
i souvenirs di elisabeth vige`e le brun (1755-1842) sono, innanzi tutto, l`autobiografia di un`artista, la storia della vocazione, del suo percorso creativo, della sua committenza. dietro la pretesa ingenuita` e la maschera della modestia femminile, dietro la civetteria di una donna consapevole della sua bellezza e dei suoi successi, avvertiamo una passione totalizzante, sorretta da una grande ambizione e da un`implacabile energia. questa passione e` la pittura. madame vige`e le brun non si azzarda mai ad avventurarsi sul terreno della riflessione teorica e le brevi annotazioni di carattere tecnico sono annegate nel flusso dci ricordi. l`artista non e` un intellettuale e manca, comunque, della cultura necessaria per imbastire un discorso critico. dipingere e` per lei un dato istintivo, che assorbe nutrimento direttamente dalla vita e, alla fine di queste memorie, sorge il sospetto che sia, in realta`, la vita stessa a essere vissuta in funzione della pittura. con ottimismo incrollabile, con curiosita` entusiasta, madame vige`e le brun attraversa le prove piu` difficili della sua avventurosa esistenza. ha l`edonismo della bellezza e il suo occhio instancabile registra con uguale avidita` un quadro di raffaello, un paesaggio, anfiteatro romano, un viso di donna. non e` solo la vista a lavorare per lei: tutti i suoi sensi sono impegnati a selezionare, ad assorbire le emozioni che le giungono dal mondo esterno e che ci restituira` come gioia di vivere attraverso la sua pittura.









attraverso le vicende di due giovani come tanti, leo e michela, vassalli ci regala il ritratto di una generazione che sognava di cambiare il mondo. e che con appassionata ostinazione ha continuato a illudersi di poterlo fare, anche quando i sogni sono naufragati insieme agli ideali politici e sono rimasti solo i relitti, i reperti "archeologici" di un presente che e` il nostro, ed e` sull`orlo del baratro. con ironia e sarcasmo, ma anche con la partecipazione di chi ha condiviso le illusioni di un`epoca, vassalli consegna al lettore gli ultimi trent`anni della nostra storia - le rivolte studentesche, il femminismo, l`antipsichiatria, il pacifismo, i movimenti ecologisti e il volontariato - in un romanzo amaro e appassionato sull`inevitabile e doloroso fallimento di ogni utopia.

ci sono prosatori che proprio nelle lettere raggiungono una sorta di perfezione assoluta: riuscendo, nel breve volgere di una frase, a toccare vertici di bellezza e di intensita`. che la campo sia uno di essi lo hanno dimostrato le "lettere a mita" e "caro bul": e ne e` una conferma questo terzo pannello dell`epistolario, che raccoglie le lettere scritte agli amici del periodo fiorentino (e ad alcuni altri che a questi si riallacciano). nel 1956 cristina e` costretta ad abbandonare firenze per roma; e gli anni romani saranno costantemente segnati dal ricordo struggente di quel giardino incantato che era la cerchia degli "amici d`infanzia": piero draghi, anna bonetti, giorgio orelli, mario luzi. a tutti loro scrive dal suo "esilio" parole di nostalgico affetto ("c`e` con voialtri, nell`aria, odore di latte"), ma il piu` rimpianto e` senza dubbio gianfranco draghi, quel gian che guarda ai suoi stessi "fari" (i piu` luminosi: hofmannsthal e simone weil), lo scrittore e il poeta di cui ammira sia la personalita` sia l`opera, l`amico che "conosce sempre, sottilmente, il disegno del tempo, e trova la parola magica da incidervi". a lui una cristina ancora dolente per una pena d`amore chiede di assicurarle "che la felicita` esiste", ma anche di impegnarsi a favore di danilo dolci; con lui parla di roma, che va scoprendo con meraviglia, delle sue letture, dei suoi momenti bui e dell`importanza della loro amicizia nella sua vita.

"la giusta e inevitabile fine dei padri e` una eclissi totale: con lo sfacelo dell`impero svanisce ogni rapporto umano e nascono i totalitarismi di ogni genere denunciati da roth." (claudio magris). nel 1938, mentre la germania nazista annuncia l`annessione dell`austria, joseph roth, esule a parigi, termina la scrittura della "cripta dei cappuccini", il suo ultimo lavoro. il tracollo definitivo della patria, al quale assiste sgomento, gli fa comporre tasselli di questo mosaico intenso e doloroso, che esplora l`inabissarsi di quel mondo danubiano in cui coesistevano l`impero absburgico e la civilta` ebraica dell`europa orientale. cosi` la storia della famiglia trotta, gia` narrata nella "marcia di radetzky", di cui questo romanzo rappresenta il seguito, si snoda attraverso le vicende di francesco ferdinando, che, travolto dai propri fallimenti, guarda alla vecchia monarchia in cerca di tracce e di verita` che giovino al destino dei sopravvissuti. ma l`esito sara` drammatico, carico di trepidante amarezza davanti al baratro da cui l`europa e le liberta` democratiche stanno per essere inghiottite.









dice norberto bobbio nella sua prefazione al libro: "il primo insegnamento che si puo` trarre da questo libro e` che non bisogna dimenticare. il secondo, che bisogna ricordare non per giudicare, ma prima di tutto per apprendere e capire." il libro e` un racconto autobiografico che prende avvio il giorno precedente la liberazione dal campo di concentramento di ebensee e ripercorre a ritroso tutti gli eventi compresi tra l`autunno 1943 e l`estate 1945. l`autore rivive tutte le tappe del suo itinerario di militante antifascista, dai primi timidi passi nella clandestinita`, ai campi di sterminio, attraverso carcere, interrogatori, fughe fallite, tra momenti di speranza e di sfiducia.






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