l`amore infelice e "scandaloso" tra la de`mi-mondaine margherita gautier e armando duval; un romanzo che se a suo tempo suscito` lo sdegno dei benpensanti per il tema trattato (e per il modo in cui era denunciata l`ipocrisia del ceto borghese), commosse migliaia e migliaia di lettori in tutto il mondo.
testo fondamentale per la definizione della poetica pirandelliana - e per l`esperienza artistica del primo novecento - il saggio passa in rassegna le diverse concezioni dell`umorismo che hanno contraddistinto secoli e culture differenti. infine, l`autore espone la sua personale riflessione caratterizzando l`umorismo come quel particolarissimo sentimento umano che permette all`artista di svelare la realta`, di scomporla, lasciando emergere dietro le parole, i gesti, le espressioni, quel sentimento del contrario che smaschera, nelle sfasature del reale, il disordine e la sofferenza che vi si celano. a questi spunti teorici si accompagna un excursus fitto di esempi e di citazioni dei classici italiani e stranieri, da ariosto a pulci, da cervantes a theodor lipps, rousseau, maupassant.
questa innovativa proposta editoriale di "tutte le opere" di william shakespeare si avvale di due importanti elementi: dell`ultima edizione critica pubblicata dall`universita` di oxford (frutto di uno straordinario lavoro di specialisti inglesi e americani che hanno esplorato, in lungo e in largo, i complessi testi teatrali e poetici) e di nuove traduzioni, introduzioni e note (attraverso cui, oltre a tener conto del piu` recente dibattito esegetico, e` possibile seguire l`incessante mutare dei linguaggi, dei gusti, degli stili, delle convenzioni di recitazione). i quattro volumi previsti sono organizzati secondo il criterio dei generi (poesia, tragedia, commedia, dramma storico, dramma dialettico, dramma romanzesco) combinato con il criterio cronologico di composizione (ad eccezione dei drammi storici, ordinati secondo la successione dinastica). in questo primo volume trovano posto dieci opere shakespeariane (e la seconda versione di re lear) che possono essere definite inequivocabilmente "tragedie", anche rispetto agli archetipi greci e latini. la forma tragica elisabettiana si differenzia da quella classica nell`essere, come suggeriva walter benjamin, non piu` "tragedia" ma "dramma luttuoso": cioe` nell`assumere a proprio oggetto non piu` il mito unico nel tempo, ma la storia che del tempo e` ancella: una storia nuova, che mette al centro la disgregazione dell`uomo, la tendenza alla duplicita`, all`ironia, al dubbio, alla teatralizzazione.