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le numerose edizioni settecentesche che s`intersecano l`una con l`altra, la mancanza degli autografi e la vastita` dell`impresa di fronte alle cento e piu` commedie, alle decine di melodrammi giocosi, di drammi per musica e di altri componimenti teatrali, cui si affiancano poesie, prose amplissime di memoria e un cospicuo epistolario, hanno impedito fino ad ora che si affrontasse la questione dell`edizione critica delle opere di carlo goldoni. la cultura italiana e internazionale si era rassegnata e accomodata all`ombra della grande, meritoria fatica di giuseppe ortolani iniziata nei primi anni del secolo, senza, tuttavia, un chiaro progetto e senza precisi criteri filologici. alla base di questa edizione vi e` stata una preliminare indagine sulle stampe volute dall`autore dal 1750 agli anni ultimi della sua lunga vita al fine di determinare, opera per opera, i diversi stadi del testo. da qui la presenza di un ricco apparato di varianti che illustra l`evoluzione della singola opera fino al momento in cui l`autore non impone ad essa una fisionomia definitiva. consegnati al teatro, i testi, che erano nati per esso, riprenderanno immediatamente il loro cammino nella continua e molteplice dinamica dell`interpretazione che qui viene di volta in volta ricostruita nelle pagine dedicate alla fortuna.

"quella penna che non ho visto e` l`emozione piu` forte e la curiosita` intellettuale piu` intensa della lunga giornata. e quando rientriamo in albergo sento di avere in mano il capo di una lenza che a tirarla, piano piano dall`europa mi fara` passare la porta verso la russia". "quella penna" e` la penna che goethe dono` a puskin, e della quale non si trova traccia. parte cosi`, da un filo sottile che si dipana, da una traccia d`inchiostro fantasma, una "indagine narrativa" tra viaggi e ricordi, letture e suggestioni, incontri e ricordi familiari, nel mito della grande russia. alla ricerca "di un dono, di un omaggio, di un`eredita` poetica, di un sentimento, di una scintilla vitale".

"questo romanzo e` il primo che ho scritto; quasi posso dire la prima cosa che ho scritto, se si eccettuano pochi racconti. che impressione mi fa, a riprenderlo in mano adesso? piu` che come un`opera mia lo leggo come un libro nato anonimamente dal clima generale d`un`epoca, da una tensione morale, da un gusto letterario che era quello in cui la nostra generazione si riconosceva, dopo la fine della seconda guerra mondiale. al tempo in cui l`ho scritto, creare una `letteratura della resistenza` era ancora un problema aperto, scrivere `il romanzo della resistenza` si poneva come un imperativo; ...ogni volta che si e` stati testimoni o attori d`un`epoca storica ci si sente presi da una responsabilita` speciale ...a me, questa responsabilita` finiva per farmi sentire il tema come troppo impegnativo e solenne per le mie forze. e allora, proprio per non lasciarmi mettere in soggezione dal tema, decisi che l`avrei affrontato non di petto ma di scorcio. tutto doveva essere visto dagli occhi d`un bambino, in un ambiente di monelli e vagabondi. inventai una storia che restasse in margine alla guerra partigiana, ai suoi eroismi e sacrifici, ma nello stesso tempo ne rendesse il colore, l`aspro sapore, il ritmo..." (italo calvino)

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