invidiabile la sorte del lettore che affronta per la prima volta questo monolito letterario, unico per concezione e architettura. castello-caverna che la natura ha divorato, o che ha divorato la natura, gormenghast e` in primo luogo un modo di vivere, di essere: e` tutto. e dunque esclude per definizione il resto, tanto che chi lo abita non riesce neppure a immaginare una realta` esterna. a descriverlo non poteva essere che uno scrittore e illustratore di genio come mervyn peake, visionario estremo. l`avventura si snoda in tre atti. nel primo assistiamo alla nascita di tito, che minaccia mutamenti, quindi scandalo e rovina, in un reame che si nutre di una millenaria ragnatela di rituali. peake imprime al racconto un moto magmatico che si riversa sui protagonisti e ne fa insetti mostruosi conservati nell`ambra, prima che ne affiorino turgidi rilievi. dove trovare un cast di eccentrici piu` ricco, piu` dickensiano gia` dall`inventario dei nomi? sepulcrio, fucsia, barbacane, ferraguzzo, floristrazio, musotorto e molti altri. il secondo atto introduce all`educazione di tito, che ora ha sette anni: il che significa per lui affondare nelle pieghe di insidiose trame per il potere, in una battaglia epica senza esclusione di colpi. e il ritmo narrativo si adegua, con esiti sempre piu` cinematografici, per poi subire nel terzo scomparto un`ulteriore accelerazione: sfuggito a gormenghast, il giovane muovera` i primi passi in un altrove che esiste davvero - ma non e` in nulla migliore di quanto si e` appena lasciato alle spalle. |