munito solo di uno zaino da alpinista, un vecchio cappotto militare, scarponi chiodati, l`"oxford book of english verse" e un passaporto nuovo di zecca che gli attribuisce la professione di studente (anziche`, come avrebbe auspicato, quella di vagabondo), nel dicembre del 1933 patrick leigh fermor abbandona londra e una carriera scolastica sciagurata e ribalda. ha appena diciotto anni, vaghe ambizioni letterarie, ma un progetto nitido e grandioso: attraversare l`europa a piedi e raggiungere costantinopoli. quando vi arriva, il 1? gennaio 1935, e` ormai un altro: non solo si e` lasciato per sempre alle spalle disastri e misfatti, ma ha sviluppato una rara forma di nomadismo e l`arte, ancora piu` rara, di trasmetterlo agli altri. che contempli lo splendore barocco dello schloss bruchsal o le nodose mani dei contadini fra cipolle tagliate, caraffe sbeccate e pane integrale; che dorma in un fienile steso come un crociato sulla tomba o nel "capanno da caccia" del barone pips schey a ko`vecses; che percorra il reno su una colonna di chiatte che trasportano cemento o attraversi vienna offrendosi come ritrattista a domicilio; tutto ci appare il dettaglio di un fantasmagorico affresco, tutto sembra ricomporsi in un gigantesco puzzle dove risorge il passato dell`europa. e insieme scopriremo qui il modello ancora fragrante di quel modo di viaggiare (e di vivere) che sara` un giorno identificato con la fisionomia di un giovane amico di leight fermor: bruce chatwin. |