piu` di cento sopravvissuti raccontano la loro storia, componendo un grande racconto corale dell`ebraismo italiano. dal mondo di prima, l`infanzia, la scuola, alle leggi antiebraiche e alla conseguente catena di umiliazioni. e poi l`occupazione tedesca, gli arresti, le detenzioni, la deportazione. complessivamente nel 1943 venne deportato circa un quinto degli ebrei residenti sul territorio italiano: oltre 9000 persone. nella quasi totalita` dirette ad auschwitz. ma chi erano gli ebrei italiani? all`inizio degli anni trenta erano circa 45 000 persone; le comunita` piu` consistenti erano quelle di roma (oltre 11 000), milano, trieste, torino, firenze, venezia e genova. comunita`, in generale, fortemente integrate nel tessuto sociale del paese, a tal punto che dopo la liberazione solo un`esigua minoranza dei sopravvissuti scelse, a differenza degli ebrei di altre nazionalita`, di vivere altrove. un mosaico di testimonianze che ha sui lettori un effetto dirompente proprio grazie al fittissimo intreccio di ricordi, traumi, sogni, rabbia, smarrimento, sensi di colpa, e persino speranza, dopo il ritorno alla vita.

dopo la fondazione di israele nel 1948, i teologi cristiani fecero ricorso alla corte suprema del nuovo stato in merito all`omicidio legalizzato di gesu` da parte degli ebrei. chiedevano che il processo fosse riaperto e la sentenza annullata. il giurista e storico del diritto chaim cohn, ex procuratore generale d`israele, affronta la questione decisiva da un punto di vista storico e teologico, analizzando il ruolo degli ebrei nel processo e nella crocifissione di gesu`.

un testo di balzac diventa il caso esemplare del rapporto tutt`altro che lineare fra l`autore e il suo testo, tra il progetto e il risultato finale. un rapporto che coinvolge il lettore, chiamato ad affrontare gli enigmi, gli "errori" e i lapsus della macchina letteraria.

1528: in un convento alle porte di firenze due monache preparano alla sepoltura il corpo di sorella lucrezia, morta per un cancro al seno dopo trent`anni di isolamento e preghiera. spogliandola, scoprono stupefatte che il tumore era una vescica di maiale accuratamente nascosta sotto le vesti per simulare il male, e che sul corpo della defunta sono tatuate le spire di un grande serpente. sara` il suo testamento-memoriale a svelare il mistero, ripercorrendo la vita movimentata e le passioni della donna prima delle austerita` del velo monacale: attratta dalla rinata letteratura classica fin da giovanissima, innamorata di un giovane pittore fiammingo, la donna incarna gli slanci e i conflitti di un`era splendida e feroce.

da archeologo, carlo pavolini fa parlare - anche grazie a un ampio corredo di immagini - le testimonianze tangibili, gli oggetti, che gli scavi di ostia hanno riportato alia luce in quantita` enormi. strumenti della sua ricostruzione sono dunque le vestigia urbane (case, strade, luoghi di culto e di spettacolo, sedi di riunione, officine, depositi, tombe); le epigrafi, per le loro insostituibili notizie sulle istituzioni, l`economia, le associazioni professionali e la vita privata degli abitanti; gli strumenti di lavoro, le suppellettili domestiche, la ceramica, le scene di vita quotidiana riprodotte in mosaici, pitture o rilievi.

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