


se il linguaggio del corpo si articola nel movimento e quello della mente nel pensiero, e` pur vero che il corpo puo` parlare alla mente e che la mente puo` mutare il corpo. questo e` appunto un libro che si propone di parlare al corpo del lettore, stimolando in lui quella stessa attenzione corporea che nel lavoro clinico del terapeuta puo` aiutare la comprensione dei processi emotivi del paziente. il testo offre una nuova prospettiva alla connessione tra articolazione verbale e non verbale nel setting terapeutico. accanto a un ricco panorama teorico del percorso attraverso cui la psicoanalisi ha dato sempre maggiore rilievo alla dimensione corporea del se` (partendo da freud e passando per melanie klein, bion, winnicott e i recenti apporti delle neuroscienze), l`autrice fornisce un possibile modello di interazione con le discipline del movimento: in particolare la laban movement analysis, che codificando il repertorio delle unita` motorie fornisce un lessico delle forme e delle emozioni. la bloom - danzatrice, coreografa, docente e terapeuta riflette sull`apporto che le discipline del movimento possono dare all`analisi dei fenomeni di transfert e controtransfert e, viceversa, sul contributo che la teoria psicoanalitica puo` offrire a consolidare le fondamenta teoriche della danza movimento terapia.


quante volte l`abbiamo pensato, guardando i nostri ragazzi, persino bambini, alle prese con telefonini, playstation, lettori dvd o mp3, computer e altri apparecchi elettronici? questa generazione e` nata con la tecnologia digitale nel dna. ma siamo proprio sicuri? cosa differenzia i giovani e giovanissimi degli anni duemila dai loro genitori o anche solo dai fratelli maggiori? e quali effetti, positivi o negativi, puo` avere sulla psiche e sul suo sviluppo la stretta interazione con le tecnologie in giovane eta`? rispondono tre psicologi esperti del problema in un saggio inedito e di estremo interesse per chiunque abbia a che fare con i "nativi digitali".





"il titolo del libro allude, naturalmente, al popolare aneddoto illustrato anche su certe scatole di matite colorate che accompagnano tanti ricordi della nostra infanzia. la popolarita` di questo aneddoto e` dovuta al fatto che lo racconta il vasari: un fatto che e` anche la causa della sua mancata considerazione da parte della critica. ma il vasari non fa che parafrasare un succinto passo del secondo commentario del ghiberti: `nacque uno fanciullo di mirabile ingegno il quale si ritraeva del naturale una pecora; in su passando cimabue pictore per la strada a bologna vide el fanciullo sedente in terra et disegnava in su una lastra una pecora [...] cimabue meno` seco giotto e fu discepolo di cimabue`. ora, un aneddoto raccontato dal ghiberti non puo` essere liquidato come uno dei tanti aneddoti raccontati dal vasari, per il quale essi avevano la funzione di artifici retorici utili a dare compiutezza al racconto storico, secondo una concezione della storia che egli condivideva con i contemporanei. lo scritto del ghiberti appartiene a un genere letterario diverso e non ha le preoccupazioni del vasari. del secondo commentario, le cui notizie che si possono controllare risultano sostanzialmente attendibili, va preso sul serio tutto e io credo che anche il raccontino della pecora di giotto, al di la` del suo significato letterale, alluda almeno a due aspetti reali."


e possibile parlare, poetare, pensare, oltre la lettera, oltre la morte della voce e della lingua? e l`interrogativo che si pone giorgio agamben nel saggio che introduce "il fanciullino" di giovanni pascoli, uno dei testi piu` profondi, significativi e misconosciuti del decadentismo italiano. per il fanciullino il linguaggio e` una riserva di oggetti che "furono vivi" e che stanno come congelati sull`orlo della vita, in attesa di essere "animati". l`opera poetica e` dunque, in primo luogo, un tentativo di restituire la vita alle cose morte che si sono depositate nella lingua, in una lingua che appare cosi` essa stessa lingua morta: la poesia diventa allora una sorta di attraversamento della morte, una "complicita` con la morte", che lega questo testo pascoliniano ai grandi testi del "moderno".

benassa e` lo storico, coriaceo rappresentante sindacale dei lavoratori alla supercavi di latina-borgo piave. la tuta blu sull`anima, la trattativa nel sangue, era il terrore di ogni direttore del personale. tutti i comunicati che emetteva il consiglio di fabbrica, li componeva lui di notte. ed erano poemi. "mazzate a rotta di collo sull`azienda e su tutti i dirigenti. come movevano una paglia, lui li tartassava sopra la bacheca." sapeva fare solo quello. e solo quello aveva sempre fatto. per anni ha guidato le lotte dei compagni, tra cortei e blocchi stradali, picchetti e occupazioni, conquiste e delusioni, ma ora che bisogna combattere l`ultima decisiva battaglia sindacale, la gloriosa azione collettiva per tenere la fabbrica aperta e sul mercato, benassa e` stanco. sul punto di mollare. o forse no. dopo un`occupazione epica della centrale nucleare di latina, in due giorni di febbrile clausura nel sepolcro dello stabilimento, benassa cerca di spiegare ai propri compagni le sue ragioni. perche` dopo vent`anni spesi a lottare per loro sta per cedere alle richieste del capo del personale? perche` e` sul punto di accettare di essere pagato per stare fuori dalla fabbrica? questo e` il primo libro di antonio pennacchi, il suo romanzo d`esordio, una grande epopea operaia scritta nel 1987, quando era lui pure come benassa operaio in fulgorcavi, e il suo eccentrico talento doveva vedersela coi turni di notte alle coniche e alle bicoppiatrici.