la prima poesia della nuova raccolta di strumia e` una precisa dichiarazione d`intenti: "flesso appena in un inchino / si congeda dai lampioni / anche l`ultimo passante. / e la` dove non siamo / la parola cede al sasso, / il luogo torna cio` che e`". l`intento di strumia e` proprio quello di raccontare quel sasso quando l`uomo non lo guarda piu`, quando le categorie umane per percepirlo si sono dissolte. e un paradosso, perche` ovviamente - kant insegna - la realta` che possiamo descrivere e` conformata alle nostre categorie di pensiero, ma alla poesia si chiede proprio, attraverso paradossi e metafore, di operare qualche miracolo, se no a che cosa serve? e dunque i versi di strumia si aggirano nelle varie sezioni come in uno scenario homeless (cartacce, gatti, panchine...). una vista rasoterra, piu` bassa di una testa umana, per immaginare una realta` diversa, forse piu` vera. strettamente intrecciato a questo percorso e incredibilmente non in contraddizione con esso, il libro e` anche un resoconto esistenziale e si conclude con la sezione tombini (che evoca tombe) in un dialogo con i propri morti e in diverse immagini di fine corsa. il tutto versificato in un ritmo incalzante, prevalentemente ottonario, spezzato ogni tanto da un improvviso cambio di metro, da una dissonanza, da un`aritmia, forse da una sincope, un`assenza temporanea, ed e` spesso li, proprio in questa pausa di coscienza, che si concentra lo scavo di strumia, il suo sguardo alternativo sul mondo. |