
"era un`anima troppo ardente per accontentarsi della realta` della vita", dice a proposito di una sua eroina stendhal. i modi per non accontentarsi della realta` della vita, gli stratagemmi usati dall`immaginazione o dall`intelligenza per riuscirvi - cioe` le illusioni, le chimere, le utopie, le speranze - sono analizzati in questo libro attraverso fonti letterarie, narrative, poetiche, meditative della cultura occidentale. e tra le molte interessanti sorprese, vi e` quella che delle varie epoche forse la piu` sensibile al ruolo delle illusioni e la piu` pronta a riflettervi fu l`illuminismo, l`eta` della ragione, cioe` di quella facolta` che impone un approccio al reale apparentemente opposto al vagheggiar chimere. ma questa notizia in apparenza contraddittoria suggerisce quale sia la direzione di ricerca di questo studio di vastita` e profondita` inedite sul suo argomento. non vi e` contrasto od opposizione tra la ragione che giudica e conosce e l`illusione che allarga gli orizzonti.

il breve romanzo "la confessione" e` stato concepito da soldati nel 1935, con uno sforzo progettuale che solo le carte preparatorie da poco venute alla luce rivelano nella sua complessita` e tensione. ripreso e pubblicato vent`anni piu` tardi, narra la vicenda del quattordicenne clemente, adolescente ipersensibile, studente a torino presso un collegio di gesuiti. clemente pensa che anche lui un giorno sara` gesuita, ma le vacanze estive a chiavari con madre e nonna incrinano questa certezza. sollecitato dai suoi educatori alla santita`, alla rinuncia al peccato - soprattutto a quel peccato per eccellenza che e` il corpo della donna -, clemente rifiuta l`istintiva attrazione per un`avvenente amica della madre, o per una procace sconosciuta incontrata in ascensore, per trovare infine in modo libero e inatteso una via al piacere. romanzo tra i piu` sottili e riusciti di soldati, senza compiacimenti, nitido, spietato e partecipe, "la confessione" rivela le migliori doti narrative dell`autore torinese, quella felicita` di scrittura, quel brio, quell`acutezza pungente nel cogliere e descrivere l`ambiguita` dei sentimenti in un`eta` particolarmente "fluida" che pochi altri hanno saputo raccontare.



tra ottocento e novecento molti paesi europei si lanciarono in grandi campagne archeologiche nei paesi del mediterraneo, alimentando le collezioni di prestigiosissimi musei a londra, parigi e berlino. tali operazioni politiche e culturali servivano a giustificare il proprio espansionismo coloniale attraverso l`appropriazione e l`uso simbolico dei materiali della storia. anche in italia l`archeologia ha svolto un ruolo di primo piano, e mai prima esplorato, nella costruzione di un`alterita` barbara, inferiore e subalterna, incapace di aver cura del passato. un ruolo tanto piu` rilevante in quanto, nello stato liberale prima che nella propaganda fascista, l`archeologia proietto` l`immagine dell`impero moderno sulle fondamenta di quello romano. partendo dall`istituzione della missione archeologica italiana a creta (1899), passando per il `discorso dell`antico` nella guerra italo-turca (1911-1912) e la nascita degli organismi di tutela nelle colonie di libia e del dodecaneso, il libro ricostruisce questa stagione attraverso il vissuto dei suoi protagonisti (degli archeologi come degli `scavatori` reclutati localmente) e, al tempo stesso, getta luce sulle reazioni locali all`?espropriazione`. ampio spazio viene poi dedicato al fascismo, mostrando la centralita` dei nuovi siti libici (cirene, sabratha e leptis magna) nelle politiche del consenso del regime.