

luglio 1969. enrico, billo, valerio e gianni, amici come lo si puo` essere solo a undici anni, attendono con entusiasmo lo sbarco dell`apollo 11 sulla luna. nessuno di loro puo` immaginare che proprio a lancimago, il paese di poche centinaia di anime sperduto nella pianura dove vivono, sta per avere inizio una serie di avvenimenti terribili che, nei nove giorni della missione apollo, faranno scoprire agli abitanti che cos`e` l`orrore. solo enrico, superando il silenzio e l`ottusita` degli adulti armato unicamente di fantasia, riuscira` a penetrare nei suoi abissi, a capirlo e a fermarlo. ma perche` ora, trent`anni esatti dopo, da adulto, enrico vuole che il figlio lo accompagni proprio a lancimago e che ascolti la storia dei misteriosi eventi di quando era ragazzino? in bilico tra atmosfere rurali e lunari, questo romanzo conduce il lettore in una cupa realta` parallela, dove il quotidiano assume contorni inquietanti, per raccontare l`eterno rapporto tra uomo e natura e le emozioni che abitano l`infanzia nel momento in cui si avvia alla sua conclusione.

sono gli anni della seconda guerra punica, che vede roma impegnata nella dura lotta contro cartagine, e il racconto e` arrivato al suo momento cruciale: annibale minaccia le porte dell`urbe. spiccano in entrambi i campi, valorosi generali: marcello, fabio massimo e cornelio scipione da una parte, dall`altra annibale e asdrubale, la cui eroica morte chiude la narrazione.






pur attratto dalle "corti del mondo", l`aretino in tutte le sue opere non tralascia mai la satira, l`invettiva piu` rovente contro la stessa vita di corte, rivelandone gli inganni, la servitu`, le miserie, le umiliazioni, le delusioni. in questo ragionamento sono introdotti come interlocutori pietro piccardo e giovanni giustiniano. pietro piccardo e` un vecchio prelato, conoscitore della corte romana, giustiniano un valente cultore di studi umanistici. essi si propongono di distogliere un giovane, francesco coccio, noto per le sue traduzioni dal greco e come poeta lirico, dalla risoluzione di abbandonare gli studi e andare a fare il cortigiano (e ci riescono).

"si dice che l`immagine della tour eiffel sara` stampata su nuovi francobolli. il fatto non assume, oggi, il significato di un`ammissione d`ingiustizia, attraverso questo desiderio di riparazione? nata in america, la si sommerse di clamori e di iperboli, in francia l`abbiamo ridicolizzata: diversa educazione, ma risultato identico. il tempo, per fortuna, cancella la stoltezza degli uomini, e il ridicolo non uccide mai, per quanto se ne dica, se non il debole e il falso. la torre ha dunque continuato a disegnare nel cielo in movimento la sua silhouette grigia dalla testa d`oro, a innalzare sulla vetta il suo merletto di primati, come un desiderio, come un segno, immobile. quanto agli eruditi e ai critici, responsabili di un tale iniquo discredito, senza dubbio continueranno a gonfiare ogni giorno una nuova vescica, per avere l`illusione di diffondere la luce. affligge ancor piu` profondamente che a causa della loro manchevolezza l`opinione pubblica abbia cosi` a lungo disprezzato l`arte del ferro, e non abbia visto nel suo impiego che una volgare utilita` risultante da un calcolo solido e ingegnoso. e cosi` non si e` saputo ne` osato difendere dalla speculazione un`opera tutta di potenza e di audacia, urlante, in un salone fantastico, la gloria dell`acciaio: la galerie des machines. costruita per l`esposizione del 1889, il suo ricordo domina le nostre prime impressioni di vita collettiva..." (dal testo di raymond duchamp-villon)


