"che cosa me ne faccio, ora, della mia vecchia vita, del mio lavoro ostinato e prezioso, di gioie e delusioni, dei miei pensieri, delle pagine che ho scritto?" si chiede sergej bogarev mentre percorre il fronte nell`agosto del 1941, i tedeschi avanzano e le truppe sovietiche inesorabilmente retrocedono. e` "una guerra mai vista prima", quella che si e` abbattuta sul suo paese; una guerra che l`ha strappato all`insegnamento del marxismo e trasformato in commissario politico di un battaglione che, nel tentativo disperato di rallentare l`offensiva nazista, si ritrovera` isolato oltre le linee nemiche; una guerra che per lui - come per tutti gli altri protagonisti del romanzo - segna una cesura netta e irreparabile. "il popolo e` immortale, la sua causa e` immortale. ma non si puo` risarcire la perdita di un uomo!" scrivera` grossman poco dopo la fine della guerra. e cosi`, pur desideroso di infondere in chi combatteva ottimismo e coraggio, ci racconta i primi mesi dell`invasione tedesca - antefatto di "stalingrado" e "vita e destino" - attraverso pagine dure, che dipingono la distruzione e le disfatte, i pensieri dei soldati, la marcia dei contadini nella notte, sotto le "scie rosse dei proiettili traccianti che strisciavano lente verso le stelle", i campi e i boschi sottratti a chi ne conosceva da sempre ogni segreto e il vano eroismo di uomini semplici mandati a fronteggiare "l`esercito piu` forte d`europa". pagine di un `romanzo sovietico`, ma cosi` audaci da abdicare a ogni ligia ortodossia. e, come sempre in grossman, attraversate da un soffio epico che le trasforma in grande letteratura. |