"a leggere questa vicenda di teneri cuccioli e gatte particolarmente prolifiche ambientata nella casetta che lo scrittore bohumil hrabal aveva comprato nel 1965 non lontano da praga, verrebbe quasi da pensare a un diario, a un frammento di autobiografia. invece, "io e i miei gatti" e` una sorta di poemetto in prosa dove l`avvitamento del protagonista nella spirale dell`incubo in cui precipita per via dei suoi amati gatti e` reso dal ritorno di frasi uguali, come in un canone a piu` voci, e la narrazione procede per echi interni di parole, mentre sequenze tra loro lontane si rimandano l`un l`altra, come nel gioco di specchi di una mente in delirio... all`inizio sembra davvero di vivere in un idillio che pero`, con l`irreversibilita` di un meccanismo a orologeria, si trasforma per il narratore in un bizzarro e allucinato , col conseguente corollario di rimorsi e sensi di colpa. al di la`, pero`, di quanto affermato dalla voce narrante (in hrabal sempre poco attendibile), e al di la` dei frammenti sicuramente biografici che puntellano il racconto, qui non stiamo certo sbirciando un brandello di vita privata, ma leggiamo invece un evidente testo di finzione, e ... perche`, pur dissimulato nei panni fuorvianti della , il racconto si dimostra inaspettatamente come un apologo su tradimenti e responsabilita`." (giuseppe dierna) |