una cadillac gialla si accosta al marciapiede di labyrinth drive. e una mattina di gennaio: c`e` neve sulla strada e sull`erba. l`aria e` fragrante, crepita come una lastra di ghiaccio sotto la pressione di un tacco a spillo. dalla cadillac scende una donna: ha una sciarpa di visone intorno al collo e occhiali da sole che scintillano nella luce invernale; il suo incarnato e` quello di una bambola di porcellana: pallido, puro, perfetto. la donna si chiama natashya romanov everett, tashya per tutti, nada per suo figlio richard. il povero richard, il grasso richard, l`ombroso, schivo richard che non si sente una persona ma uno dei comprimari nei romanzi della madre: i romanzi che hanno reso lei immensamente popolare e ricca, e lui sempre piu` schivo, sempre piu` ombroso. qualcosa di oscuro si agita dietro gli abbaini della villa di labyrinth drive, e nessuno steccato bianco, nessun filo di perle, nessun cocktail party puo` nasconderlo: e` il cuore nero e pulsante dell`america piu` irreprensibilmente wasp, l`america democratica e progressista, l`america di kennedy e di carter, l`america delle magnifiche sorti e progressive, l`america che cela, dietro le sue medaglie al valore, un volto sinistro. l`america che joyce carol oates conosce in modo cosi` intimo, l`america che ha gia` raccontato in "una famiglia americana" e che qui viene deformata in una maschera carnascialesca, tanto piu` inquietante quanto piu` grottesca. nel secondo capitolo dell`epopea americana, joyce carol oates si allontana dai toni drammatici del "giardino delle delizie" per inscenare una commedia nera degna di vladimir nabokov e edward albee; una pantomima in cui il riso non e` mai sciolto dall`amarezza del pianto, una satira acida e corrosiva che dissolve impietosa, davanti agli occhi del lettore, i colori pastello del sogno americano. |