paolo conte non ha mai amato definirsi ne raccontarsi o addirittura capirsi. ripete sempre che uno dci privilegi dell`artista e` quello di continuare a cercare (e di conseguenza cercarsi) sperando di non arrivare mai a un traguardo definitivo, perche` allora non avrebbe piu` senso cercare. ecco perche` non ha mai voluto scrivere la sua autobiografia ufficiale. paolo conte lascia intravedere spiccioli di se stesso solo nelle banconote delle sue canzoni, nei testi che trasudano voglia d`altrove, pudore, umorismo, bellezza, foschia, pesci, africa, sonno, nausea, fantasia. nello rare e preziose interviste o nelle cene frugali con pochi commensali, dove regala visioni impagabili e scampoli di tempo perduto. questo libro, scritto da massimo cotto che e` nato e vive nella stessa asti dell`avvocato, in fondo alla campagna, con il sole in faccia rare volte e il resto e` pioggia che ci bagna, raduna anni di frasi e dichiarazioni, di fulminanti battute e argute riflessioni del cantautore, smontate e rimontate come una poesia dadaista e di essenza contiana. quello che emerge e` lo stupendo affresco di un artista unico nel suo genere, adorato dai colleghi e amato dalla gente dentro e fuori i patri confini. un giorno "le figaro" scrisse: "che cos`altro si puo` dire di paolo conte?". forse niente, tutto e` gia` stato cantato e macinato. pero` si puo` mettere in un cappello tutte le sue frasi e poi estrarle a una a una in disordine sparso. |