
"il romanzo di max frisch, il mio nome sia gantenbein, inizia con la morte, accidentale, di felix enderlin, che risultera` poi l`alter ego del protagonista principale, theo gantenbein. lo si immagina cieco, ma potrebbe essere una sua astuzia per sorvegliare la moglie lilla, con la quale ha un rapporto difficile. intorno a lilla si muove anche svoboda, il primo marito; mentre gantenbein frequenta volentieri camilla, una manicure servizievole, alla quale racconta storie sempre diverse, fino all`ultima, macabra, di un cadavere ripescato nella limmat." roberto fertonani

un viaggio eccezionale nell`italia degli anni ottanta, attraverso i luoghi e le esperienze degli operai della fiat. un reportage che va oltre l`universo metallico delle grandi fabbriche automobilistiche, qui descritte in "presa diretta", per raccontare la vita nei casermoni di periferia, le metamorfosi avvenute nei paesini meridionali degli emigranti, gli operai divisi tra robot e lavoro contadino, le patetiche gite aziendali in cui si ricerca la socialita` un tempo vissuta nel sindacato. non e` solo la storia di una sconfitta collettiva, ma anche il racconto di mille vittorie individuali nell`inedita lotta per emanciparsi dalla condizione di operaio. un racconto pieno di sorprese e di imprevisti, che si dipana fra il piemonte e l`irpinia, milano e la brianza, termoli e cassino. gad lerner incontra gente indimenticabile, di tale ricchezza umana da coinvolgere come i protagonisti della migliore narrativa: operai costretti a mantenere la famiglia con un milione di lire al mese e altri che hanno trovato gli espedienti per guadagnare di piu`, e poi anche i loro figli rocchettari, i capireparto, i comunisti smarriti, gli specialisti in attivita` ricreative, gli esiliati dei reparti-confino, gli operai dalle mani d`oro. tra le catene di montaggio tradizionali e le nuove officine della robotica piu` avveniristica, si da` voce e identita` a cinque milioni di operai dimenticati, ma che pure continuano a evocare un`irrisolta questione di giustizia sociale.


1995, campo profughi di shati`la, libano. all`ospedale galilea viene portato, in coma, un anziano combattente per la liberazione della palestina che in gioventu` aveva fatto da padre putativo al medico-infermiere che ora lo assiste, il dottor khali`l. rifiutandosi di lasciarlo morire, khali`l decide di curarlo con la terapia della parola e si lancia in un lungo racconto che, coprendo un arco temporale di oltre cinquant`anni, ripercorre la vita dei due uomini ora chiusi nella stanza d`ospedale. alle tappe del leggendario amore che ha unito yu`nis il fedayin alla moglie rimasta in galilea e diventata cittadina israeliana "la porta del sole" affianca le vicende di tutta un`umanita` che ha subito la storia senza lasciare traccia di se`. "bisogna riconoscere ad ognuno il diritto di raccontare la propria storia," scriveva il grande poeta mahmu`d darwi`sh e a quest`imperativo, con mano ferma, "la porta del sole" risponde. denunciando ogni forma di vittimismo, abbandonando ogni retorica volta a mitizzare eroismo e martirio e ammettendo le debolezze della sua gente senza per questo screditarla, elias khoury riesce nella difficile impresa di raccontare i palestinesi in quanto individui e non soltanto la loro causa. dal romanzo nel 2004 il regista egiziano yousri nasrallah ha tratto il film che porta lo stesso titolo.


i servizi di psichiatria vedono crescere il numero di giovani che accusano forme di disagio psichico. un fatto allarmante, che piu` che il segnale di un aumento delle patologie, e` il sintomo di un malessere generale che permea la societa`. un fenomeno che costringe a interrogarci su che cosa si basi la nostra societa`, su quali siano le cause delle paure che ci portano a rinchiuderci in noi stessi. i problemi dei piu` giovani sono il segno visibile della crisi della cultura occidentale fondata sulla promessa del futuro come redenzione laica. si continua a educarli come se questa crisi non ci fosse, ma la fede nel progresso e` sostituita dal futuro cupo, dalla brutalita` che identifica la liberta` con il dominio di se`, del proprio ambiente, degli altri.

los angeles, anni trenta. con l`avvento del nazismo il regista georg wilhelm pabst lascia la francia dove sta lavorando e si trasferisce negli stati uniti. e` uno dei grandi maestri del cinema tedesco d`avanguardia, ha diretto le piu` importanti star del muto e portato al successo greta garbo rendendola immortale, ma in america e` solo uno come tanti. incapace di adattarsi ai meccanismi dello studio system, dopo aver girato un film che si rivela un fiasco, non vede piu` un futuro a hollywood e abbandona il sole della california per tornare in europa. mentre fa visita alla madre in austria, ormai annessa alla germania, scoppia la guerra e ripartire diventa impossibile. bloccato nel terzo reich, g.w. pabst si confronta con la natura brutale del regime. goebbels, il ministro della propaganda a berlino, vuole il genio del cinema, non accetta un no come risposta e fa grandi promesse. anche se pabst crede ancora che sapra` resistere a queste avance, che non si sottomettera` ad alcuna dittatura diversa da quella artistica, si e` gia` cacciato in un guaio irrimediabile. arte e potere, bellezza e barbarie, il regista mostra di cosa e` capace la letteratura. ingegnoso e divertente, "il regista" racconta la vita di un maestro del cinema, del suo patto con il diavolo e delle pericolose illusioni del grande schermo.

improvvisamente, walt whitman divento` un mito, l`omero americano, il simbolo vivente della poesia. la sua casa, in mickle street, a camden, fu meta di pellegrinaggi: vi accorrevano discepoli, curiosi, giornalisti, poeti. facendogli visita nel 1882, oscar wilde e` perentorio: "e l`uomo piu` umile e piu` potente che abbia mai incontrato in tutta la mia vita. eccentrico? non lo e`. impossibile giudicare i grandi uomini con il metro delle banali convenzioni". austero, audace, colmo di una saggezza anticonformista, nelle interviste - qui raccolte per la prima volta in italia - whitman testimonia la propria poetica, i gusti letterari, le preferenze in campo elettorale. per lignaggio, e` l`autentico padre della letteratura americana.