vivian lamarque possiede una rarissima dote: sa rendere lievi gli strappi dell`emozione piu` complessi e profondi. e ne sa comunicare tracce ed esiti con la grazia sottile della sua impeccabile petite musique. ne aveva gia` dato importanti prove nelle sue opere, da teresino a una quieta polvere. e lo conferma in madre d`inverno dove, gia` dal titolo, indica il percorso centrale di una raccolta che si sviluppa in varie direzioni. l`idea e la figura materna, dunque, vissuta nel trauma originario - accettato con sapienza eppure inguaribile, nel paradosso e nel dolore - della sua doppia immagine, quella della madre biologica e quella della madre adottiva. in uno scenario aperto e sofferto, fitto di elementi di concretissima realta` quotidiana, dove si intessono frammenti di dialogo e schegge di parlato, si passa da una iniziale sequenza ospedaliera a versi in cui si realizza una sorta di postumo colloquio con la figura materna. il coinvolgimento del lettore scatta immediato poiche`, partendo dalla propria esperienza personale, l`autrice mette a punto un vasto disegno in cui la madre diventa una forma assoluta, l`emblema di tutte le madri. nella mobile ricchezza di un`opera composta in un ampio arco di tempo, e successivamente ancora rivisitata, l`autrice si rivolge alle piu` svariate tracce della memoria, fino a introdurre, improvvisa, "l`altra madre", quella biologica, insinuando, in un tono di assoluta normalita` antiretorica - e percio` ancora piu` autentica -, un senso di pervasiva, interiore instabilita`. lamarque e` per fortuna ben lontana dal chiudersi in un territorio tematico senza sbocchi, e infatti si apre a varie "avventure", ad altre madri espressive. fino a coinvolgere l`esempio di wislawa szymborska; fino a coinvolgere una sua , e cioe` la poesia stessa, di cui, con la sua voce inconfondibile, si conferma una delle nostre espressioni piu` vive, originali e giustamente amate. |