"l`uomo mortale, leuco`, non ha che questo d`immortale. il ricordo che porta e il ricordo che lascia". e il 1947 quando pavese pubblica una raccolta di ventisette dialoghi brevi, con protagonisti personaggi del mito: divinita`, eroi, poeti. nulla di piu` lontano, in apparenza, dai temi che dominano la produzione culturale in un`italia che, da poco riemersa dalla devastazione della seconda guerra mondiale, gronda di storie da raccontare, tutte ispirate a fatti veri e che il cinema neorealista non tardera` a fare proprie. in questo panorama pavese sembra tirarsi da parte, cedere al "suo capriccio, la sua musa nascosta, che a un tratto lo inducono a farsi eremita" (come scrive egli stesso), lontano dalla materia incandescente dell`attualita`. ma proprio l`apparente astrazione e l`atemporalita` del mito permettono a pavese di affrontare a viso aperto, con un affondo piu` ardito e urgente, i grandi nodi che chiamano in causa non solo gli intellettuali del secondo dopoguerra, ma ogni singolo essere umano. la dialettica tra vita e destino, tra uomo e natura, tra necessita` ineluttabile e aspirazione impossibile: sono questi alcuni dei temi al cui cuore scavano le parole di eros e ta`natos, calipso e odisseo, edipo e tiresia. parole capaci di trascinare ogni lettore, di qualsiasi epoca, a tu per tu con la vertigine della condizione umana. |