un mondo fantasmale, i cui abitanti - fantasmi - si condensano reattivamente in oggetti, dove la physis e` psiche, e ci balza incontro. una sezione geologica di nostro - di ognuno, di tutti, di chi scrive - passato che sembra reinventare una forma di cinema nel senso primario di narrazione per luci e ombre, con luci e ombre trattate in un cut up, come se fossimo all`inizio dell`uso del mezzo, in un territorio di sperimentazione, anch`essa, primaria. e la parola narrazione non stoni, ma sia anzi intesa nel senso piu` vasto, dilatato e sfrangiato possibile: come sinonimo di allucinazione. gia` autore in questa stessa collana di maniera nera, uscito nel 2015, qui marco giovenale riparte da testi precedenti e li riassembla, e nel farlo, li riscrive attraverso il loro posizionamento, e il posizionamento, attraverso la scrittura, dei corpi nel tempospazio. non e` un segreto che giovenale sia in realta` piu` autori in uno, e qui forse uno di questa moltitudine interiore giunge a fine e compimento: lo stesso autore di shelter (donzelli 2010), che qui mette in campo una partita con se` stesso. cio` che era protetto, racchiuso, separato, ora e` sparso e all`aperto, irrimediabilmente senza dimora, se tutto e` all`esterno, e da questo esterno si irraggia e irradia, si dilania. con un sentimento di riverbero che resta con chi legge, se il colore che viene dopo il nero, o che si oppone al nero, non e` in realta` il bianco della pura assenza, ma il grigio cenere di cio` che ostinatamente resta, rimane, non si perde nella perdita non muore nella morte. |