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"nessuno ha deciso di farci esistere: noi siamo il frutto di un`esplosione". le parole di anna, protagonista di uno dei racconti di questa raccolta, sono paradigma dello stato di dubbio, disperazione, perdita d`identita` che caratterizza la russia di oggi. sette racconti in una narrazione surreale dal ritmo perfetto, ambientati in una russia lontana dalle grandi citta` dove, spesso sullo sfondo della desolazione del dopoguerra, i personaggi cercano risposte ai grandi quesiti della vita ma sono assillati da fantasmi immaginari.

per una volta non ci sono dubbi: bela, il protagonista di questo romanzo, ha molti dei tratti che fecero di janos sze`kely quello straordinario personaggio che fu. uno che, nato povero in ungheria all`alba del novecento, riusci` (al pari di celebri conterranei come il produttore alexander korda, il regista george cukor, gli attori bela lugosi e zsa zsa gabor) ad arrivare a hollywood, dove divento` un brillante soggettista e sceneggiatore, e vinse perfino un oscar nel 1941. il libro, pubblicato in inglese nel 1946 sotto pseudonimo, e` stato definito dai critici americani "a mix of charles dickens and vicki baum": come dire, un po` oliver twist, un po` grand hotel. in realta`, tutto quello che potrebbe esserci di patetico nell`infanzia del piccolo bela, abbandonato dalla madre nelle grinfie di un`orribile virago, e` costantemente contraddetto dal tono del narratore, la cui ironia non viene meno neanche nei momenti piu` difficili. e quando infine, a quattordici anni, bela raggiungera` la madre, anche sopravvivere nella budapest degli anni venti, e poi degli anni trenta, si rivelera` un`impresa quasi disperata. tanto piu` che dovra` continuamente barcamenarsi fra due mondi agli antipodi l`uno dall`altro: l`insanabile miseria del quartiere in cui abita e il lusso sfrenato, sfavillante di luci, del grande albergo in cui riesce a trovar lavoro.

innamorati, ladri, suicidi, bambini, pompieri, carabinieri, fumatori, spazzini, lampioni, ubriachi, gatti, ciarlatani animano irrealisticamente la scena del mondo campaniliano. con una introduzione di stefano bartezzaghi.

tra la fine dell`ottocento e l`inizio del novecento il progresso scientifico e tecnologico modifico` radicalmente la vita quotidiana dei popoli occidentali. l`arte, naturalmente, non poteva non essere coinvolta in simile cambiamento. il critico berlinese walter benjamin fu tra i primi e piu` acuti indagatori di tale fenomeno. nei suoi saggi il filosofo intravede e teorizza la nuova funzione e la nuova natura dell`opera d`arte, che da capolavoro dal valore puramente estetico avvolto da un`aura quasi magica, grazie ai nuovi media tecnologici, capaci di diffonderla indefinitamente su scala planetaria, assume un ruolo politico e sociale, come gia` stava emergendo nella fotografia, nei film di ejzenstejn e chaplin e come si preparava a fare la radio. nell`introduzione giulio schiavoni, autore della limpida traduzione, guida il lettore nel percorso critico e ideologico dell`autore.

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