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hofmannsthal e` il cardine di questa magistrale opera al tempo stesso critica e narrativa, dove broch ci conduce lungo traiettorie concentriche nello spazio e nel tempo. ne risulta il ritratto di un`epoca in cui si sviluppo` tumultuosamente , e che sembro` culminare nella vienna dei primi due decenni del novecento - epoca di immensa ricchezza e al tempo stesso minacciata da un irreprimibile vuoto e dalla corrosione di ogni valore. broch la ritrae in ogni sua sfaccettatura in inghilterra, francia e germania, prima di concentrare il suo sguardo sull`austria asburgica, "il paese felice senza speranza", il luogo dove la crisi ha toccato l`acme e l`orpello abbellisce qualcosa di sempre piu` inconsistente. soffermandosi su hofmannsthal, nel cuore del libro, broch ne ricostruisce la storia familiare, per poi raccontarne l`infanzia e l`adolescenza di ragazzo prodigio, l`isolamento fra i letterati viennesi, la disperazione di fronte alla crisi del linguaggio e la ricerca di nuove vie la` dove "la parola non sa piu` dire la cosa". una dialettica fra negazione del ruolo di scrittore e urgenza espressiva che appartiene allo stesso broch, il quale, rispecchiandosi nell`ansia etica di hofmannsthal, e narrandoci con tanta partecipe sapienza il suo tempo, ci regala anche una profonda e rivelatrice autoanalisi.

quello della musica da film e` sempre stato un tema impegnativo non solo per gli studiosi, ma anche per cineasti e compositori, per il semplice fatto di richiedere una doppia competenza, musicale e cinematografica. in questo volume si mette a fuoco la complessa relazione tra regista e musicista nel cinema italiano attraverso un`analisi approfondita dell`opera di carlo rustichelli, compositore di musica da film tra i piu` prolifici e sensibili. ripercorrendo la sua estesa filmografia si attraversano cinquant`anni di cinema, dal dopoguerra agli anni novanta, analizzando colonne sonore di film d`autore. dal colloquio con rustichelli si delinea un suo preciso ruolo nel panorama delle relazioni tra registi e musicisti.

sono passati sette anni da quando joan didion e john gregory dunne festeggiavano il matrimonio della figlia quintana roo. joan didion siede alla scrivania, sfoglia vecchi album e rivive quel giorno, i gelsomini del madagascar nei capelli della figlia, il fiore di frangipani tatuato sulla spalla. affiorano istantanee degli anni passati con quintana in california: malibu`, la scuola di holmby hills, le stagioni . i ricordi spingono joan didion a interrogarsi sul suo essere madre, ora che la figlia e` morta. a rileggere ogni evento della vita di quintana in cerca di segni che forse non aveva voluto vedere. a fare i conti con il tempo che scorre, con la malattia e la vecchiaia. "blue nights" sono le ore lunghe e luminose della sera che a new york preannunciano il solstizio d`estate - - e che joan didion passa a riflettere sulla fine della promessa, sull`inevitabilita` della dissolvenza. joan didion con "blue nights" eviscera ed esorcizza la sofferenza personale attraverso la scrittura; trasforma il dolore che la assilla in un racconto universale sulla perdita e sul tormento.

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