"io ho ricominciato a lavorare. in altri luoghi scrivo, succhio gamberi, respiro foglie balsamiche, faccio l`amore, ma una parte di me e` qui, sempre qui, impigliata a un fil di ferro o a una paura mai vinta, inchiodata per sempre: il puzzo di brodaglia del carrello del vitto, quello pungente dei disinfettanti, il bip del segnalatore del fine-flebo, la porta che si chiude alle mie spalle quando termina l`ora della visita." cosi` si sente chi di noi vive l`esperienza di una perdita incolmabile: impigliato, inchiodato. dalle pagine di questo libro affiora il volto vivissimo di una giovane donna, giovanna de angelis, madre di tre figli e di molti libri, editor di professione, che si ammala e muore. il suo compagno la cerca, con la speranza irragionevole degli innamorati, attraverso le stanze - dell`ospedale, della casa, dei ricordi - fino a perdersi. solo un ragazzo non si sottrae alla fratellanza profonda cui ogni dolore ci chiama e come un caronte buono gli tende una mano verso la vita che continua a scorrere, che ci chiama in avanti, pronta a rinascere sul ciglio dell`assenza. yari selvetella da` voce a un addio che sembra continuamente sfuggire al tentativo di essere pronunciato, come moby dick nel fondo del mare, e scrive un kaddish laicissimo eppure pervaso del mistero che ci unisce a coloro che abbiamo amato. attraverso il labirinto al neon degli ospedali, le stanze chiuse del lutto, il filo tracciato da una penna sul foglio bianco e` ancora di salvezza, celebrazione commossa della forza vitale delle parole. |